L'ANALISI
I SALUTI AL COMANDO
27 Dicembre 2025 - 09:23
Il saluto del consiglio comunale di Cremona al sovrintendente Franco Sforza
CREMONA - In questi giorni, nel quartiere Cambonino ma non solo, la notizia è rimbalzata di bocca in bocca: «Lo sai che Franco va in pensione?». Una domanda pronunciata con un pizzico di vertigine, con quel filo di apprensione di chi sottintende: «E ora?». Perché il vuoto lasciato da Franco Sforza, sovrintendente scelto della Polizia locale e vigile di quartiere amatissimo nelle periferie della città, non sarà facile da colmare. Andrà in pensione ufficialmente martedì, dopo trenta anni di servizio e un instancabile lavoro di prossimità, ascolto e supporto soprattutto nei margini della città, quelli dove poche 'divise' possono godere della sua stessa buona fama.
«Ho cominciato quasi per caso nel 1995 – racconta Sforza, ripercorrendo gli anni di servizio da vigile urbano –. Prima ho fatto il metalmeccanico per tredici anni ma poi il settore ha vissuto un momento di crisi. Proprio in quel periodo era uscito il bando per la Polizia locale e così ho deciso di partecipare». Entrato in servizio al Comando si è occupato di pronto intervento, viabilità e infortunistica stradale prima di essere assegnato al servizio di quartiere al Cambonino e a Sant'Ambrogio: «Per me era un'esperienza del tutto nuova e devo ringraziare il mio 'maestro' Roberto Ferrari, che mi ha insegnato e fatto amare questo lavoro».

Il compito del vigile di quartiere, in contesti dove la marginalità economica e sociale si intrecciano ancor oggi, consisteva nel farsi conoscere dalle persone e diventare un ‘punto di riferimento’ per i cittadini. «Sono andato porta a porta a presentarmi, entrando in casa delle persone. Mi vedevano con la divisa e questo in alcuni casi creava una barriera, ma io volevo diventare qualcuno di cui tutti potessero fidarsi».
Una prova di prossimità capillare, caratteristica dei vigili urbani, che Sforza ha superato in maniera eccellente e davvero con tutti: «Al Cambonino, dove vivono varie comunità straniere, tanti fanno ancor oggi una distinzione tra ‘noi e loro’. Non mi è mai piaciuta, per me le persone sono persone, con esigenze simili e diverse ad un tempo. Io sono sempre entrato in punta di piedi in tutti i contesti, mettendomi a disposizione. E questo, con il tempo, ha portato a una grande comprensione reciproca».
Un approccio che lo ha portato ad abbattere tante barriere che a volte sembrano insormontabili: «Le persone mi dicevano che nessuno le ascoltava, così ho deciso di tenere il telefono di servizio acceso a tutte le ore. E le persone chiamavano per tanti motivi, da chi doveva mettersi in contatto con l’Aler fino a chi mi chiedeva una mano con il ferro da stiro rotto». Un contatto con le persone che gli ha fatto capire «i veri problemi della gente. Certo, bisogna ‘sporcarsi le mani’ ma d’altronde siamo qui per questo. Anche se sento una narrazione pericolosa, soprattutto sui giovani troppo spesso additati come delinquenti. Ma finché non li conosci, questi giovani, non capirai mai da dove arrivano certi comportamenti, né come arginarli».

E tra le esperienze che ricorda con più affetto Sforza cita il rapporto con i graffitari: «Si ritrovavano, era il 2009, allo skatepark nel parco della scuola Bissolati. Alcuni residenti si erano lamentati per sporcizia e baccano, così sono andato a conoscerli. Con il tempo mi hanno accettato: io restavo un agente e quando c’era da riprenderli lo facevo, ma ho voluto parlarci. E non mi sono mai sentito disprezzato per il mio ruolo, così come non ho mai disprezzato loro per le loro abitudini: col tempo hanno preso a chiamarmi ‘Sfo’ e una volta – racconta sorridendo a occhi chiusi – ci è scappata anche una fetta di torta».
Un esempio che restituisce tutto l’approccio del vigile amico di tutti, capace di incarnare lo spirito di educazione oltre ogni retorica: «Tante volte abbiamo pulito assieme il parco o, quando qualcuno esagerò dipingendo sui leoni del duomo, abbiamo trovato insieme i responsabili e con loro abbiamo ripulito tutto. Per me è questo il senso del mio lavoro, al di là delle multe. Lasciare qualcosa nelle persone, che poi è la migliore forma di prevenzione».

Da qui anche l’impegno che lo ha portato, per 25 anni, a fare educazione stradale nelle elementari cremonesi, patentando migliaia di provetti pedoni e ciclisti. Dalle scuole alle comunità, Sforza è sempre stato in prima linea anche sul fronte della disabilità, diventando un amico per le cooperative sociali Agropolis e Lae, oltre che un aiuto fisso alla Casa dell’accoglienza. E in tutto questo, Sforza resta un uomo delle istituzioni cremonesi, fiero di rappresentarle nei momenti solenni: «Ci tenevo tanto a portare il gonfalone in occasione del corteo del 25 Aprile, l’ho sempre vissuto come un motivo d’orgoglio e quest’anno, l’ultimo con la divisa per me, è stato particolarmente significativo».
Guardando indietro, Sforza non ha rimpianti: «Sono contento di fare come ho fatto, anche andando oltre a formalismi e etichette: quando sentivo che qualcosa andava fatto lo facevo e punto». E ora che è pronto a godersi la pensione, Sforza non ha alcuna intenzione di ‘sedersi’: «Voglio rallentare, ma tutti sanno che ci sarò per dare una mano. Nelle prossime settimane c’è da completare il trasloco di Agropolis, ci sono le attività della Lae e la Casa dell’accoglienza ha sempre bisogno d’aiuto. E poi devo prendermi cura dei 6 minori stranieri non accompagnati di cui sono tutore volontario».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris