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PENSIERI LIBERI

Sono unici e irripetibili. Sui matti non piove mai

Andrea Vitali: "La malattia mentale, se c’è, quando c’è, è solo una parte di chi se la porta addosso. Fantasia, creatività e genio: ecco cosa troverete andando oltre ogni pregiudizio"

Andrea Vitali (medico e scrittore)

08 Ottobre 2024 - 11:00

Sono unici e irripetibili. Sui matti non piove mai

pensieri

CREMONA - Un sogno che mi capitava spesso di fare… Ma erano gli anni dell’università, quando lo studio cominciava appena a incontrare la sua applicazione nella pratica. E soprattutto non avevo ancora sperimentato l’impatto con la psichiatria. Così sognavo con una certa frequenza questo cancello posizionato dentro uno spazio aperto, perlopiù verde di erba e di qualche albero, senza alcuna presenza umana o di altro essere vivente. La cosa strana era il muoversi del cancello, che non permetteva di comprendere se il suo movimento indicasse l’aprirsi o il chiudersi. Su cosa poi?, mi chiedevo quando al risveglio me ne restava qualche traccia. Su cosa, visto che intorno ad esso non c’era altro che uno spazio che andava a perdersi, sconfinando nella materia oscura del sogno. Quanto effimera sia la memoria del sogno è noto, bilanciata però dalla sua significanza che ci dona la possibilità di dare senso, ragione a cose che ci sembrano inspiegabili. Ebbene, quando me lo trovai sotto gli occhi, quel cancello mi offrì in tutta la sua semplicità la ragione di quel sogno: altro non era che simbolo o labile confine tra il me, il noi, e il mio, il nostro, percepire o subire il mondo dentro il quale esperire l’avventura a volte non troppo felice della vita. Non che fossi un particolare esperto nell’onirocritica, né consultai i molti testi, dai più antichi ai moderni, per dare un significato preciso a quel giovanile sogno.

Fu solo fortuna, perché quel cancello stava a guardia dell’ingresso di una comunità psichiatrica che ebbi la fortuna di conoscere e frequentare per parecchi anni.

Nel momento stesso in cui varcai quella soglia ebbi la percezione di stare entrando in un mondo di sofferenze difficili da cogliere. Certo non ero digiuno della terminologia psichiatrica ma ero anche conscio del fatto che ogni patologia psichica aveva caratteri suoi dovuti all’essere umano ‘unico e irripetibile’ e che solo concedendo a questa definizione una presenza costante sarei riuscito a combinare qualcosa di buono. E già, perché non ero lì come semplice visitatore. Il mio scopo, dopo aver conosciuto in una precedente occasione molti di quei ragazzi, era quello di mettermi a disposizione, individuare, insieme col personale della struttura, cosa si potesse aggiungere alle giornate di costoro, agendo sulla fantasia di tutti, me compreso. Già, la fantasia. La creatività, se vogliamo. Un bagaglio di nessun peso fisico, ben conservato dentro quel ripostiglio dove c’è un po’ di tutto e che chiamiamo spirito, (o anima o psiche, la sostanza non cambia).

E che, contrariamente a ciò che magari qualcuno potrebbe pensare, è patrimonio comune. Spiace per coloro che pensano che solo certi spiriti si possano elevare sopra gli altri: questi altri, infatti, all’occasione possono fare altrettanto purché venga data loro la possibilità senza che marchi di sorta li releghino in ghetti o periferie dell’umanità.

Dico ciò perché gli anni in cui ho esercitato quale medico di base mi hanno arricchito con la conoscenza di soggetti portatori di un pregiudizio sociale, periferici elementi del villaggio globale, quasi fossero a un gradino inferiore rispetto a tanti. E che invece, grazie a un semplice rapporto dialettico, su di un eguale piano di confronto, mi hanno ricordato il sogno del cancello. Sofferenze ben mascherate, sfortune che potevano capitare a chiunque, anche a me beninteso, i cosiddetti casi della vita che poi determinano il destino, la vita stessa. Di queste esperienze mi sono caricato quando ho attraversato il cancello di cui sopra: perché, in fin dei conti, cos’era, cos’è la malattia mentale se non uno sgambetto alle spalle di chi sta correndo verso un traguardo ancora lontano?

E a quel punto, caduto a terra, è giusto che se ne resti lì senza alcun aiuto, visto che ha comunque gambe, braccia e aria nei polmoni che gli permetterà di riprendere la corsa ? Il pregiudizio vorrebbe così. Ma andando appena oltre questo sommario atteggiamento ci si può rendere facilmente conto che la malattia mentale, se c’è, quando c’è, è solo una parte di chi se la porta addosso. Non sovrasta tutto ciò che di buono o di normale, (diomio che parola pericolosa!), c’è cui va dato spazio. E da ciò che s’è fatto lassù, in quel luogo di verde a perdita d’occhio dotato di cancello, grazie a uno scambiarsi reciprocamente pensieri in forma di parole, anch’io ho avuto il mio bel regalo, poiché non altrove avrei potuto immaginare di scrivere ‘Sotto un cielo sempre azzurro’, dal sottotitolo che non esito a definire geniale: ‘Sui matti non piove mai’, frase che nella sua bellezza spiega tutto senza bisogno di altre parole.

Però, a conclusione, mi tocca precisare un paio di cosette. La parola ‘matti’, forse esecrabile per alcuni, ma tra noi, lassù, immediatamente adottata per svilirla da ogni significato deteriore. E il sottotitolo citato, mica è opera mia. Di uno di quei ragazzi invece. Insomma, quando si dice che il genio abita ovunque.

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