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Il ricordo di Meneses: «Mi ha insegnato a capire il silenzio»

Margherita Succio, allieva del maestro: «Ero acerba e confusa, ha saputo indirizzarmi verso il mio suono»

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

05 Agosto 2024 - 12:09

Il ricordo di Meneses: «Mi ha insegnato a capire il silenzio»

Margherita Succio in scena. A lato, Ettore Pagano con Antonio Meneses

CREMONA - Ha suscitato un profondo dolore la scomparsa di Antonio Meneses, grandissimo violoncellista e docente all’Accademia Stauffer. Meneses, morto sabato scorso, aveva lasciato l’incarico l’ 8 luglio proprio per motivi di salute. Un vuoto nel mondo della musica, che dice addio a un grande e raffinato interprete. Un vuoto per la città di Cremona e per la Stauffer, che salutano una solida e sincera amicizia di nove anni. Ma anche un vuoto per i suoi studenti, che nel loro maestro hanno sempre trovato serietà e comprensione, professionalità e passione. Toccante è il ricordo di Margherita Succio, genovese, classe 2001, allieva del maestro proprio alla Stauffer dal 2017 al 2019.

«La vita musicale del maestro Meneses – racconta Succio – ha una svolta con l’incontro folgorante all’età di sedici anni con Antonio Janigro. L’incontro coincide con la vera partenza, solitaria, dal Brasile verso l’Europa per seguirlo. Anzi, inseguirlo, come Antonio ricorderà in più circostanze a noi allievi, aggiungendo ogni volta dettagli diversi. Il mio incontro con il mio Maestro Antonio è molto simile: nel 2015 avevo quattordici anni e anch’io, come lui, ho vissuto quell’esperienza come una vera rinascita, la mia personalissima epifania musicale. La prima di tante insieme a lui».

Anche lei, come Meneses, ha ‘seguito’ ciecamente il proprio maestro: «Dopo la prima esperienza a Desenzano, presso il Garda Lake Festival, ho seguito tutti i suoi corsi, imperterrita e determinata. Ho subito realizzato che la sensazione di totale impotenza di fronte alla sua lucidità di pensiero e la limpidezza dei suoi gesti non fosse nient’altro che desiderio e impazienza di carpire e assorbire tutto quello comunicava, con costante impegno e senza remore, a ogni lezione. Ho riposto in lui profondissima fiducia negli anni di studio presso l’Accademia Stauffer, ho incontrato e sviluppato l’intimità della frequentazione assidua a Berna, durante i due anni di Master con lui presso l’Hochschule der Künste. Gli ultimi due anni insieme ci ha permesso di sviluppare un rapporto stretto eppure elegantissimo, fatto di lavoro e veri, intimi silenzi: la sua capacità comunicativa essenziale è una delle sue cifre stilistiche che ricordano tutti i giovani e i colleghi che hanno avuto il piacere di vivere la sua presenza».

Un’eredità straordinaria, quella lasciata alla sua allieva: «Tra i più grandi insegnamenti ricordo più di tutti la sua capacità di parlare solo quando c’era davvero qualcosa da dire: è sempre stato estraneo alla conversazione vuota, formale, di circostanza. Mi ha insegnato a vivere quel timore ed emozione con la quale entravo in aula quasi ogni settimana a Berna nel silenzio, elemento che ha sempre difeso, curato nei minimi dettagli anche sul palco. Per lui era elemento fondamentale per dare vita a ogni nota: ha sempre detto, diverse volte nel corso di questi sette anni insieme, che la musica può solo essere condivisa a partire da quell’anticipazione del suono, che è la sua attesa».

Margherita ricorda poi il suo maestro con affetto, tra musica, insegnamento, tecnica e silenzio: «La sua musica e il suo insegnamento vivono nei suoi studenti: anch’io, come tanti di noi, l’ho conosciuto e incontrato giovanissima e disordinata, acerba e confusa, con un grande fuoco interiore che lui ha sempre saputo, con ognuno di noi, indirizzare verso la ricerca del proprio suono, della propria voce. La tecnica perfetta di cui parlava aveva come unico obiettivo la ricerca di sé: diventare attraverso lo studio l’artista che si poteva essere, pienamente, con una dedizione quasi religiosa nei confronti dello studio e dell’etica artistica. Il suo silenzio, invece, è stato il suo modo di andarsene. Lo ricordiamo come un uomo puntuale, di grandissimo equilibrio musicale e umano, giusto. Il mio vero mentore e guida, primo e unico vero punto di riferimento della mia più acerba gioventù e obiettivo ideale da continuare a inseguire, a distanza di dieci anni dal nostro primo incontro. Anche nel suo silenzio».

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