L'ANALISI
29 Dicembre 2025 - 05:25
CREMONA - Ha trascorso il Natale come ogni altro giorno: di corsa, tra torte e brioches, biscotti e tartine. Tutti sfornati e decorati da lei. «La mia vita è monotona, poco interessante, perché raccontarla?» Perché con i suoi 21 anni, una forza di volontà rara e una freschezza commovente arricchisce la folta schiera di quelli che, per lo più nascosti, sono i veri eroi dei nostri tempi. Valentina Marchi, di Cappella de’ Picenardi, è la pasticciera di ‘Fratelli tutti’, la cooperativa sociale che si occupa di creare opportunità professionali e formative, con particolare attenzione al mondo della disabilità e della fragilità. «È bellissimo lavorare in mezzo a questi ragazzi, cerchiamo di rendere questo posto uno spazio in cui possano sentirsi liberi, senza la paura di venire giudicati».
Il «posto» è ‘Dolce e Salato’, il negozio inclusivo di via Robolotti dove Valentina, dopo pochi mesi in quello di via Buoso da Dovara poi chiuso, è arrivata tre anni fa, neo maggiorenne. «Mi è sempre piaciuto avere le mani in pasta, cucinare e così, finite le medie, ho scelto l’Enaip, l’istituto in zona stadio, con il suo corso di panificazione e pasticceria». Conseguito il diploma e dopo lo stage da un fornaio vicino casa, ha spedito in giro il curriculum. Con molte speranze, ma scarsa fortuna. «Cercavano gente già esperta, non alle prime armi anche se desiderosa di imparare». Conclusione: «Nessuno mi ha preso in considerazione».

Nessuno tranne il suo professore dell’Enaip. «Ha parlato di me con Pia (Abruzzi, vicepresidente di ‘Fratelli tutti’), che, fatto un breve colloquio, mi ha chiamata. Poco dopo sono diventata la responsabile del laboratorio sia per la panetteria che la pasticceria». Valentina è un’autodidatta. «Ho chiesto a Pia: sei sicura di volermi assumere? Avevo solo le basi, sono partita praticamente al buio. Ma mi hanno accolto benissimo».
E così ha superato il timore per il mestiere in sé come pure per l’ambiente intorno. «Non conoscevo la realtà della disabilità, confesso che questo fatto un po’ mi spaventava, non ero sicura di essere all’altezza. Però mi sono detta: provaci, tenta. Ora mi sento la pasticciera di queste persone, la loro sorella maggiore». Sta quasi per aggiungere «la loro madre», ma ricorda i suoi 21 anni e ci ripensa.
Dietro le vetrine si muovono due dei ‘suoi’ ragazzi, entrambi affetti dalla sindrome di down. «Simone, il più grande, che è fisso, e Riccardo, lui viene un paio di volte alla settimana. Il primo è un fuoriclasse a etichettare i cracker e appallottolare le pizzette e le focaccine: l’altro a fare i baci di dama e i biscotti. Simone è gentile, sempre disponibile, buono, è il caso di dire, come il pane; Riccardo si deve impegnare un pochino di più per lasciarsi andare, poi però inizia a cantare, ballare, abbracciarti. Li abbiamo ribattezzati la coppia che scoppia».
Valentina è affiancata da Monnalisa, cuoca insostituibile e generosa tuttofare: «Mi è stata sempre vicina, mi è entrata subito dentro, una manna dal cielo, non sarei qui se non ci fosse stata lei». Intorno a loro due e a Noemi, che sta al bancone, gravita un universo variopinto, sfaccettato. «Di tutto e di più, chi vuole fare volontariato e chi il servizio civile; studenti, alcuni dei quali portatori di handicap, gravi o meno gravi, da soli o accompagnati dagli educatori, per verificare sul campo se questa è un’esperienza che potrebbe essere portata avanti. Ho avuto una giovane molto chiusa, che non riusciva a parlare. Noi siamo contenti di contribuire a sbloccarsi. Quando dicono che si sono trovati bene e che vorrebbero tornare, il cuore mi si riempie di gioia. Irradiano allegria, mi rendono felice. Loro si divertono con noi, si portano a casa una piccola esperienza in più, un ricordo, ma lo stesso vale per noi. Mi basta anche solo strappare loro un sorriso. Ne ho visti tanti alternarsi tra queste mura».

Anche persone con altre fragilità. «Abbiamo progetti con i detenuti e con le ragazze madri, alcune hanno portato i loro figli. In particolare, mi sono molto affezionata a una bambina». Il suo regno è il laboratorio, nel retrobottega, ma all’occorrenza corre di là in cassa. «Sono un po’ il jolly della situazione. La mia giornata è molto lunga, certe volte non ho il tempo di sentire la stanchezza, ci faccio caso soltanto quando vado a letto».
Valentina è cresciuta umanamente ma anche sotto l’aspetto professionale. «Il dolce che preferisco è il pan di Spagna, una base con cui si può creare di tutto. Per lo più faccio torte per i compleanni, non sono mai uguali, ognuno le vuole in modo diverso. Quando ho carta bianca, amo sperimentare, provare nuove decorazioni, anche se vado un po’ nel panico perché ho sempre paura di sbagliare, di non soddisfare del tutto i clienti. Anche se talvolta soddisfatti non lo sono al cento per cento, i risultati si vedono. Ho commesso tanti errori, ma mi sento più matura».
È ancora più vero se detto da lei. «Sono molto critica con me stessa». Era anche molto chiusa, e taciturna. «I miei orizzonti si sono aperti, parlo volentieri con gli altri. Tutti coloro che sono stati qui, per due settimane o per 6 mesi, mi hanno aiutato a crescere, a diventare un minimo più grande, è grazie a loro se sono quello che sono».
Ha trovato il suo posto ma allo stesso tempo comincia a rivolgere uno sguardo al futuro. «Non so come e quando, ma vorrei tentare nuove strade, mettere tra parentesi la pasticceria classica e misurarmi con quella moderna, magari lavorando in qualche hotel». In un albergo la sorella Giulia, 24 anni, studi in Scienze turistiche, sta facendo la receptionist. «Io, naturalmente, continuerei con i dolci». Non è la prima in famiglia. «Mio zio Carlo, ora in pensione, mi ha preceduto in uno storico negozio di Cremona». È presto, prestissimo per dire dove andrà Valentina, ma qualunque sia quel luogo, porterà dentro di sé il sorriso di Simone, Riccardo e di tutti gli altri come loro. «Hanno dato importanza alla mia vita». Altro che monotona e poco interessante.
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