L'ANALISI
13 Dicembre 2024 - 10:56
CREMONA - Che Rigoletto sia un titolo ‘pop’ è cosa arcinota, e dunque non stupisce il tutto esaurito di ieri sera per la prima del capolavoro verdiano. Purtroppo l’opera a dicembre e gennaio porta con sé i soliti problemi, e la platea si trasforma in un lazzaretto, tra starnuti e colpi di tosse. Ma l’opera tonifica e dà salute. La regia è affidata al giovane Matteo Marziano Graziano, che nelle note di regie sostiene di volersi concertare sul tema della ‘spaccatura’ sociale ed emotiva che attraversa l’opera. Le venerabili intenzioni del regista restano tuttavia in gran parte ampiamente disattese. In primo luogo, perché è tutto un già visto: di Rigoletti festival dell’orrido ne abbiamo già visti fin troppi.
La festa del primo atto è più circense che orgiastica: già visto. Il nano in scena visto e stravisto. Il conte di Ceprano in sedia a rotelle ci giunge nuova, ma non ci scandalizza: con ben più felice esito abbiamo visto nella medesima condizione l’inquisitore del Don Carlo dello scorso anno. Di nuovo, forse, il cellulare con cui Gilda cerca inutilmente aiuto. Forse non c’era campo. Più simpatico Rigoletto gabbato alla fine del primo atto: gli viene messo sugli occhi un visore di realtà virtuale al posto di una benda.
Da chiedersi però quanto abbia senso insistere sugli intenti parodici in un’opera in cui c’è veramente poco da ridere. Soprattutto, manca il coraggio di rappresentare con veritiera crudezza il dramma sociale di Rigoletto. Di rara bruttezza i costumi, in gran parte costituiti da tute argentee brillantinate cui vengono sovrapposti colorati soprabiti alla nobiltà e raffazzonate cuciture di stracci ai subalterni. Di poca profondità le luci, appena abbozzata la scena e i problemi scenici si vedono. Soprassederemo sulle inutili coreografie del secondo atto. All’approccio drammaturgico un po’ abbozzato e purtroppo non ben approfondito e all’estetica decisamente carente si aggiunge il poco controllo dei movimenti di coro e interpreti all’interno dello spazio scenico, dettaglio non trascurabile per chi, oggi, voglia fare Regietheather. Ossia chi vuol fare teatro di regia, cominci imparando a costruire una regia.
Molte più soddisfazioni dà il fronte musicale. Cantare Rigoletto a Cremona significa confrontarsi con il più grande Rigoletto di tutti i tempi: Aldo Protti. Giuseppe Altomare, nel ruolo eponimo, tiene botta. La voce non è grandissima ma la presenza scenica è tanta e soprattutto la parola scenica è posta con dovizia di accenti e sfumature. È un Rigoletto tenero e meno grave di quanto fu Protti, ma la prova è buona. La migliore in scena è comunque la Gilda di Bianca Tognocchi. Timbro chiaro e splendente, piacevolmente vellutato e dolce, agilità nell’acuto, grande drammaticità interpretativa.
Paride Cataldo è il Duca di Mantova. La voce è bella ma lo spessore è perfettibile. Lo squillo c’è ed è imponente. In scena, però, manca di quell’arrogante baldanza che dovrebbe caratterizzare un nobilastro così privo di scrupoli. Possente lo Sparafucile di Mattia Denti. Adeguatamente libertina e frivola la Maddalena di Victoria Pitts. Bene i vari comprimari: Lara Rotili, Baopeng Wang, Lorenzo Liberali, Raffaele Feo, Graziano Dallavalle, Federica Cassetti, Marco Tomasoni. Puntuale il Coro maschile di OperaLombardia.
Alessandro D’Agostini è la maggiore soddisfazione della serata, approcciandosi alla partitura senza troppo ancorarsi alla tradizione e optando per un approccio intensamente teatrale, che, tra vibrati sconcertanti e ritmi tensivi, risulta sempre incalzante e dallo spiccato senso drammatico. Stupiscono i tempi adottati dal maestro, a partire dal concertato centrale dell’atto primo, che principia — in modo, ci sembra, inedito — con tempi molto larghi e rallentati e che, proseguendo, cresce in velocità e intensità. Il teatro, iersera, l’ha fatto lui (e quel sant’uomo di Verdi, non scordiamolo!), mantenendo tra l’altro un perfetto controllo di buca e palco. Interpreti e direttore applauditi con convinzione. Per chi volesse sentire (e basta) questo Rigoletto, si replica domani alle 15,30.
FOTO: FOTOLIVE/PAOLO CISI
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