L'ANALISI
CREMONA: STAGIONE LIRICA
05 Novembre 2022 - 09:07
CREMONA - «O morte o amore». Sfumature, contrasti, sangue che gocciola su porfido e marmi. Gioconda è passione portata allo sfinimento all’interno di una Venezia lugubre e decadente. È marmoreo, trionfale e quasi eburneo il ritorno di Gioconda a casa: dal ’96 il teatro Ponchielli non vedeva eseguito il capolavoro del compositore da cui il teatro prende il nome. Un ritorno maestoso per un’opera maestosa. Filippo Tonon, che firma scene e regia, trasla l’azione narrata nel libretto di duecento anni in avanti, dunque nell’epoca in cui Arrigo Boito scrisse l’opera firmandosi come Tobia Gorrio (forse per la vergogna di aver scritto una trama così drammaticamente incomprensibile pur con versi di straordinario pregio). La scelta - tutto sommato superflua - si rivela efficace se si valuta la riambientazione in una Venezia, quella ottocentesca, ancora più tetra e sanguinaria (complici gli influssi culturali e letterari del Decadentismo e della Scapigliatura, della quale proprio Boito fu tra i maggiori interpreti).
Le scene di Tonon sono comunque di grande impatto visivo, non stupisce che questo allestimento nasca a Verona). L’austerità della scenografia non mina però la fluidità del dramma, che procede con grande scorrevolezza grazie a una serie di intelligenti accorgimenti registici, come i due grandi portali marmorei frequentemente in movimento che ricreano nuove ambientazioni o l’uso davvero sapientissimo delle luci di Fiammetta Baldiserri, che gioca sul dialogo chiaroscurale dei contrasti di cui è costellata tutta l’opera. Elegantissimi i costumi di Carla Galleri. Unica nota dolente è forse una coreografia della Danza delle ore, che risulta poco coraggiosa e un po’ incoerente con il progetto registico. Ciò detto l’allestimento esteticamente impeccabile e funziona benissimo. Sul versante musicale soddisfazioni anche maggiori.
Il title role è affidato a Rebeka Lokar, interprete già apprezzata al Ponchielli con La fanciulla del West dell’anno scorso. Nel canto di Lokar si coglie profondità della ricerca e approfondimento del personaggio, da cui consegue una resa eccellente di Gioconda, ben bilanciata tra registro acuto e basso. Angelo Villari è un Enzo meraviglioso e struggente. Ha i tratti dell’eroe romantico che non sa controllare il suo amore e dello spregiudicato traditore. Regala un «Cielo e mar» meritatamente coronato dall’applauso più lungo concesso dal pubblico in tutta la serata. È la Laura di Cristina Melis l’oggetto del suo amore. Una Laura che ben alterna nobiltà e struggimento. Angelo Veccia, con il suo timbro brunito ed efficace negli acuti quanto nei possenti gravi, tratteggia un Barnaba malefico ma che non trascende, anzi nella sua perfidia si incastona una certa nobiltà che evita una interpretazione macchiettistica del personaggio. Forse il migliore della serata sia sul piano vocale che su quello scenico (e non è cosa per nulla scontata).
Simon Lim è un Alvise vocalmente dotatissimo ma con una presenza scenica poco avvincente (e poco convincente). Gode tuttavia di una padronanza e profondità del timbro invidiabili che gli permettono una prestazione di alto livello. La Cieca di Agostina Smimmero commuove con «Voce di donna o d’angelo», cantata con correttezza e piacevoli sfumature. Francesco Ommassini dirige interpreti, coro e l’orchestra dei Pomeriggi Musicali trasmettendo la monumentalità richiesta dalla regia di Tonon ma senza trascurare le frazioni più intimistiche e delicate della partitura di Ponchielli. Una Gioconda da vedere, ascoltare e gustare: ci si innamora. In replica al Ponchielli domani alle 15,30.
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