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#DIRITTODICRITICA: 'Don Carlo' di Giuseppe Verdi, la recensione

Nuovo appuntamento dell'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli

La Provincia Redazione

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06 Dicembre 2023 - 10:48

#DIRITTODICRITICA:  'Don Carlo' di Giuseppe Verdi, la recensione

CREMONA - Torna l'appuntamento con #DIRITTODICRITICA, l'iniziativa organizzata dal giornale La Provincia e da Fondazione Teatro Amilcare Ponchielli, che offre agli studenti delle scuole cremonesi la possibilità di esprimere il loro giudizio motivato e argomentato sugli spettacoli in cartellone al Ponchielli. Questa volta gli studenti dovevano cimentarsi sulla rappresentazione teatrale dell'opera lirica 'Don Carlo' di Giuseppe Verdi.

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LE RECENSIONI

ELIA MONTANI – 4 ISTITUTO STRADIVARI

Venerdì 24, al teatro Ponchielli, si è tenuta la rappresentazione teatrale dell’opera lirica Don Carlo di Giuseppe Verdi, con la regia di Andrea Bernard e la direzione d’orchestra di Jacopo Brusa. Tra i cantanti troneggiano Paride Cataldo, Carlo Lepore, Clarissa Costanzo e Mattia Denti, rispettivamente nei panni di Don Carlo, Filippo II, Elisabetta di Valois ed Il Grande Inquisitore. Quando si parla di Don Carlo, tempestivamente si intende la strozzatura sociale da parte della mannaia dell’Inquisizione sulla Spagna, la cui famiglia Reale è intrisa in un labirinto di crudeltà; particolare attenzione alla causa delle Fiandre, ormai vessate dalla violenza dello Stato Sovrano.

Il regista ha plasmato l’opera, seguendone la traccia originale, attualizzandola nei messaggi inviati, quali la traslazione della perfidia inquisitoria con quella contemporanea della furia dell’uomo sulla donna. I solisti svolgono una funzione di maggior pregio, grazie alla robustezza della voce che si distingue tra la folla, interpretando magistralmente il ruolo a loro assegnato, come Don Carlo, che pur rimanendo nell’ombra, per la situazione sociale a tratti ingrata e tormentata, ricopre la veste di protagonista ed Elisabetta di Valois, la quale nella morsa tra padre e figlio, esalta la propria dignità ed i propri sentimenti.

L’orchestra è risultata virtuosa, tra i calando ed i crescendo della scena; molto accorta e puntigliosa la direzione, che ha permesso agli interpreti sul palcoscenico di destrarsi con equilibrio, mettendoli a proprio agio. Di particolare effetto la scenografia brutale e cupa e il grande lampadario a contrasto con l’essenzialità degli oggetti di scena, creando un’atmosfera febbrile e densa; i costumi, accessori e parrucche smontabili, non particolarmente mozzafiato, ripropongono lo stile bellico del secolo scorso.

Durante la rappresentazione il pubblico ha interagito con applausi e complimenti agli attori, all’orchestra, ma soprattutto a tutti coloro che lavorano dietro le quinte e il cui operato si è visto durante i cambi di scena per loro scelta, ad evidenziare l’importanza e la completezza del teatro. A mio parere l’opera, seppur non una delle più conosciute e a tratti non ammaliante e distaccata, è risultata comprensibile, dignitosa e meritevole di essere vista ed ascoltata.

PERRONE SERENA – 1 LICEO SCIENTIFICO ASELLI

Domenica pomeriggio è andata in scena al Teatro Ponchielli di Cremona l’opera “Don Carlo” di Giuseppe Verdi, nella versione italiana in 4 atti realizzata dal compositore di Busseto per il Teatro alla Scala di Milano nel 1884. Il regista, Andrea Bernard, ha compiuto delle scelte precise e originali riguardanti l’ambientazione della vicenda: tutto si è svolto all’interno di un’aula del tribunale dell’Inquisizione, dove i personaggi sono giudicati dall’autorità più importante, ovvero il Grande Inquisitore, interpretato da Mattia Denti, cui tutti si devono sottomettere, persino il Re Filippo II, interpretato dal validissimo Carlo Lepore.

Grandi applausi a scena aperta per i due cantanti al termine della famosissima aria di Filippo II “Ella giammai m’amò” e dopo il duetto tra l’Inquisitore e il Re. In questa scena, sullo sfondo vi erano schermi di videocamere che proiettavano immagini che rimandavano alla società totalitaria che si ritrova nel testo “1984” di George Orwell. La scenografia ed i costumi rimandano, anziché alla seconda metà del XVI secolo, alla seconda metà del XX secolo, infatti stati anche inseriti oggetti di attrezzeria scenica non appartenenti al Cinquecento, come telecamere, cineprese e pistole.

L’opera conserva il suo senso più profondo anche se è ambientata 400 anni dopo, perché tutte le tematiche affrontate, ricorrono frequentemente in varie epoche storiche e anche oggi sono molto attuali come: l’amore (di Carlo e Elisabetta, interpretati da un brillante Paride Cataldo e dalla nitida e limpida Clarissa Costanzo), la dedizione alla patria (di Rodrigo, interpretato da Angelo Veccia), la gelosia (che porta alla catastrofe la Principessa Eboli, cui Laura Verrecchia ha prestato la sua splendida voce) e, come già detto, la logica del potere che sovrasta tutto e tutti. Anche le violenze manifestatesi nella storia a danno dei più deboli (i rivoltosi Fiamminghi all’epoca di Filippo II) rivivono nella rappresentazione di giovani fanciulle maltrattate ingiustamente dalle guardie del Re.

L’orchestra dei Pomeriggi Musicali, diretta da Jacopo Brusa, assieme al coro di OperaLombardia, ha accompagnato in maniera coinvolgente la rappresentazione; notevoli soprattutto i momenti in cui la sezione dei fiati ha supportato le riflessioni più intime dei personaggi. La proposta del Ponchielli è risultata convincente anche per regia e scenografia originali, mettendo in scena una grande opera senza tempo.

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