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IL COMMENTO AL VANGELO

Ciò che non si vede, o è disprezzato, è la vera perla per Dio

Il monito di Gesù, quel guardarsi dalle forme narcisistiche e quel saper guardare al cuore di un gesto di offerta gratuito, è perennemente vero

Don Paolo Arienti

10 Novembre 2024 - 05:00

Ciò che si disprezza per Dio è una  perla

In quel tempo, Gesù nel tempio diceva alla folla nel suo insegnamento: «Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa». Seduto di fronte al tesoro, osservava come la folla vi gettava monete. Tanti ricchi ne gettavano molte. Ma, venuta una vedova povera, vi gettò due monetine, che fanno un soldo. Allora, chiamati a sé i suoi discepoli, disse loro: «In verità io vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Tutti infatti hanno gettato parte del loro superfluo. Lei invece, nella sua miseria, vi ha gettato tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere».
Mc 12,38-44

In tutte le religioni antiche il tempio, un edificio in cui è custodito il sacro, ciò che non si può toccare, che proviene dal cielo ed è separato dalla terra, svolge una funzione essenziale. Così era anche per il grande tempio di Gerusalemme che, secondo la tradizione, era costruito sull’attuale spianata, nel cuore della città santa. Oggi al suo posto sorgono due moschee, tra cui spicca quella con la cupola dorata e imponenti citazioni del Corano che ricordano i canoni dell’arte islamica: Dio non si può raffigurare in nessun modo, ma si possono esaltare le sue opere, i versetti ispirati del Profeta tramite la calligrafia e la razionalità geometrica del mondo. Vediamo anche in queste ore quanto questa spianata, questi luoghi sacri per tutti e rivendicati da ognuno siano altamente simbolici rispetto al mondo inquieto e alle sue tensioni esplosive.

Nella storia il sacro ha fatto da catalizzatore, ha come riassunto in sé le ragioni, spesso terribili, della violenza: chi non è dei nostri, chi non crede come noi, chi è nel torto… sappiamo che fine dovrà fare, prima o poi. Perché il tempio, ogni tempio, porta con sé elementi identitari che rischiano di ergersi come contrapposizione a chi è fuori, lontano. Lo sperimentano quasi banalmente gli stranieri, coloro che sono estranei ad una cultura o ad una appartenenza. La risposta delle società tardo democratiche è spesso superficiale: annulliamo le identità perché portano violenza, sterilizziamo le differenze, creiamo un’umanità indifferenziata, robotica, dove ad interessare sono solo i meccanismi e non le idee, perché, appunto, le idee fanno paura.

Le religioni sono state e sono in prima fila in questa esposizione del sacro alla violenza e alla cattiva percezione dell’altro. Gesù nel vangelo che oggi le comunità cristiane ricevono, conosce quanto pericoloso sia legare il cuore a forme sacrali che smarriscono gli occhi di Dio, il suo sguardo, la sua capacità di vedere a fondo nella vita. Qualche domenica fa abbiamo letto del rimprovero che Gesù fa a Pietro e poi agli altri discepoli: voi non pensate secondo Dio. Oggi potremmo dire che la critica tocca un’altra funzione fondamentale della nostra percezione: voi non guardate quel che Dio vede… ovvero l’ipocrisia di certi gesti e la preziosità di altri.

È il cuore di un piccolo brano, apparentemente moralistico, utilizzabile per raccogliere soldi o per smascherare i ‘baciapile’ di cui il mondo è pieno. Non è proprio così: dietro quegli scribi, esperti della Legge, che si muovono nel tempio e gettano monete che attirano l’attenzione di tutti sta un mondo narcisistico che è per Gesù patologico: dentro alligna il male della vanità, quel vuoto che deve riempirsi di consensi, applausi e ammirazioni… perché altrimenti è come un gonfiabile cui stacchiamo la spina: tempo qualche secondo e le sue forme imponenti e attrattive si dissolvono e tutto precipita. Questi scribi, segno di una tendenza insita nel cuore dell’uomo, specie se credente, riassumono i narcisismi anche sacri di ogni tempo da cui è bene, secondo Gesù, guardarsi: fare un passo indietro, verificando la propria libertà interiore, vero e grande obiettivo di ogni Vangelo.

L’umanità che non si riconosce in questo lavorio di conversione e liberazione si inceppa, si avvolge su se stessa e le conseguenze si identificano con il vortice della violenza che ancora oggi minaccia tutti. Nel brano poi la tensione raggiunge il vertice nel confronto con l’opposto, quasi invisibile di una vedova povera che offre tutto: è lei a ristabilire per Gesù la giustizia della Legge, il suo senso interiore; è lei la vera icona della libertà, anche se agli occhi del mondo è solo una insignificante creatura che ha perso ogni diritto.

Che scambio terrificante! Ciò che si impone è solo aria; ciò che non si vede o è disprezzato è la vera perla per Dio. Gesù ci offre una lezione di estetica, quella vera, dove non contano gli inganni della cosmesi, ma si impone l’intenzione del cuore, che non ha uguali. Il monito di Gesù, quel guardarsi dalle forme narcisistiche e quel saper guardare al cuore di un gesto di offerta gratuito, è perennemente vero e chiede una valutazione altrettanto vera, spassionata degli stili con cui viviamo. O meglio: degli occhi con cui vediamo le cose e le persone.

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