L'ANALISI
23 Novembre 2023 - 08:29
Mauro Ceruti e Maurits Cornelis Escher, Vincolo d’Unione (1956)
CREMONA - Manca un’idea di futuro nel nostro tempo disperato, gravido di guerre e conflitti sociali, di orrori quotidiani, crisi economiche, bizzarrie climatiche. Proprio per questo sarebbe necessario ‘umanizzare la modernità’: è l’invito/auspicio di Mauro Ceruti, ed è il titolo del suo ultimo libro, scritto a quattro mani con Francesco Bellusci. Il filosofo cremonese presenterà il suo saggio lunedì prossimo (ore 20,30) al Filo (piazza Filodrammatici). Con lui interverranno Luciano Pizzetti, già parlamentare e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Anna Lazzarini, filosofa (Università d Bergamo), e Michele Bellini, consigliere politico della Camera dei Deputati. L’incontro, organizzato da Fondazione Cremona Democratica e dalla Società filodrammatica cremonese, è moderato da Paolo Gualandris, direttore del giornale «La Provincia di Cremona e Crema».
Oggi, dunque, non si crede più nelle ‘magnifiche sorti e progressive’ e al domani regaliamo uno sguardo miope, una prospettiva a corto raggio e disillusa. Fino agli ultimi decenni del Novecento, la società - quella occidentale in particolare - credeva nel progresso e toccava con mano i miglioramenti individuali e collettivi. La scienza e la tecnologia contribuivano al benessere, alla salute, alla salubrità. Le democrazie permettevano la conquista di nuovi diritti, addirittura la caduta del Muro di Berlino consegnava al mondo la speranza di una pace duratura. Ma non durò molto.
La perdita di fiducia nel futuro è cominciata «quando ci si è resi conto che le scienze, le tecniche, l’industrializzazione producevano al contempo effetti perversi: inquinamento, degrado della biosfera, crisi economiche ricorrenti - ha sottolineato Ceruti -. Questo ha incrinato le certezze. In più, si era già perso il passato, i fondamenti che animavano le nostre tradizioni, proprio a causa della modernizzazione (pensiamo alla civiltà contadina, al mondo rurale e paleoindustriale, con i suoi riti e le sue credenze, ormai dissolti). Infine, tutto questo si è situato in una crisi planetaria. Il pianeta è in uno stato di caos: e oggi ancora di più, con il cambiamento climatico, la pandemia, la guerra. Non viviamo una crisi. Viviamo molte crisi, che si alimentano e si amplificano l’una con l’altra. Viviamo una policrisi, che investe l’intero pianeta, e rivela la realtà di un mondo in cui tutto è interconnesso e interdipendente. I tre fattori di angoscia sono: la perdita di futuro, la perdita del passato e la policrisi planetaria. Il futuro ormai si chiama incertezza».
Teorico del pensiero complesso - è allievo, collaboratore e amico di Edgar Morin -, Ceruti non può che invitare a non seguire soluzioni semplici perché ogni scorciatoia si rivela alla lunga fallimentare. Occorre piuttosto rendersi conto che ognuno di noi è indissolubilmente legato agli altri, interconnesso e interdipendente. Per ovviare al collasso di un’umanità sempre più lacerata e indebolita da conflitti, emergenze, pandemie - e sempre più disumanizzata -, la sola risposta è una nuova consapevolezza nei confronti della natura, dell’individuo e della molteplicità. È una risposta difficile, ma inevitabile e senza alternativa.
«Dobbiamo reintegrare la responsabilità verso il futuro nel pensiero, nell’etica e nell’agire politico - ha infatti affermato il filosofo cremonese in una recente intervista -. I futuri possibili non sono solo quelli che possiamo prevedere passivamente: sono anche quelli che possiamo attivamente creare. Sono futuri che non si limitano semplicemente ad accadere per se stessi: sono futuri che possono essere fatti accadere, che si possono formare. Tra il pessimismo apocalittico e l’ottimismo ingenuo, dobbiamo percorrere la via della creatività e della responsabilità. E questa via ci richiama innanzitutto al dovere (morale e politico) di allargare l’orizzonte temporale per il bene delle future generazioni. Dobbiamo prendere coscienza del fatto che la nostra maniera di agire ha di fatto tanta influenza sul futuro».
Recensendo il saggio di Ceruti e Bellusci su Doppiozero, Ugo Morelli ricorda «Isabelle Stengers quando analizza le possibilità di resistere alla barbarie a venire, nel suo libro Nel tempo delle catastrofi. ‘La natura presenta il suo conto e fa intrusione. Era sempre stata qui e siamo sempre stati natura, anche quando prometeicamente abbiamo voluto sostenere una posizione di ‘padroni del pianeta’ per dirla con Ian Tattersall. E mentre il clima muta e gli ecosistemi si degradano, crescono le diseguaglianze sociali e dilaga l’autoritarismo». C’è bisogno di futuro: fragile, vulnerabile, forse ferito. Ma pur sempre futuro.
Mauro Ceruti e Francesco Bellusci, Umanizzare la modernità, pagine 144, 14 euro, Raffaello Cortina Editore.
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