L'ANALISI
30 Novembre 2024 - 08:14
(©Alessia Santambrogio)
CREMONA - Nel 1792, così Robespierre istigava i francesi: «Cittadini, vorreste una rivoluzione senza rivoluzione?». Stava concretizzando quel Terrore che avrebbe condannato la rivoluzione a una fine ingloriosa. Negli stessi anni si colloca la vicenda di Andrea Chénier, la grande opera di Umberto Giordano, su libretto di Luigi Illica (il librettista di Puccini, di cui ieri ricorrevano i cent’anni dalla scomparsa). Opera impregnata di storia, tanto che nel secondo atto sfilano sostenitori della rivoluzione realmente esistiti e lo stesso Robespierre, acclamato dalla folla. Ma la Storia fa solo da contorno a un amore — quello tra il poeta Chénier e la nobile Maddalena di Coigny — che dagli ingranaggi mastodontici della Storia si distacca progressivamente fino a diventare concetto assoluto e simbolo di libertà.
La regia di Andrea Cigni non sposta il tempo dell’azione, e fa bene. Eppure non si può parlare di una regia tradizionale in senso stretto perché l’intento è quello di restituire un dramma di inaudito intimismo, di lacerazioni psicologiche. Un dramma di individui in balìa della Storia. Gli atti sono scanditi da calate di sipario ‘a ghigliottina’, come si dice in gergo. Sicché in scena non c’è mai la tanto citata ghigliottina. Tanti i momenti di maestria teatrale, a partire dalla seconda gavotta del primo atto, nell’incredulità della nobiltà che vede crollare il proprio mondo di maschere e merletti. Non solo, il finale tragico sembra chiudersi con un senso di speranza: il trionfo dell’amore sulla morte supera le regole della Storia.
Pregevole anche il lavoro sulle masse — il famoso Terzo Stato — reso possibile anche dall’ottima prestazione del coro di OperaLombardia, preparato dal maestro Massimo Fiocchi Malaspina. Le scene — bellissime, di Dario Gessati — ci trasportano dalle oleografie del primo atto al simbolismo del quarto, passando dalla Francia dilaniata dal Terrore. Elegante la coreografia bucolica di Isa Traversi, come i costumi di Chicca Ruocco. Di rara profondità le luci di Fiammetta Baldiserri (un nome una certezza).
Cast di alto livello: tutti, oltre a cantar più che bene, sanno anche recitare. Vorremmo gridare al miracolo. Angelo Villari sfoggia uno splendidissimo legato, una linea di canto suadente e rotonda e una particolare facilità in acuto. Uno Chénier da manuale. Maria Teresa Leva è una Maddalena inappuntabile. Autentica fuoriclasse, gode di gran fascino nel timbro e di totale agio in ogni registro, e in particolare emozionano i pianissimi. Angelo Veccia è uno Gérard da brividi già dall’invettiva del prim’atto («T’odio, casa dorata») rivolta dal proscenio alla sala del teatro a luci accese. Possente in «Nemico della patria». Il fraseggio è immacolato: ogni parola è soppesata alla perfezione e posta con chiarezza d’intenti. Insomma, costruisce un personaggio di cui si coglie in filigrana il profondo dramma interno.
Un felice caso ha voluto che anche tutte le parti seconde abbiano offerto ottime prove: Shay Bloch, Alessandro Abis, Fernando Cirneros, Gianluca Lentini, Davide Cucchetti. Sopra tutti, l’insinuante e subdolo Incredibile di Marco Miglietta. Toccante la Madelon di Alessandra Palomba. Francesco Pasqualetti alla guida dei Pomeriggi musicali offre una lettura chiaramente indirizzata allo stupore. Forte attenzione alle sfumature e ai momenti tensivi, con un ottimo controllo sulle agogiche, che risultano incalzanti e di spiccata teatralità. Al limite del tifo da stadio le ovazioni per gli artisti, spesso a scena aperta.
Nota di cronaca: prima della recita la lettura di un comunicato sindacale con cui le maestranze hanno annunciato di aver deciso di lavorare ieri sera nonostante lo sciopero generale, a cui hanno convintamente aderito. Replica domani alle 15,30 con piccolo cambio di cast: Federica Vitali nel ruolo di Maddalena.
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