L'ANALISI
CREMONA: L'ALTRA ANIMA DEL VIOLINO
24 Febbraio 2022 - 09:16
I violoncellisti Mario Brunello e Giovanni Sollima
CREMONA - Un violoncello per due: conto alla rovescia per Suite Italienne, il concerto di Mario Brunello e Giovanni Sollima che domenica sera alle ore 21, all’auditorium del Museo del Violino, aprirà il ciclo L’Altra anima del violino. Diversi per attitudine e carattere, i due violoncellisti uniranno le loro abilità in un programma che spazia da Verdi ai Queen, senza dimenticare un tuffo nel barocco con Bach, riuscendo a soddisfare ogni gusto musicale. In vista dell’appuntamento cremonese, ci hanno raccontato del loro ritorno sul palco, dei buoni frutti del lockdown, della natura composita di questo spettacolo e, ovviamente, di violoncelli.
Quale è il regalo più prezioso che il ritorno graduale ai concerti vi sta donando?
Brunello: «Sentire come la musica che si scopre, si studia e si prepara a casa respiri poi insieme all’altra metà della musica, e cioè il pubblico».
Sollima: «Un nuovo ritmo scaturito dalla stasi; ma vedendo in tutto ciò soltanto aspetti positivi, personalmente, ho vissuto benissimo questo tempo sospeso. In ogni caso il regalo più prezioso è la ritrovata condivisione con il pubblico».
E cosa invece non vorreste disperdere dello stop imposto dai precedenti lockdown?
Brunello: «Non vorrei disperdere la possibilità di dare un po’ di riposo al pianeta, e a noi un po’ di consapevolezza. La consapevolezza del fatto che non comandiamo noi il pianeta, ma che è lui che ci dà il ritmo».
Sollima: «Proprio quel tempo sospeso di cui parlavo poco fa, trascorso rallentando, pensando, ascoltando ciò che la natura (ma anche noi stessi) tentiamo di comunicare. Poi ho scritto, studiato, portato a termine ricerche. Aver ripreso è importante e giusto, senza però dimenticare cosa un sano rallentamento può darci».
Da musicisti quale è la dote espressiva che l’uno invidia di più all’altro?
Brunello: «Non si invidia nulla, si apprezza e basta!»
Sollima: «Io non parlerei di invidia, piuttosto direi che il carattere può certamente dare qualche indizio sull’espressività in termini musicali. Di Mario mi è sempre piaciuta quella che definirei serenità ascetica, semplice e diretta ma profonda. Credo che questo spieghi - assieme a tanto altro - come vede e sente la musica e la profondità delle sue interpretazioni».
Con che spirito avete assemblato un programma così composito e lontano nel tempo?
Brunello: «Tutto è partito con un gioco di ‘falsi’, dagli strumenti che non sono originali ma copie, costruiti da bravissimi liutai contemporanei ma copie degli antichi che possediamo. Tutto ha obbedito a questo gioco di seguire musiche non propriamente originali ma che riflettessero qualcosa di originale che provenisse dal passato».
Sollima: «Ci divertiva l’idea del fake, cioè di tutto ciò che comprende trascrizioni (pratica antichissima), riscritture, rivisitazioni, ricontestualizzazioni. In qualche modo si creano curiosi incroci storici; Stravinsky che riscrive Pergolesi, che in realtà non è Pergolesi, un violinista ottocentesco del Teatro alla Scala che trascrive per due violini intere opere di Verdi, ecc. E poi le stesse ‘voci’ che io e Mario cerchiamo di evocare suonando due violoncelli a testa, cioè due tradizionali e due piccoli (Mario suona un 4 corde, una sorta di violino grande e io un 5 corde)».
Che valore ha per voi suonare al Museo del Violino?
Brunello: «È risaputo che quell’auditorium è stato pensato come uno strumento musicale, è un’esperienza sempre entusiasmante sentire di entrare all’interno di uno strumento».
Sollima: «Mi viene in mente qualche amico visual artist che da studente andava a disegnare al Louvre davanti ai dipinti. Non li copiava, si lasciava ispirare. Ecco, ispirazione, pur essendo consapevole che gli strumenti musicali sono organismi viventi e solo in parte riesco ad accettarli come opere d’arte esposte. Ma è anche vero che - se non sbaglio - continuano a ‘cantare’».
Se il violoncello non fosse già il vostro strumento, quale altro sarebbe?
Brunello: «Il canto di sicuro, ma visto che il canto è già il nostro strumento si possono solo creare strumenti capaci di arricchirlo. Per questo il violoncello piccolo è già una bellissima scoperta».
Sollima: «Potrei dire la Tiorba… in realtà farei l’architetto o, più precisamente, il designer».
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