L'ANALISI
07 Novembre 2024 - 10:08
Il firmacopie
CREMA - «Le ragazze pompon non mi volevano e neanche la squadra di baseball, ma amavo follemente i libri. Ho iniziato a scrivere a 11 anni». Lo ha detto Jeffery Deaver in sala Pietro da Cemmo in un incontro in cui lo scrittore americano si è raccontato a ruota libera: «Quando ero molto giovane ero un nerd. Le ragazze cheerleader non mi volevano e neanche la squadra di baseball. Ma avevo i libri. Mi chiudevo in biblioteca a leggere James Bond e il Signore degli Anelli».
Il maestro del crime, che ha venduto più di 50 milioni di copie ed è stato tradotto in 25 lingue, è stato protagonista della serata organizzata dalla libreria Mondadori. La sua è la storia di un ragazzo timido che ha iniziato a scrivere a 11 anni. Non un giovane americano tutto muscoli e sportivo, ma un lettore incallito che ha trovato nei libri e nella scrittura la strada del riscatto e di un successo che, dopo ‘Il collezionista di ossa’ dal quale è stato tratto il film con Denzel Washington e Angelina Jolie, è diventato mondiale. Era il 1997 e da allora Deaver, chiusa la parentesi del giornalismo e dell’avvocatura, è rimasto in testa alla classifica degli autori più amati a livello planetario pubblicando più di cinquanta libri.
Davanti al pubblico delle grandi occasioni accorso al Centro culturale Sant’Agostino, introdotto dall’assessore alla cultura Giorgio Cardile e Giordano Formenti e con la traduzione di Seba Pezzani, lo scrittore ha presentato la sua ultima fatica, ‘La mano dell’orologiaio’, edita da Rizzoli. Ma in realtà ha parlato prevalentemente di sé, del suo metodo di lavoro, dei suoi personaggi e anche della politica americana.
Deaver è un vero professionista della scrittura motivato da un obiettivo prioritario: «I miei lettori devono vivere emozioni intense ed eccitanti. Lavoro 10 ore al giorno, sei giorni su sette e studio moltissimo prima di iniziare un nuovo romanzo. Sono un pianificatore. Pubblico un libro all’anno. I primi otto mesi conduco ricerche. Negli altri quattro mi concentro sulla scrittura». Deaver si considera un businessman oltre che uno scrittore di thriller. La storia è costruita in anticipo seguendo una scaletta preordinata e inflessibile: «È il solo modo per distribuire in modo verosimile gli indizi altrimenti i colpi di scena, che sono il mio forte, non sono credibili».
Di fatto passerà alla storia per avere rivoluzionato un genere che ha sempre fondato la sua fortuna sugli uomini d’azione mentre il suo personaggio più celebre è il criminologo tetraplegico Lyncoln Rhime: «Ero stanco degli eroi alla Bruce Willis, volevo qualcuno che combattesse il male con la sola forza della mente». Tante le domande del pubblico. Una proprio sulla sua concezione del bene e del male: «Due campi inconciliabili. Ci sono i valori che fondano una società giusta. E poi c’è il contrario». Una visione manichea che si rispecchia nelle trame dove è sempre il bene, nel finale, a prevalere. Il pubblico lo ripaga con riconoscenza seguendo alla lettera il consiglio che non ha esitato a dare prima della firma delle copie: «Comprate il mio libro»!
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