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LA CUCINA DELLA TRADIZIONE

Per un piatto di lenticchie

Fagioli, ceci e piselli ma anche arachidi e soia: il quaderno di Bertinelli Spotti per l’Accademia dedicato ai legumi

Barbara Caffi

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bcaffi@laprovinciacr.it

25 Ottobre 2024 - 05:15

Per un piatto di lenticchie

I mangiafagioli di Vincenzo Campi. Sotto, i fagiolini dall’occhio con le cotiche e la copertina

CREMONA - Altro che torrone o mostarda: sono i fagioli la prima gloria culinaria di Cremona. Lo testimonia anche la definizione magna phaselus (grande imbarcazione) - che già in epoca latina sottolineava la vicinanza della città al fiume - e che per assonanza diventò subito magna phaseolus, mangia fagioli appunto. Leggenda o verità che fosse, anche Teofilo Folengo (1491 - 1544) nel Baldus e Alessandro Tassoni (1565 - 1635) ne La secchia rapita scrivono che i cremonesi vanno pazzi per i fagioli.

Casca quindi a fagiolo (per resta in tema) l’ultima pubblicazione curata da Carla Bertinelli Spotti per l’Accademia italiana della cucina: il quaderno I Legumi nella Cucina Cremonese ieri e oggi sarà presentato il prossimo 14 novembre (ore 17.30) nella sala Mercanti della Camera di commercio. Tra gli autori dei testi, ci sono Valerio Ferrari, il Gruppo volontari Mura di Pizzighettone, Agostino Melega, Grazia Antonia Rossi e Giorgio Maggi, cui si aggiungono i tanti che, tra ricette di famiglia, aneddoti e ricordi personali rinverdiscono una tradizione ultrasecolare e dai risvolti biblici: per un piatto di lenticchie Esaù ha ceduto la primogenitura al fratello Giobbe.

È un tema storico, ma allo stesso tempo attualissimo: i legumi sono ricchissimi di proteine e si sono guadagnato un posto di primo piano nelle diete vegeteriane o vegane. Contengono inoltre carboidrati ma non causano picchi glicemici. Sono anche relativamente economici e questo non guasta per chi è attento al portafoglio. Si dice legumi e si apre un mondo: appartengono alla famiglia fagioli, ceci, fave, taccole, lenticchie, lupini (a scuola, leggendo I Malavoglia, legioni di studenti si sono chiesti cosa fossero), piselli, fagiolini (detti anche cornetti) e addirittura le arachidi e la soia.

Carla Bertinelli Spotti

Si dice che portino fortuna e infatti a Capodanno una porzione di lenticchie non manca mai. E possono essere divertenti: anche i bambini più riottosi si divertono a inseguire (e mangiare) i piselli che nel piatto scappano via. Sono spesso proprio i bambini ad avere il compito ingrato di scornettare i fagiolini. In cucina, dei legumi è apprezzata l’estrema versatilità e non sono neppure troppo difficili da cuocere.

«A Cremona, citazioni letterarie e documenti vari - scrive Bertinelli Spotti - attestano la coltivazione dei legumi già nel IX sec., ma è solo nell’Ottocento che si raccolgono informazioni precise circa le tipologie e le quantità degli ortaggi coltivati nel nostro territorio insieme alle osservazioni di medici e studiosi che ci consentono di conoscere l’uso che se ne faceva in cucina. Scarsi i risultati che abbiamo trovato circa le abitudini alimentari: per questo motivo tanto più preziose risultano le testimonianze portate da amici e conoscenti». Tra questi, anche il Gruppo Volontari Mura di Pizzighettone che è riuscito a ottenere per il fagiolino dall’occhio il riconoscimento di prodotto tipico lombardo.


Per molto tempo i legumi compaiono per lo più sulle tavole meno abbienti. Fanno eccezione Cristoforo Messi detto Sbugo, cuoco alla corte ferrarese degli Estensi nel XVI secolo, e nello stesso periodo Bartolomeo Scalchi che a papi e cardinali serviva piselli, fave, fagioli e altri legumi. E in effetti via via i legumi conquistano le tavole e gli orti e addirittura i balconi veneziani che a partire proprio dal XVI secolo si adornano di fagioli americani, rampicanti che consentono alle donne «molto vaghe dell’ombra e della verdura e ancora per poter dalle finestre loro vagheggiare i viandanti senza da coloro esser esse vedute», come riporta Ferrari da un documento dell’epoca. Altri usi curiosi dei fagioli secchi sono legati alla cottura di pasta frolla, sfoglia o brisée infornata prima di essere farcita. E alle tombolate familiari che ancora resistono nei giorni di festa, con i fagioli utilissimi a trasformarsi in segnapunti.

Fave e fagioli, particolare della Fruttivendola di Vincenzo Campi

Eppure, sottolinea Ferrari, «non sono moltissime le pietanze della tradizione nostrana basate sull’impiego dei legumi. La consapevolezza del loro valore nutrizionale suppliva, probabilmente, alla necessità di trovare sistemi o procedure di confezionamento gastronomico particolari o straordinarie, trovando sufficienti e del tutto appaganti preparazioni basilari e semplici». Ceci e fagioli si associano per lo più alle zuppe o alla pasta, i piselli al riso, mentre i fagiolini sono per lo più un contorno.

I fagiolini dall’occhio si associano alle cotiche e al giorno dei morti e quasi tutti i legumi, magari con l’aggiunta di patate, salsa di pomodoro e altri sapori, si prestano a essere ingredienti perfetti per le vellutate. E poi, va da sé, come capita a tutti gli alimenti che da secoli arrivano in tavola, ci sono miriadi di varianti e di ‘segreti di famiglia’ che si custodiscono e tramandano con gelosia. Nel loro complesso e nella loro grande varietà, i legumi sono un cibo nato povero e diventato protagonista assoluto in cucina.

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