Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

IL COMMENTO AL VANGELO

La speranza di Dio e le ‘vite di scarto’

Don Paolo Arienti

17 Novembre 2024 - 05:20

La speranza di Dio e le ‘vite di scarto’

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «In quei giorni, dopo quella tribolazione, il sole si oscurerà, la luna non darà più la sua luce, le stelle cadranno dal cielo e le potenze che sono nei cieli saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria. Egli manderà gli angeli e radunerà i suoi eletti dai quattro venti, dall’estremità della terra fino all’estremità del cielo. Dalla pianta di fico imparate la parabola: quando ormai il suo ramo diventa tenero e spuntano le foglie, sapete che l’estate è vicina. Così anche voi: quando vedrete accadere queste cose, sappiate che egli è vicino, è alle porte. In verità io vi dico: non passerà questa generazione prima che tutto questo avvenga. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno. Quanto però a quel giorno o a quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli nel cielo né il Figlio, eccetto il Padre».
Mc 13,24-32

Il tempo passa e la compagnia che il Vangelo di Marco ci ha assicurato nei mesi scorsi sta per esaurirsi. Siamo alle battute finali del suo scritto e contemporaneamente alle porte della sua sezione fondamentale, alle porte degli eventi che cambieranno tutto: l’ingresso di Gesù in Gerusalemme, le vicende drammatiche della cena e dell’arresto, la croce e il sepolcro vuoto. Non a caso le pagine appena precedenti, che oggi le comunità cristiane mettono a tema del loro ritrovarsi, sanno di definitivo e utilizzano il codice della letteratura apocalittica, per altro particolarmente diffusa presso i gruppi radicali del tempo di Gesù: accadranno cose terribili, le forze della natura e la logica stabile che governa la storia si frantumeranno davanti all’irruzione di un potere divino che finalmente potrà fine alle ingiustizie e farà la verità sui segreti dei cuori. Il ‘figlio dell’uomo’, figura di mediazione tra il volere divino e la sua attuazione universale, finalmente verrà: in lui, il messia unto, avverrà la rivelazione piena di tutti i segreti dei cuori.

L’anno liturgico che si chiuderà domenica prossima e che riprenderà, nuovo, con il cammino dell’Avvento, si nutre di questa consapevolezza: come il Vangelo di Marco sfocia nell’evento della croce, il mistero del dono totale e sconvolgente di Dio, così la storia, questa nostra storia, tende ad un compimento, desidera una maturazione, in cui giustizia e pace si potranno davvero abbracciare. Certi toni apocalittici sono così a servizio di questa consapevolezza: dicono di un’attesa spasmodica, che solo chi non apre gli occhi non sa vedere. Consegnano la logica del fico che poco a poco rende visibili i primi germogli a chi desidera imparare dalla natura a scorgere un compimento. E se il linguaggio apocalittico è spesso difficile, duro, antipatico… molto lontano anche dalla nostra presunzione culturale di possedere il tempo, nasconde in realtà un grande ammonimento: non tutto è automatico, sempre stabile, sempre scontatamente in mano ai potenti o ai prepotenti.

I Vangeli, nati in contesti di grande fermento e crisi, custodiscono questa certezza e la trasformano nel ritorno del figlio dell’uomo, identificato con il Cristo glorioso: la sua unzione regale lo autorizza a svelare il bene e il male nascosti, i segreti dei cuori, mentre ai discepoli è chiesta pazienza e forza d’animo. Alla base di tutto sta una promessa: la fedeltà di Dio destinata soprattutto ai poveri e agli ultimi, a coloro che la storia mette ai margini o spinge addirittura giù dal palcoscenico… quello che Bauman in un celebre suo testo definisce «vite di scarto»: quelle vite che non contano nulla e che certe scelte economiche e politiche continuano ad ammassare ai margini della vita agiata di pochi.

La paradossalità del linguaggio apocalittico che traspare anche dal Vangelo di Marco, non è confinato solo alla descrizione di fenomeni straordinari: suggerisce con forza che qualcosa sta maturando, che la giustizia e la pace non hanno abbandonato definitivamente il mondo, ma attendono un catalizzatore che Dio garantisce con la sua autorevolezza. Gesù precisa: «le mie parole non passeranno». Ovvero il Vangelo, la buona notizia dell’alleanza di Dio con gli uomini, non verrà mai meno: sfiderà l’insensatezza della storia, attraverserà lo scandalo di chi non trova risposta presso gli uomini, perdurerà e avrà la meglio.

Oggi possiamo prendere le distanze da certo linguaggio e magari fare fatica a credere che prima o poi una giustizia divina si affermerà. Possiamo anche guardare la storia con occhi disincantati e pessimistici… ma l’anelito di questa pagina di Marco non può lasciarci indifferenti: esprime il grido di troppa gente, oggi come ieri e forse oggi più di ieri, dentro un mondo davvero globalizzato sia nell’accesso alle informazioni sia nell’indifferenza dei cuori. Leggere pagine come queste forse può scandalizzare per una fede nel compiersi della storia che noi post-moderni non abbiamo più o non riusciamo a focalizzare; ma al tempo stesso aiuta a fare luce sulle tante ‘tribolazioni’ che costellano il mondo nel quale abitiamo; aiutano ad aprire meglio gli occhi e a non avere orecchi tappati. E, infondo, a coltivare a caro prezzo, da esseri umani, la speranza.

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400