L'ANALISI
23 Dicembre 2025 - 05:25
CREMONA - La sua carriera parla da sola. Per quasi 50 anni è stato magistrato, ordinario e tributario. Da pretore (nel 1970) a consigliere di Cassazione per 12 anni, Carlo Maria Grillo, di famiglia irpina, cremonese d’adozione, è tra i pochissimi magistrati, in Italia, ad essere arrivato ai vertici, svolgendo funzioni apicali per quasi 15 anni, sia giudicanti - presidente della Corte d’Appello di Trento e presidente del Tribunale di Cremona - che requirenti: 7 anni procuratore della Repubblica. Ce n’è abbastanza per considerarlo particolarmente addentro alla questione sulla separazione delle carriere tra giudici e pm.
Lei ha appena aderito al maxi Comitato del Sì al referendum, il Comitato ‘Sì Riforma’ fondato, tra gli altri, da Nicolò Zanon, già vicepresidente della Corte Costituzionale, e dal giornalista ed ex direttore Alessandro Sallusti. Fino alla Riforma Vassalli- Pisapia del 1988-1989, lei, però, è stato contrario alla separazione delle carriere.
«Sono stato strenuamente contrario».
Perché?
«Perché la riforma ha cambiato le carte in tavola. Infatti, ha introdotto in luogo di quello accusatorio (il codice fascista Rocco, imitato in tutto il mondo) il processo cosiddetto accusatorio-garantista, basato sulla parità accusa/difesa e terzietà del giudice. Sono sempre stato estremamente critico in articoli e convegni, nei confronti del ‘nuovo processo’ scopiazzato male dagli anglosassoni (vedi Perry Mason) e calato in un ordinamento giuridico del tutto estraneo. Io avevo detto: è un trapianto d’organo a rischio rigetto. Una riforma non certo di destra: Vassalli, ministro della Giustizia, era avvocato, socialista e partigiano; Pisapia, presidente della Commissione ministeriale, era un avvocato comunista. Ma una riforma incompiuta».
In che senso, incompiuta?
«Il pm viene definito non più ‘parte imparziale’ (è un ossimoro: sostiene l’accusa con il dovere di imparzialità), ma ‘pubblico accusatore’ che scende, quindi, dal banco del giudice, anche come postazione fisica. A quel punto, quando non è più parte imparziale, ma è un pubblico accusatore, è organo di giustizia o di parte?».
Dopo questa scelta ‘mai condivisa’, lei è per il sì alla separazione delle carriere tra giudici e pm con la creazione di due Csm e di un’Alta Corte disciplinare.
«Sì per la separazione ordinamentale e non solo funzionale tra giudice e accusatore. Occorre rompere, finalmente, ogni rapporto di colleganza, prevedendo, quindi, anche differenti percorsi professionali e organi di autogoverno. Identica formazione, identico concorso, in genere identica location (porta a porta), unico Csm, unico giudice disciplinare, possibilità di passaggio da requirente a giudicante, unico corpo elettorale per il Csm sono incompatibili con la terzietà del giudice e la parità delle parti. Lo stesso Vassalli voleva eliminare il riferimento della sua riforma al ‘sistema accusatorio’, ritenendo che la semplice separazione funzionale dei magistrati (senza quella ordinamentale) non attua tale sistema, per cui sarebbero stati necessari ulteriori interventi normativi. Le cito un passaggio dell’intervista rilasciata da Vassalli a Torquil Dick Erikson (Financial Time del 19 dicembre 1987».
Prego.
«‘La Magistratura ha un potere enorme su quello legislativo’; è ‘il più grande gruppo di pressione palese che noi abbiamo finora conosciuto in Italia (riassumo: i giudici soggetti alla legge impongono le loro scelte al legislatore); corpo veramente corporativo (una lobby); il ministro è circondato solo da magistrati distaccati al ministero di Grazia e Giustizia, che presiedono a tutti i settori, anche quelli tecnici e contabili; L’Italia è un Paese a sovranità limitata dalla magistratura nelle questioni di Giustizia; Bisogna fare buon viso a cattivo gioco, e attuare quel poco che si può’. Non a caso, Vassalli si riprometteva di metterci mano ancora».
E, non a caso, tra i tanti Comitati per il sì, svetta quello intestato a Vassalli.
«Esatto. Aggiungo che c’è un equivoco di fondo».
L’equivoco che si tratti della riforma della Giustizia?
«La riforma non è finalizzata a risolvere i problemi della giustizia (lenta, farraginosa e inefficace) che tale probabilmente resterà fino a nuovi interventi normativi, ma a risolvere i problemi della magistratura che dovrebbe diventare o comunque apparire, più affidabile e credibile. Con il Sì il processo accusatorio farebbe un passo in avanti, secondo gli intenti degli artefici. Politicizzandolo, si snatura il referendum che è estremamente specialistico. Innanzitutto, non è vero che tutta l’opposizione vota ‘no’: Renzi, Calenda, Di Pietro, Concia, D’Alema, Bettini, De Luca e tanti altri hanno dichiarato che voteranno sì. Così come non è vero che tutti i magistrati voteranno ‘no’, nonostante la chiara e scorretta scelta di campo dell’Anm».
Perché scorretta?
«Perché loro rappresentano tutti i magistrati: non solo quelli che voteranno ‘no’, ma anche quelli che voteranno ‘sì’ ».
In Italia ci sono circa 9mila magistrati. Quanti sarebbero per il sì?
«Anche se non si espongono, circa il 20% dei magistrati, cioè circa 2mila».
E gli avvocati?
«Degli avvocati, invece, sui circa 250mila, l’80% sarebbe per il sì, quindi oltre 200mila. Dunque, gli addetti ai lavori in stragrande maggioranza (4/5) voterebbero sì, i comuni cittadini (che voteranno), ignari della materia, seguiranno invece, molto probabilmente, gli input politici».
Riepiloghiamo le novità della riforma.
«Due Csm con differenti concorsi d’accesso e percorsi formativi e carriera; stop alle porte girevoli giudicanti-requirenti, già notevolmente ridotte dalla legge Cartabia; istituzione di una Alta Corte disciplinare (estranei ai Csm) e sorteggio dei componenti sia per il Csm sia per l’Alta Corte».
Il sorteggio eliminerà le correnti?
«Auspico che il sorteggio sia pieno, tra tutti gli aventi diritto».
Molti magistrati sostengono che con questa riforma il governo li voglia punire.
«Soprattutto i pm, secondo cui la separazione delle carriere è il primo passo per sottoporli al potere politico».
Non è così?
«Assolutamente no. Occorrerebbe un’altra legge costituzionale anch’essa soggetta a referendum confermativo».
Spieghi che tipo di referendum è questo, quale quorum è richiesto e come incide l’assenteismo.
«È un referendum confermativo (articolo 138 della Costituzione). Trattandosi di legge già approvata e pubblicata, che riforma la Costituzione (quindi non ordinaria), non essendoci stata una determinata maggioranza parlamentare, può essere promulgata solo se confermata dalla maggioranza degli elettori quando c’è domanda (500mila elettori, 5 Consigli regionali o 1/5 della Camera). Non c’è quorum (numero legale) per la validità del referendum. È essenziale quindi la partecipazione, non avendo peso gli assenti come nel referendum abrogativo».
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