Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

CREMONA

'Lezione' in Vaticano: «Umanesimo e complessità»

Intervento del filosofo cremonese Mauro Ceruti davanti al Papa e ai Membri della Pontificia Accademia per la Vita

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

23 Febbraio 2023 - 11:24

'Lezione' in Vaticano: «Umanesimo e complessità»

L’incontro tra Mauro Ceruti e papa Francesco (©Vatican Media)

CREMONA/CITTA' DEL VATICANO - «Cari fratelli e sorelle, di fronte a sfide attuali così articolate il compito che avete davanti è enorme. Si tratta di ripartire dalle esperienze che tutti condividiamo come esseri umani e di studiarle, assumendo le prospettive della complessità, del dialogo trans-disciplinare e della collaborazione tra soggetti diversi». È con queste parole che papa Francesco si è rivolto a studiosi e scienziati nell’ambito dell’Udienza dei Membri della Pontificia Accademia per la Vita in occasione della 28ma Assemblea Generale, che si è svolta in Vaticano nei giorni scorsi sul tema «Converging on the person. Emerging Technologies for the Common Good». A dare l’indirizzo al convegno sono state le parole del Pontefice che ha individuato le tre sfide che attendono tutti, laici e credenti: «il cambiamento delle condizioni di vita dell’uomo nel mondo tecnologico; l’impatto delle nuove tecnologie sulla definizione stessa di uomo e di relazione, con particolare riferimento alla condizione dei soggetti più vulnerabili; il concetto di conoscenza e le conseguenze che ne derivano».

Papa Francesco ha aperto l’Udienza dei Membri della Pontificia Accademia per la Vita in occasione della 28ma Assemblea Generale

A essere invitato a riflettere sul ruolo delle tecnologie emergenti – ovvero le nuove tecnologie strettamente interconnesse all’essere umano – nel più ampio contesto filosofico e antropologico è stato il filosofo cremonese Mauro Ceruti, docente di Filosofia della scienza presso lo Iulm di Milano e massimo esperto e teorico del pensiero della complessità. Davanti a relatori provenienti da tutto il mondo, Ceruti ha messo in evidenza come «viviamo in un tempo in cui l’apice del nostro potere cognitivo e tecnologico si accompagna all’irrompere dell’incontrollabilità del nostro mondo – ha detto -. Questa si esprime innanzitutto nelle crisi globali in cui siamo immersi: crisi ecologica, climatica, demografica, economica, sanitaria, migratoria, della pace».

Di fronte a questo paradosso se ne sviluppano altri legati allo sviluppo della scienza che «si è planetarizzata ed è diventata sempre più strutturalmente controllata dagli interessi e dalle forze degli apparati economici e/o statali. Gli scienziati sono, di fatto, privi dei poteri che tuttavia emergono dai loro laboratori – ha osservato Ceruti -. La global polity, il regime politico in cui agiscono congiuntamente, su più livelli, governi, amministrazioni nazionali, istituzioni intergovernative, network e organismi ibridi pubblico-privati, imprese multinazionali, organizzazioni non governative, è ancora orientata da una concezione della politica internazionale come un gioco a somma nulla: vinco io, perdi tu. La politica ha il più grande e urgente bisogno di complessità. Tuttavia, essa produce idee sempre più semplificanti per società sempre più complesse».

Ciò si riflette anche a livello epistemologico, ovvero di capacità di leggere il mondo in cui viviamo. Malgrado la complessità del mondo e la sempre più stretta interconnessione tra tecnologie e uomo «continuano a essere separate conoscenze che dovrebbero essere interconnesse, perché interconnessi e non separabili sono i molteplici aspetti dei problemi da formulare e da affrontare», ha sottolineato Ceruti nella sua relazione, pensando all’urgenza di un nuovo pensiero che aiuti a interpretare e leggere la complessità, un pensiero capace di oltrepassare la frammentazione dei saperi che «impedisce di riconoscere che comunque le tecnologie vengono prodotte e gestite all’interno di una prospettiva epistemologica, di un paradigma di conoscenza, di una visione dell’uomo e del suo rapporto con il mondo – ha osservato nella sua relazione -. La via, oggi peraltro praticabile, è quella di progettare e utilizzare le tecnologie emergenti in una prospettiva che riconosca la complessità dell’umano, la complessità del rapporto uomo-natura, e la complessità dei circuiti di co-determinazione uomo-macchina, mente-corpo- tecnologia, naturale-artificiale».

Mauro Ceruti (primo da sinistra al tavolo) con alcuni dei relatori (©Cristian Gennari/Siciliani da Flickr)


In questo senso la relazione del filosofo cremonese non si è limitata a mettere in evidenza una mancanza, ovvero la persistente frammentazione di saperi specialistici e che non riescono a dar conto delle connessioni fra i diversi ambiti, ma ha anche indicato la via da percorrere per poter con responsabilità affrontare le sfide che le tecnologie emergenti ci pongono. Per questo secondo il filosofo bisogna «delineare una visione che riconosca la complessità dell’intreccio uomo-natura-tecnologia e crei le condizioni culturali per affrontare la sfida della dilatazione della nostra responsabilità orientandola al bene comune. Questa visione è resa oggi quanto mai necessaria e vitale dalla inedita possibilità tecnologica di autosoppressione dell’umanità. Questa possibilità rende l’umanità una comunità di destino, legata dagli stessi pericoli e dalla necessità di una cultura non più basata sulla logica dei giochi a somma nulla (vinco io, perdi tu) sia nei rapporti fra gli umani (soprattutto internazionali) sia nel rapporto uomo-natura, ma basata sulla logica dei giochi a somma positiva (vinco io, vinci tu), una logica della solidarietà (fra gli umani, e anche fra gli umani e la natura). In questa nuova condizione e autocomprensione antropologica, si delinea la necessità di comprendere che siamo parte della rete della vita, e che tutto è in relazione, tutto è connesso».

E quanto affermato da Ceruti trova un riscontro in quanto papa Francesco ha detto ai membri della Pontificia Accademia per la Vita nel suo saluto di indirizzo in cui ha auspicato che «la teologia prosegua nel superamento di impostazioni eminentemente apologetiche, per contribuire alla definizione di un nuovo umanesimo e favorire il reciproco ascolto e la mutua comprensione tra scienza, tecnologia e società. La mancanza di un dialogo costruttivo tra queste realtà, infatti, impoverisce la fiducia reciproca che sta alla base di ogni convivenza umana e di ogni forma di amicizia sociale».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400