L'ANALISI
DANZA: L'INTERVISTA
10 Febbraio 2024 - 15:04
Una scena da ‘Il mondo altrove’ del coreografo Nicola Galli domenica sera al Comunale di Casalmaggiore per la stagione 2023/2024
CASALMAGGIORE - Ha il volto di un bambino e i capelli azzurri come la fata di Pinocchio, è un po’ Ariel e un po’ Puck, ma soprattutto Nicola Galli è un artista cui stanno stretti i confini di genere e di linguaggio, anzi nella profondità dell’analisi dei singoli codici trova la sua libertà espressiva, nutrita di rigore e precisione. Ne ‘Il mondo altrove’ – in scena domenica sera al Comunale (ore 21) – questa tendenza s’avverte potente e intima al tempo stesso. «La prima versione è stata online e per assolo — dice —. Eravamo in piena pandemia e con Marche Teatro non volevamo darci per vinti e offrire un saggio del lavoro fatto. Quella versione per danzatore solo continua insieme allo spettacolo vero e proprio».
Il mondo altrove che si vedrà al Comunale è invece la versione per quattro danzatori.
«Entrambe le versioni coesistono. Mi capita di fare Il mondo altrove come assolo in luoghi non teatrali o site specific. La versione che andrà in scena al Comunale è quella da palco, ma ciò che accade è sempre legato al rito».
Il mondo altrove è una specie di cerimonia sciamanica.
«Rifarsi al rito è rifarsi all’origine stessa del teatro. Al di là delle mie prime esperienze teatrali, interrogarsi sul rito vuol dire interrogarsi sulla natura dell’uomo, sulla necessità di costruirsi un tempo e uno spazio in cui possa compiersi la relazione fra umano e naturale».
Relazione che per Nicola Galli e i suoi ballerini si compie sotto il segno della danza.
«Sotto il segno di movimenti dei corpi nello spazio, movimenti che, poi codificati, noi definiamo danza. Ma ciò che accade è appunto un rito, un’azione rituale che parte dagli oggetti».
Anche questa attenzione agli oggetti di scena è una caratteristica dei suoi lavori.
«Con i danzatori abbiamo lavorato nella costruzione delle maschere che indossano. Volevo che ognuno di loro potesse concepire la sua maschera, farsela su misura, fino a farla divenire una sorta di oggetto di transizione. Poi abbiamo lavorato sulle forme del gesto rituale».
In tutto questo il suo ruolo qual è?
«Io sono una specie di sciamano che accompagna i corpi degli altri danzatori in questo inno che vuole essere un viaggio alla scoperta della parte misteriosa della vita, viaggio che ci porta ai confini della magia, che frequenta il pensiero magico per costruire una sorta di armonia che possa fare del singolo un corpo in ascolto dell’universale».
Temi ricorrenti nel suo lavoro dalla coreografia ispirata al De rerum natura di Lucrezia all’apocalittica performance installativa di Ultra, visto a Kilowatt l’estate scorsa. Cosa lega il suo fare creativo?
«Nei miei lavori e nel mio modo di concepire la scrittura coreografica mi metto in ascolto profondo del corpo, mi interessa la relazione con lo sconosciuto e il rapporto di interdipendenza tra umano e cosmo. Percepisco questi temi non solo dal punto di vista artistico: essi sono al centro di un passaggio evolutivo necessario a livello globale, politico, sociale e in termini di eco-sistema, che mette in discussione la nostra umana percezione egemonica sul mondo per ri-definire il nostro rapporto dialogico con esso e ri-fondare un equilibrio tra i cinque regni con i quali classifichiamo la vita».
E il pubblico a questo suo pensiero in danza come reagisce?
«Abbiamo fatto Il mondo altro ve un po’ ovunque dal Giappone al Perù. Pur cambiando le culture, Il mondo altrove esercita un fascino legato all’utilizzo dello spazio, ai costumi, alle maschere e alle musiche di Giacinto Scelsi costruite intorno all’idea sferica del suono. Il pubblico si riconosce, intuisce in quello che facciamo che qualcosa gli appartiene e si sente toccato. Ecco perché considero Il mondo altrove un rito che ci porta in un luogo altro in cui il nostro essere umani dialoga con il naturale e l’universale. Almeno questo mi piace pensare che accada».
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