L'ANALISI
27 Dicembre 2025 - 05:30
CREMONA - È stato colui che ha traghettato il Politecnico dalla sede di via Sesto al nuovo campus di via Bissolati, realizzato grazie a Fondazione Arvedi Buschini, è chi ha assistito alla crescita del polo cremonese, presente fin dalle origini nel 1987, braccio destro di Claudio Maffezzoni, prematuramente scomparso nel 2005, cui si deve la rivoluzione del tre più due, in anticipo sui tempi della riforma: Gianni Ferretti è stato testimone e autore delle trasformazioni del polo cremonese.
A fine anno passerà il testimone a Luciano Baresi, professore del Dipartimento di Elettronica, Informazione e Bioingegneria. Alla vigilia dell’avvicendamento Ferretti offre uno spaccato di un impegno a favore del Politecnico, destinato a proseguire nella docenza e secondo le esigenze che emergeranno nella nuova realtà del Campus.
«La nomina formale a prorettore risale al primo gennaio 2011 — racconta —. Prima non esisteva la figura del prorettore per Cremona: c’era il presidente del Centro per lo sviluppo del Polo. Di fatto sono stato il primo prorettore del Polo territoriale di Cremona».
Perché il Politecnico sentì l’esigenza di istituire questa nuova figura?
«Perché il Polo era cresciuto. Aveva raggiunto un livello di sviluppo tale da essere considerato a tutti gli effetti un Polo territoriale, non più soltanto un progetto in espansione. Era necessario un riconoscimento istituzionale più forte e una governance adeguata».
In questi anni non ha mai smesso di insegnare.
«Assolutamente no. Ho continuato a insegnare a Milano, a Cremona e anche a Piacenza. Il ruolo gestionale non ha mai sostituito quello accademico: per me sono sempre stati complementari».
Dal 2011 al 2025: come è cambiato il Polo di Cremona?
«Il Polo ha progressivamente trovato una sua identità chiara, legata alle vocazioni del territorio».
Qual è stata la vera svolta?
«L’attivazione della laurea in Music and Acoustic Engineering. È arrivata dopo anni di ricerca al Museo del Violino e di collaborazione con il mondo della liuteria. In quel momento Cremona ha riconosciuto pienamente la propria vocazione musicale e il Politecnico ha saputo accompagnarla. Il lavoro dei professori Augusto Sarti e Fabio Antonacci ha fatto il resto».
Non sono mancati però momenti difficili.
«È vero. Penso alla chiusura della laurea in Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, dovuta purtroppo al numero insufficiente di studenti. Sono scelte dolorose, ma necessarie. Non tutte le scommesse possono essere vinte, ma la forza del Politecnico è da sempre quella di guardare avanti e precorrere i tempi, con la consapevolezza che il Politecnico ha nel suo Dna fornire ricerca, capacità di formazione al comparto produttivo, sempre in stretta sinergia con il tessuto economico. Tutto ciò si chiama ricerca applicata, ricerca che si sviluppa grazie al rapporto con il tessuto imprenditoriale dei territori all’interno dei quali il Politecnico agisce».
Oggi accanto a musica e acustica c’è una nuova direttrice: l’ingegneria per l’agricoltura.
«È l’ultima nata e, a mio avviso, una delle più promettenti. Risponde a una necessità ancora poco percepita dagli ingegneri, ma sempre più evidente per il mondo agrario: l’integrazione profonda tra competenze tecnologiche e produzione agricola. Ancora una volta siamo in anticipo sui tempi».
Con il nuovo campus si apre una fase diversa.
«Uso spesso la metafora della macchina da corsa. Ci hanno fornito una Ferrari e ora bisogna avere la forza di sfruttarne tutta la potenza. Non abbiamo più scuse. La struttura è imponente, ma adesso va messa a frutto con la ricerca, i laboratori, le persone. È un momento di grande speranza e anche di responsabilità».
Il Politecnico continua a investire su Cremona.
«Sì, dal prossimo settembre partirà una nuova laurea triennale in inglese, Process Engineering. È una scommessa importante, sostenuta con grande entusiasmo dall’ateneo. Rafforza ulteriormente il profilo internazionale del Polo».
Non c’è rischio di sovrapposizione con Piacenza o Milano?
«No, perché le vocazioni sono chiare e distinte. Cremona è ICT, musica, acustica e agri-tech. Piacenza è manufacturing e meccatronica. I poli territoriali nascono proprio per sostenere le specificità dei territori, non per duplicare l’offerta».
Cosa la rende più orgoglioso, guardando al suo mandato?
«La riconoscenza di tanti studenti che hanno intrapreso carriere brillanti. È senza dubbio la soddisfazione più grande».
E i rimpianti?
«Vivo questo passaggio con serenità. Ci sono stati momenti difficili, ma oggi guardo avanti. Continuerò a insegnare, a fare ricerca, soprattutto nell’agri-tech, e a collaborare allo sviluppo del Polo».
Il futuro passa anche dall’Osservatorio Smart Agrifood.
«Certamente. L’arrivo di Filippo Renga rafforza la magistrale e la vocazione agroindustriale del Polo. L’Osservatorio fotografa i trend, le necessità e i possibili sviluppi del settore: è uno strumento strategico».
Un messaggio finale?
«Il Polo di Cremona ha due anime forti e riconosciute: musica e acustica, agricoltura e tecnologia. Ora ha anche gli spazi e le competenze per crescere ancora. Il futuro è tutto da costruire, ma le basi sono solide».
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