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IL PUNTO

Un esercizio per il 2026: il coraggio della verità

In una società sempre più polarizzata, bias cognitivi e pregiudizi spingono a negare i fatti e a privilegiare narrazioni ideologiche semplificate. Rimettere al centro il rispetto dei dati, il confronto e la responsabilità individuale e politica è una sfida decisiva per la qualità della vita democratica

Paolo Gualandris

Email:

pgualandris@laprovinciacr.it

28 Dicembre 2025 - 05:30

Un esercizio per il 2026: il coraggio della verità

In una fase fortemente iper polarizzata come quella che stiamo vivendo tanto a livello mondiale quanto in quello locale, gli individui tendono a cercare, interpretare e ricordare le informazioni in un modo che confermino le convinzioni preesistenti, resistendo attivamente alle prove contrarie. Di fronte a un’evidenza che mette in discussione la loro visione del mondo, le persone possono combatterla con tenacia o negare l’evidenza stessa. Molto spesso la scelta cade proprio su questa seconda opzione. Più comoda, più rassicurante, più facilmente ‘vendibile’ al proprio popolo. Tanto più se, come purtroppo accade, lo slogan prevale sul ragionamento. Una strada meno faticosa di quella che prevede una informazione più approfondita sui fatti prima di proporre conclusioni che distorcono la realtà a proprio uso e consumo. La responsabilità della politica dovrebbe, al contrario, andare nella direzione opposta. Invece, da sinistra così come da destra, si incappa nei cosiddetti bias cognitivi, cioè distorsioni nelle valutazioni di avvenimenti che spingono a ricreare una propria visione soggettiva che non corrisponde fedelmente alla realtà, ma utile per convalidare le proprie posizioni politiche e culturali ignorando o sminuendo i dati che le smentiscono. I pregiudizi, spiegano sociologi e psicologi, si fondano su stereotipi, che sono generalizzazioni rigide e preconcette su eventi, individui o gruppi. Questi offuscano la percezione oggettiva e rendono difficile il confronto con la realtà complessa.

Come spiega Francesco Chiesa nel saggio ’Responsabilità politica per il bias implicito’ pubblicato dal Centro di Ricerca e Documentazione Luigi Einaudi di Torino, la questione della responsabilità dei politici di fronte ai bias cognitivi è complessa e dibattuta, situandosi all’intersezione tra psicologia politica, etica e diritto pubblico. Non esiste una responsabilità legale diretta e formalizzata per decisioni influenzate da bias, ma si discute molto sulle implicazioni etiche e sui meccanismi istituzionali per mitigare tali effetti. Emblematico il caso del cosiddetto ‘Natale abolito’ all’asilo San Giorgio di Cremona, che abolito poi non era. Stando alle reazioni sui social resta prevalente una percezione negativa pur se non suffragata dai fatti. Contrastare il travisamento ideologico dei fatti è una responsabilità collettiva e individuale, pena un ulteriore decadimento delle relazioni sociali e umane. Visto il clima che generalmente si registra, si potrebbe addirittura affermare che questo è uno dei compiti imprescindibili nella prospettiva di costruzione di un nuovo Umanesimo. La manipolazione della verità erode la fiducia tra i cittadini e le istituzioni oltre ad alimentare divisioni e polarizzazioni a tutto scapito della serenità e della credibilità del confronto tra legittime opinioni. Da questo punto di vista, può essere allargato a tutte le categorie e a ogni individuo quanto previsto dal ‘Testo unico dei doveri del giornalista’ in vigore dal 1° gennaio 2021. All’articolo 1 prevede, tra l’altro, «È diritto insopprimibile la libertà d’informazione e di critica, limitata dall’osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui ed è loro obbligo inderogabile il rispetto della verità sostanziale dei fatti, osservati sempre i doveri imposti dalla lealtà e dalla buona fede». In poche parole è raffigurata una intera filosofia di vita e professionale. Parole che hanno un peso erga omnes, potendo essere fatte valere verso l’intera collettività. Perché, come diceva sir Winston Churchill, «una bugia fa in tempo a compiere mezzo giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni». Un esercizio non facile quello a cui tutti, indistintamente, siamo chiamati. Perché implica la necessità di trovare il coraggio di mettersi in discussione, di non credere a una teoria non vera solo perché ci fa comodo. Una questione vecchia come il mondo se Eraclito, filosofo greco antico, ammoniva già mezzo millennio prima della nascita di Gesù Cristo, «non troverai mai la verità, se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi di trovare». Il coraggio di accettare la verità dei fatti, anche quando ha un sapore amaro, un atto di maturità che permette di prendere decisioni più consapevoli, riconoscendo i propri limiti e le conseguenze delle scelte operate. Così tanto in ambito pubblico che nella sfera più privata. Mettersi in discussione implica l’apertura verso prospettive diverse da quelle che ci sono abituali, e che ci fanno restare nella nostra comfort zone, riconoscendo che le proprie ragioni potrebbero non essere sempre le uniche o le migliori. E qui torniamo alla politica di casa nostra, perché fortunatamente abbiamo avuto proprio in questi giorni un esempio di apertura all’altro, dove con questo ultimo termine si deve intendere l’interesse comune. Il riferimento è al lavoro di squadra bipartisan che ha portato alla strutturalizzazione del finanziamento governativo per il Monteverdi Festival, che ha visto attivi in diverse forme tra gli altri il senatore Renato Ancorotti di Fdi e Luciano Pizzetti, presidente Pd del Consiglio comunale. Così come pare farsi in discesa la strada di una coesione tra destra e sinistra nel sostegno alla proposta di Cremona capitale della cultura. In questi casi i pregiudizi di parte lasciano il campo alla consapevolezza che un eventuale successo dell’operazione sarebbe una medaglia per la città, non solo per una parte. Questa riflessione non può che concludersi con l’augurio di Buon 2026 ai nostri lettori e alle loro famiglie, sperando che possa essere un anno in cui ognuno di noi possa guardare senza pregiudizi alle ragioni dell’altro.

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