Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

BUON COMPLEANNO MUSEO DEL VIOLINO

«Sono un cattivo ragazzo e voglio fare ciò che mi piace»

Alessandro Quarta domani alle 21 all’Auditorium Arvedi con la sua composizione ‘The 5 Elements’ in prima assoluta

Giulio Solzi Gaboardi

Email:

redazione@laprovinciacr.it

29 Settembre 2023 - 08:14

«Sono un cattivo ragazzo e voglio fare ciò che mi piace»

Alessandro Quarta all’Mdv (©Danilo Codazzi)

CREMONA - In una sua poesia, il pittore austriaco Egon Schiele si definiva un «eterno bambino». Parlando con Alessandro Quarta, ascoltando la sua musica, emerge proprio questo: l’entusiasmo di un bambino, un sognatore, un ribelle. Violinista, compositore ed esploratore, ama scavare nei generi, sovvertire le leggi della musica, odia il sapere polveroso delle accademie, e crede nella musica come libera espressione di sé. Domani alle 21 all’Auditorium Arvedi, in occasione delle celebrazioni per il decennale del Museo del Violino, Quarta eseguirà in prima assoluta la sua composizione ‘The 5 Elements’, che esplora gli elementi della natura (Terra, Acqua, Aria, Fuoco ed Etere) in tutta la loro potenza, sempre con l’occhio puntato alla sua esperienza personale. Nove mesi di gestazione, come un figlio. Ecco cos’è ‘The 5 Elements’ e, soprattutto, chi è Alessandro Quarta.

Cosa significa per lei suonare a Cremona, all’Auditorium del Museo del Violino?
«Certamente una grande emozione. Ho suonato già quattro volte nello splendido Auditorium di Cremona: lo devo a Roberto Codazzi, direttore artistico dello Stradivarifestival, che ha creduto in me anche prima che diventassi ‘Alessandro Quarta’. È la prima volta che partecipo con un concerto tutto dedicato a una mia composizione. La cosa mi rende molto felice, ho un bellissimo ricordo del pubblico cremonese, e Cremona ormai è la mia seconda città».

La musica fa parte della sua vita da sempre. Ma che cos’è, per lei, la musica?
«L’arte ha bisogno di solitudine. Per me la musica è vita, raccoglimento, passione, amplesso, polmoni e cuore. La mia è stata una vita di sacrifici e povertà, ma ho voluto correre il rischio di scrivere (o riscrivere) la storia della musica. Inizialmente volevo dimostrare al mondo chi era Alessandro Quarta violinista, poi, maturando, ho fatto delle scelte, che mi hanno portato a disinteressarmi di ciò che richiedevano la massa o le accademie, e ho deciso di far musica come piaceva a me, esplorando i generi: volevo creare, non farmi creare dalle richieste altrui, svestire la musica classica del frac, dei gemelli e delle scarpe».

Ci sono stati momenti di difficoltà?
«Sì, ma non mi sono pesati. Ancora oggi desidero continuare a vivere sacrifici. In famiglia eravamo tre musicisti: mio fratello Massimo suonava il violino, mia sorella Patrizia il pianoforte. Quando Massimo ha vinto il Premio Paganini (il più importante premio per violinisti al mondo, ndr) io stavo per diplomarmi in Conservatorio a 15 anni (con sette anni di anticipo) e ho smesso di suonare per due anni e mezzo, poi ho ritrovato la forza, deciso a crearmi un’identità».

Ma la musica c’è sempre stata.
«A sette anni ho composto il mio primo brano per due violini e un pianoforte: fu il regalo di Natale per i miei genitori. Oggi lo custodisco come una reliquia».

Le piace l’idea di ‘genio e sregolatezza’ che spesso le viene attribuita?
«Tanti grandi geni del passato hanno condotto una vita più da demoni che da santi, eppure oggi sono amatissimi. Oggi non esistono più i ‘gen’ di un tempo perché viviamo un impoverimento culturale drammatico. Io non mi sento un genio, ma sono sicuramente sregolato: sono un cattivo ragazzo e voglio poter fare ciò che piace a me».

L’Orchestra Bruno Maderna

Parliamo di ‘The 5 Elements’.
«È la prima opera al mondo dove vengono dipinte, scalfite le immagini che rappresentano i cinque elementi, di cui l’uomo fa parte. Mi piace l’idea di una musica che si costruisce per immagini, come le Quattro Stagioni di Vivaldi. Una musica che dipinga qualcosa attraverso il linguaggio delle note».

Affrontiamo uno ad uno questi elementi. Innanzitutto, i movimenti sono sei: il primo è la Creazione. Cosa significa?
«Ho cercato di osservare l’universo dall’alto, affacciandomi da un oblò immerso nel buio assoluto. Da lì, ho visto i colori della Via Lattea. Ho assistito a combustioni ed esplosioni. Ho visto una sfera prendere forma e colore: la Terra. L’ho immaginata come una dama che porta bene i suoi miliardi di anni, che vuole raccontare la sua storia tra ricordi, sorrisi, e anche qualche tristezza. Poi c’è l’Acqua. Ho ripensato a Otranto, dove l’alba arriva prima, perché è la città più ad Est della penisola. Ho assaporato profumi mediorientali, pensando a una goccia nel deserto, che diventa fiume, lago, mare, per poi tornare a essere una goccia tra le mani di un bimbo assetato. L’Aria, che non vediamo e che non sentiamo, ma che ci dà la vita. Di lei vediamo solo i riflessi: il fruscio degli alberi, lo svolazzare dei capelli di una donna, o del suo vestito. Poi il Fuoco, che distrugge e seduce. Io lo interpreto come un violino, e il violino per me è donna. Il fuoco è, però, anche la devastazione del cambiamento climatico. Infine, l’Etere: la Bellezza, la magnificenza di dio o di qualcosa che forse non esiste, ma di certo l’opera si conclude con la speranza, e non con la morte. È quella coperta calda con cui i tuoi genitori ti coprono la notte, dicendoti: ‘Sogni d’oro, amore mio’».

In tutto questo, dove si trova l’uomo?
«L’uomo assiste alla creazione, ma alla fine è colui che distrugge, mentre avrebbe il dovere di conservare».

Che ruolo ha la natura nella sua musica e nella sua vita?
«Io suono la natura. Suono un violino napoletano (un Alessandro Gagliano 1723) che fu un albero di chissà quanti secoli. Uso un arco fatto di legno e crini di cavallo. La mia infanzia l’ho vissuta in campagna, saltando da un albero all’altro, nuotando nelle pozzanghere e cavalcando senza sella i cavalli per otto chilometri per andare al mare».

Cosa c’è di suo, del suo vissuto, in quest’opera? E come ha vissuto la sua nascita?
«C’è un’autobiografia in quest’opera. Le gioie e i dolori di un bambino solo, in una famiglia e in una città devastate dalla mafia. Un bambino che deve crescere solo, senza amici, che viveva nel suo mondo, in un ambiente economico e sociale poco adatto a questo bambino che avrebbe voluto studiare, giocare, baciare. È come un diario».

Un invito da rivolgere a chi la ascolterà all’Auditorium?
«Il mio invito è di chiudere gli occhi e di osservare i quadri che ho dipinto con la mia musica. I miei dipinti si possono vedere solo ad occhi chiusi. Con me ci saranno Giuseppe Magagnino, pianista che da quindici anni condivide con me i più importanti palcoscenici internazionali, e l’Orchestra Bruno Maderna diretta da Danilo Rossi».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400