L'ANALISI
CREMONA: IL COMPLEANNO
11 Gennaio 2024 - 10:52
Edgar Morin con Mauro Ceruti
CREMONA - Mauro, semplicemente Mauro e dopotutto i maestri molto spesso si chiamano per nome di battesimo: forse a significare una familiarità che non è solo confidenza, ma è intimità di pensieri e di frequentazioni, è il fidarsi del maestro e il darsi del maestro all’allievo. Per questo nel volume ‘La danza della complessità. Dialoghi con la filosofia di Mauro Ceruti’ (Mimesis, curato da Francesco Bellusci e Luisa Damiano in occasione dei settant’anni del filosofo cremonese, l’omaggio accademico è trasceso da un sentiment affettuoso e di grande devozione nei confronti del pensatore della complessità.
La stessa copertina – per ammissione dello stesso Mauro Ceruti – è stata una sorpresa, ordita, come tutte le sorprese, a sua insaputa. «In copertina Bellusci e Damiano hanno deciso di mettere un ritratto che mi ha fatto mio nipote Giovanni Ceruti, figlio di mio fratello, un ritratto fatto così, quasi per gioco, un omaggio allo zio filosofo. Il mio volto campeggia con affettuosa evidenza sulla copertina del volume che la comunità degli studiosi mi ha voluto dedicare, ma soprattutto che ha voluto concepire come omaggio al mio pensiero sulla complessità». Ceruti non nasconde la commozione palleggiando fra le mani – se così si può dire – un volume di oltre 400 pagine con contributi da parte di esponenti delle più diverse discipline del sapere: la psicologia come le neuroscienze, l’economia come la sociologia, l’arte e le scienze umane fino all’etica e alla politica.
Per capire lo spirito del lavoro, dell’omaggio a una vita costruita sulla convinzione che solo negli intrecci dei saperi si possa affrontare il mondo contemporaneo basta leggere quanto scrive Edgar Morin nel suo intervento, intitolato Al mio spirito fratello: «Il pensiero di Mauro Ceruti contiene e intreccia, sempre nutrendosene, tre passioni: la passione filosofica per la teoria della conoscenza, la passione politica e civile per l’Europa, la passione etica e pedagogica per il destino dell’umanità. Mauro ha delineato un percorso filosofico che raccoglie la sfida della complessità posta al nostro tempo; ha delineato una prospettiva antropologica dalla quale l’identità umana emerge come identità evolutiva e irriducibilmente multipla, attraverso l’intreccio di molteplici storie; ha mostrato come il nostro tempo renda ineludibile pensare insieme, e non in opposizione, identità e diversità». Morin chiosa così il suo intervento: «mi piace rinnovare il mio personale omaggio allo spirito potente, creativo e per me fraterno di Mauro Ceruti».
I discepoli di Ceruti così dicono del loro mentore: «Nelle terre dove l’opera misteriosa del Genius loci, chiamato dai poeti romantici ‘spirito del loco’, ha convogliato una scia luminosa di musicisti e compositori, da Monteverdi a Ponchielli, oltre ai grandi liutai da Stradivari a Guarneri del Gesù, è nato un compositore che si è fatto filosofo, avendo fatto della filosofia un compositore, Mauro Ceruti, filosofo e teorico della complessità, non ha smesso di tessere, di comporre l’eterogeneo e il contraddittorio: scienza e filosofia, scienze umane e scienze naturali, conoscenza ed etica, teoria e politica», scrivono Bellusci e Damiano in apertura di volume: La danza della complessità è la danza della vita.
Ciò che è definito come compositore è la filosofia, e il pensiero della complessità che, fra mille virgolette, si contrappone al pensiero debole di Gianni Vattimo, o meglio offre una diversa prospettiva di intendere il mondo che si rispecchia nell’articolato volume che procede per sezioni. ‘Aperture’ raccoglie gli interventi di Gianni Canova, rettore dello Iulm, Edgar Morin e Sergio Manghi, docente di sociologia a Parma. A ripercorre e contestualizzare il pensiero di Ceruti sono Bellusci e Damiano nella sezione ‘Mauro Ceruti nella filosofia e nella scienza contemporanee’. Apre la sezione ‘Storie delle origini di una storia’ l’affettuoso dialogo di Gianluca Bocchi con Chiara Brambilla e Anna Lazzarini che dà la temperatura di un volume che al rigore scientifico affianca la volontà di rendere omaggio all’uomo, al maestro, all’intellettuale Ceruti.
‘Un umanista nel tempo della complessità’ e ‘La danza della transdisciplinarietà’ sono un fitto susseguirsi di interventi che riflettono sul pensiero di Ceruti da diverse prospettive e mettono in evidenza come il pensiero della complessità abbia rappresentato il contesto entro cui leggere il senso anche dell’agire specialistico. Walter Veltroni nel suo contributo fa riferimento a ‘Un nuovo umanesimo per osare più democrazia’, Chiara Simonigh, docente di teoria dei media e cultura visuale, parla di ‘Visione generativa’, Anna Finocchiaro, magistrato e senatrice della Repubblica legge l’azione di Ceruti come quella di un intellettuale che tiene insieme il quadro valoriale della democrazia e il ‘gusto dell’avvenire’.
Filosofo della civiltà planetaria: così viene definito Ceruti da Matilde Callari Galli, docente di antropologia a Bologna. Marcello Aitiani, pittore e musicista, definisce il filosofo cremonese come un pittore che compone sulla ‘Tela del pensiero complesso’, Roberto Della Seta, già presidente di Legambiente, legge il pensiero di Ceruti nella prospettiva di una scienza ecologica della natura e dell’uomo. Michele Marchetto, professore di Filosofia della persona e di Etica all’Istituto universitario salesiano di Venezia, mette in relazione il magistero di Ceruti con il messaggio di papa Francesco. Sono solo alcuni dei contributi di un volume polifonico in cui il grande concertatore è Ceruti.
Di lui Gianni Canova scrive: «Quelli come lui in pensione non dovrebbero andarci mai. Sono quelli a cui basta uno sguardo per risvegliare il pensiero e metterlo in movimento (…) Sono preziosi, gli intellettuali come Mauro Ceruti. Rari e preziosi. Dovremmo tenerceli cari». E in questo Canova nella chiusura del suo saluto scrive come Ceruti sia «un esempio di pensiero aperto, curioso, poliprospettico, mai pago, mai ovvio, mai scontato: davvero l’incarnazione vivente di cosa può essere, oggi, la filosofia. Del perché ci serve, di come e quanto ne abbiamo bisogno». E a testimoniarlo è la complessità e l’articolazione de ‘La danza della complessità’, una danza leggera e senza confini che ci permette di vedere, vivere, cercare di capire il mondo che abitiamo. E non è cosa da poco.
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