L'ANALISI
LETTERATURA
15 Novembre 2024 - 05:20
Carlo Emilio Gadda, Il castello di Udine, a cura di Claudio Vela, Milano, Adelphi, 2024, pagine 340, euro 22
CREMONA - «In copertina c’è il bellissimo quadro di William Turner, Pioggia, vapore e velocità che a suo modo si richiama a Polemiche e pace del direttissimo, una delle sezioni de Il castello di Udine di Carlo Emilio Gadda», spiega Claudio Vela, docente di Filologia italiana presso il Dipartimento di Musicologia e Beni Culturali, e insieme a Paola Italia e Giorgio Pinotti impegnato nella riedizione per la casa editrice Adelphi dell’opera gaddiana.
Ciò che propone la nuova collana di Adelphi è offrire al lettore le opere dell’ingegnere e scrittore in una forma di grande accessibilità, ma corredando i volumi di note e riflessioni filologiche che permettano – a chi vuole – di entrare nella bottega gaddiana in cui la scrittura e le parole sono carne stessa del racconto, anzi sono racconto esse stesse, almeno per la passione con cui il professor Vela narra delle modifiche che Il castello di Udine ha subito.
«Il castello di Udine è una raccolta di racconti pubblicato dalle Edizioni di Solaria, la celebre rivista letteraria, nel 1934 – spiega Vela -. Con Il castello di Udine nel 1935 Gadda vince il Premio Bagutta e balza agli onori delle cronache letterarie. Nel 1955, vent’anni dopo, a guerra finita, Garzanti chiede a Gadda di ripubblicare Il castello di Udine». E mentre parla di questo passaggio il professor Vela s’illumina, perché l’autore del Pasticciaccio fa l’esatto contrario, rispetto al suo solito rimaneggiare e modificare opere e interventi scritti.
«Solitamente quando Gadda rimette mano alle sue opere tende ad aggiungere parti oltre che a fare modifiche – spiega -. Con Il castello di Udine fa l’esatto contrario, toglie tutte quelle parti che, in un certo qual modo, risentivano del contesto in cui erano nati i racconti. Ovvero quei riferimenti al Ventennio che per il lettore degli anni Cinquanta non avevano più senso o i cui riferimenti erano divenuti oscuri. Gadda non era fascista, ma non fu neppure antifascista, la sua azione sull’edizione degli anni Trenta è dettata solo dalla volontà di facilitare e rendere ‘attuale’ la leggibilità della raccolta nelle sue sfaccettate articolazioni. Rimane forte il tema della morte del fratello e dell’esperienza della guerra sull’esistenza dell’autore dal punto di vista morale. A differenza di altre volte, Gadda toglie parti e non aggiunge. Il castello di Udine ha meno pagine e meno fogli».
Tutto questo per Vela è diventata una sfida e, da filologo, ha offerto la possibilità di dare conto dell’evoluzione e del procedere scrittorio di Carlo Emilio Gadda. «Così in questa edizione abbiamo deciso di pubblicare tutto Il castello di Udine, ovvero di riportare in luce l’edizione del 1934 e con leggeri segni grafici indicare al lettore laddove ci sono le parti espunte nel ’55. L’idea è quella della possibilità di avere sottomano entrambe le edizioni in un volume solo».
In un certo qual modo il lavoro messo in atto dall’autore viene integrato con quanto rifiutato a vent’anni dalla pubblicazione della raccolta di racconti: «Nessuna volontà di tradire i desideri dell’autore – ci tiene a sottolineare il curatore -, ma semplicemente la volontà di rendere esplicita anche al lettore, senza particolari appesantimenti, l’evoluzione insita nella gestazione di ogni opera letteraria, anche nella vicenda delle sue riedizioni che nel caso di Gadda risentono e rispecchiano del sentire dell’autore».
Completa il volume, oltre alla nota al testo curata da Claudio Vela, l’appendice che riunisce una serie di testi legati al Castello di Udine, appendice che «si chiude con la stroncatura che Gadda scrisse del film di Mario Monicelli, La grande guerra, un articolo feroce e iroso che mostra come le ferite del primo conflitto mondiale per l’autore milanese fossero più che aperte, più che vive. Ci è piaciuto corredare il volume con una serie di contributi editi, ma difficili da trovare che aiutano a leggere il contesto creativo che accompagna Il castello di Udine, sempre nell’ottica, preservando il piacere della lettura, di entrare nella bottega creativa di Gadda», conclude Vela, gaddista sopraffino.
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