L'ANALISI
11 Agosto 2023 - 10:08
La direttrice della Biblioteca Statale, Raffaella Barbierato mostra un foglio della collezione
CREMONA - La Biblioteca Statale conserva, fin dal 1824, una delle collezioni grafiche di Rembrandt (Leida, 1606 - Amsterdam, 1669) fra le più interessanti, uniche e complete al mondo composta da 108 incisioni di diversi formati: sono all’incirca 300 le stampe che l’artista realizzò lungo tutto l’arco della sua carriera, all’incirca dal 1626 al 1665 e la consistenza della collezione cremonese la dice lunga sul suo valore. Era appartenuta all’abate Luigi Bellò, raffinato letterato, latinista, collezionista d’arte stimatissimo dai contemporanei, che la lasciò per legato alla Biblioteca (di cui era stato il primo direttore nominato) a patto che fosse tenuta in ottime condizioni di conservazione.
Quando, nel tempo, al nascondimento, cioè all’idea che cura e tutela del patrimonio fossero da sole sufficienti a garantirne la sopravvivenza si è a poco a poco aggiunto anche il concetto di valorizzazione, e quindi conoscenza, contestualizzazione, promozione di studi e ricerche, ecco che l’album strutturato che ha custodito per decenni questo tesoro in bianco e nero ha smesso di essere sfogliato come si fa con l’album di famiglia da mostrare nelle grandi occasioni per numerosi aspetti, aveva fatto il suo tempo. Dopo l’estate, accedere ai capolavori del pittore e incisore, protagonista della cosiddetta età dell’oro olandese per studiarne le tecniche, i contenuti, la carta, il tipo di filigrana e la datazione (e a settembre ammirali finalmente in mostra) sarà finalmente possibile.
Grazie al contributo economico del Rotary Club Cremona che gli ha dedicato un service importante sotto la presidenza di Fabrizio Bragantini, ha preso il via un progetto tanto importante quanto non più procrastinabile: la digitalizzazione dell’intero corpus grafico, impresa davvero complessa in virtù della fragilità del materiale e dei suoi primi, allarmanti distacchi.
«L’album strutturato in cui i fogli di Rembrandt erano ordinati, e negli anni Ottanta sembrava la soluzione migliore, non rispondeva più, ormai da tempo agli standard attuali di sicurezza — spiega Raffaella Barbierato, direttrice della Biblioteca Statale — impedendone di fatto anche la sola consultazione. L’unico precedente risale al 1989 con l’esposizione nelle sale della Biblioteca allora guidata da Goffredo Dotti, di una selezione di 74 acqueforti subito seguita da un catalogo curato da Angelo Ottolini con contributi di Luisa Cogliati Arano e dello stesso Dotti. Poi più nulla. L’aiuto del Rotary Club Cremona ci ha permesso quel primo, fondamentale intervento, piccolo ma determinante, e cioè sfilare a mano, una ad una, con il patema d’animo di danneggiarle, le 108 incisioni dalle pagine dell’album in cui erano custodite in speciali ‘tasche’ per poi, subito dopo, riporle in sicurezza all’interno di due cofanetti appositamente realizzati. Solo così potranno essere manipolate su entrambi i lati, ai fini della digitalizzazione. Operazione rischiosissima che abbiamo affidato alle sapienti mani di Luciano Sassi, restauratore di Isola Dovarese, il massimo esperto in conservazione del patrimonio librario e archivistico», aggiunge Barbierato.
«Che si tratti di un ritratto, di un paesaggio o di una rappresentazione scenica sacra o profana, l’opera rivela sempre la sapienza interpretativa della luce — scrive Cogliati Arano —. Col mezzo grafico e la sua capacità nel superare il colore, Rembrandt si esprime esattamente come in pittura». Attraverso le stampe della Biblioteca Statale di Cremona è possibile compiere un viaggio lungo tutta la carriera di Rembrandt incisore. Dagli esordi, in cui indaga la realtà del tempo (queste prove condurranno poi l’artista alla realizzazione nel 1631 del Ritratto della madre, la prima opera datata della raccolta cremonese) ai soggetti di genere (come il Venditore di veleno per topi e Mendicanti che ricevono l’elemosina alla porta di una casa) fino ai ritratti (nella raccolta cremonese si distinguono l’Autoritratto con la moglie Saskia del 1636 oppure l’Autoritratto appoggiato a un parapetto). Ampia è la sezione con scene sacre (Gesù che scaccia i mercanti dal tempio, La resurrezione di Lazzaro, La deposizione dalla croce ad esempio) dallo spiccato gusto narrativo e dove l’espressività dell’uso della luce si fonde nella carica drammatica della scena.
La collezione di stampe di Rembrandt della Biblioteca Statale è e sarà dunque custodita con quella cura che l’abate Bellò aveva richiesto come condizione. «C’è ancora tanto da studiare per rinnovare il catalogo, aggiornare la bibliografia, incrociare i dati con altre collezioni, condividere le scoperte e nello stesso tempo offrire nuovi strumenti di ricerca», conclude Barbierato. L’era del nascondimento si è chiusa, ora sappiamo che le 108 incisioni di Rembrandt non solo esistono ma si possono vedere. Con ammirazione e una punta d’orgoglio.
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