L'ANALISI
07 Marzo 2022 - 05:10
La Crocifissione di Giovanni Battista Trotti, detto il Malosso
CREMONA - L’ha tolto dal cellophane, spostato dalla sagrestia e messo sull’altare: fino a Pasqua il dipinto della Crocifissione di Giovanni Battista Trotti detto il Malosso può essere ammirato nella chiesa di San Luca dai fedeli e da chi ama la bellezza, grazie alla decisione di padre Giorgio Viganò, economo dei Barnabiti.
L’opera è una delle quattro tele dell’artista inizialmente concepite per il tempietto del Cristo risorto, la cui cupola è affrescata dallo stesso Malosso. Da molti anni il tempietto aspetta un intervento di restauro troppe volte rimandato e le tele sono state spostate in un locale vicino al presbiterio di San Luca, protette e allo stesso tempo nascoste agli occhi del pubblico.
Nel 2019, grazie al Fai, le tele sono tornate eccezionalmente nel tempietto, appoggiate a terra per due giorni. Poi sono state di nuovo messe in sicurezza, invisibili agli occhi. Il significato religioso della tela è evidente: la Passione di Cristo è uno dei momenti centrali del Cristianesimo, senza il sacrificio del Figlio di Dio non ci sarebbe stata salvezza per l’uomo. E c’è una salvezza che può venire in aiuto di tutti, anche di chi non crede, ed è la bellezza. Lo si dice non per abusare della citazione di Dostoevskij - citazione che peraltro nell’Idiota non è scritta in questi termini -, ma perché l’arte può parlarci, indurci a riflettere, rasserenarci o inquietarci, e raramente ci lascia indifferenti. «In un momento così difficile e doloroso come quello che stiamo vivendo - conferma padre Viganò - credo sia giusto far vedere che l’uomo è capace anche di bellezza. Noi non siamo solo quelli che gettano bombe e uccidono, l’uomo è anche capace di creare capolavori. Come canta Marco Mengoni: ‘credo negli esseri umani che hanno coraggio di essere umani’».
La Crocifissione del Malosso resterà sull’altare almeno fino a Pasqua. Sono evidenti cedimenti e cadute di colore e forse l’esposizione della tela potrebbe sensibilizzare sulla necessità di un intervento di restauro. A padre Viganò piacerebbe esporre tutte e sette le tele: le cinque più grandi intorno all’altare, le due più piccole a incorniciare l’organo, che è stato restaurato e che sarà inaugurato ufficialmente nelle prossime settimane con un concerto. La Soprintendenza, tuttavia, nicchia. In attesa di una decisione definitiva, si può ammirare la Crocifissione.
Nato a Cremona nel 1555, Giovanni Battista Trotti, secondo lo storico dell’arte Marco Tanzi, «è di gran lunga l’artista più dotato della generazione post-campesca: c’è un abisso di stile e qualità con i pittori cremonesi contemporanei, ad esempio Andrea Mainardi detto il Chiaveghino o Gervasio Gatti, ed il polso della situazione è offerto dal prestigio dei suoi committenti».
Si forma con Bernardino Campi, di cui eredita la bottega e di cui sposa la nipote. Ma non gli sono estranei i lavori di Bernardino Gatti, di Antonio, Giulio e Vincenzo Campi, e fuori Cremona di Correggio, Tiziano e Veronese, oltre che di svariati autori dell’Italia centrale, da Federico Barocci ad Agostino Carracci. Pare che sia stato quest’ultimo ad affibbiare all’artista il soprannome di Malosso (cattivo osso).
Attivo a Cremona, Mantova, Busseto, Casalmaggiore, Piacenza e altre località nei dintorni, è stato pittore di corte a Parma, tra i favoriti di Ranuccio Farnese. Il tempietto del Cristo risorto si deve a Bernardino de Lera: è stato realizzato nel 1503, come ex voto perché la città aveva superato un’epidemia di peste. Il Malosso, che morì a Parma nel 1619, ci lavora nei primi anni del Seicento.
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