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GIUSTIZIA: L'INTERVISTA

L'avvocato Aiello voce fuori dal coro: «Perché voto no al Referendum»

«La separazione delle funzioni esiste, regolata dalla legge Cartabia. L’alta corte disciplinare e il sorteggio non cancelleranno le correnti»

Francesca Morandi

Email:

fmorandi@laprovinciacr.it

13 Dicembre 2025 - 05:20

L'avvocato Aiello voce fuori dal coro: «Perché voto no al Referendum»

L’avvocato Ermete Aiello è per il ‘no’ alla separazione delle carriere tra giudici e pm

CREMONA - Quasi tutta l’Avvocatura è unita per il . L’avvocato Ermete Aiello, invece, è per il ‘no’ alla separazione delle carriere tra giudici e pm. La sua è una delle poche voci fuori dal coro. «Preso atto che è già scesa in campo la fanteria a sostegno del ‘’, ritengo opportuno, da vecchio avvocato libero da condizionamenti, in assoluta e piena indipendenza non essendo iscritto ad alcuna associazione di categoria, né ad alcun partito, motivare perché voterò No al referendum».

I fautori del sì sostengono che la separazione delle carriere consente di completare il percorso verso il giusto processo, garantendo che vi siano un’accusa e una difesa in condizioni di parità davanti a un giudice effettivamente terzo. E lo stop alle correnti politicizzate. Lei perché voterà no al referendum?
«Credo si debba ragionare non per schemi corporativi, ma per schemi razionali e sono certo che gli avvocati che sono ‘dentro’ la materia in discussione, superando la consolidata diffidenza nei confronti della magistratura, valuteranno con obiettività, magari anche per loro esperienza, la propria determinazione al voto. È d’obbligo, però, rendere il più chiaro possibile per il singolo elettore di cosa si tratta per poter esprimere un voto consapevole».

Chiarisca di che cosa si tratta.
«Una considerazione preventiva mi sento in obbligo di fare».

Quale?
«Per non correre il rischio di essere accusato di blasfemia, voglio solo fugacemente ricordare come alla Costituente, nel gruppo di lavoro che doveva elaborare il testo sulla magistratura, c’erano, tra gli altri, Piero Calamandrei, Giuseppe Dossetti, Costantino Mortati, Giovanni Leone, Palmiro Togliatti, Aldo Moro ed altri che non ricordo».

Persone dall’elevatissimo spessore giuridico e culturale...
«Oggi, la proposta referendaria di modifica costituzionale, certamente voluta dal Governo e votata dal Parlamento, trova l’input nel ministro Carlo Nordio».

E quindi?
«Mi astengo dal commentare».

Entriamo nel merito della modifica.
«A ben guardare, la modifica non istituisce una vera e propria separazione delle carriere, in quanto tra pm e giudici restano identiche la progressione delle carriere e la progressione delle retribuzioni».

La separazione delle carriere porrebbe fine al fenomeno delle ‘porte girevoli’, il passaggio dei magistrati da una funzione all’altra.
«La separazione delle funzioni è già esistente e regolata dalla legge Cartabia, per la quale il passaggio da una funzione all’altra può essere esercitata una sola volta e solo nei primi dieci anni, ma a condizione che il richiedente vada ad esercitare in altra Regione. Già di fatto, una sorta di separati in casa».

Il nodo centrale della riforma è l’istituzione dell’Alta Corte disciplinare e il sorteggio secco nella composizione di due Csm, strumenti che, secondo i fautori del sì, avrebbero l’obiettivo di ‘liberare la magistratura dal potere delle correnti politicizzate’ e di restituire la funzione giudiziaria a un giudice veramente libero e autonomo, che risponda solo alla legge. I due Csm saranno entrambi presieduti dal Presidente della Repubblica, una garanzia.
«Ma questo non elimina affatto la valenza delle correnti che pur continueranno ad esistere. Ora, se la magistratura veniva e viene considerata una ‘casta’, con la riforma si creerebbe una supercasta: la casta dei pm, 1.200 magistrati che si autogovernano e si autogestiscono, con un potere sempre più crescente, alla faccia della parità delle parti nel processo, rivendicata sempre dall’Avvocatura e che proprio con le conseguenze della separazione verrebbe ancora più disattesa».

In altri Paesi i pm sono separati dai giudici.
«Ma lì sono eletti, dipendono in qualche modo dal Governo e non c’è l’obbligatorietà dell’azione penale».

C’è chi sostiene che il giudice si appiattisca sulle posizioni del pm.
«La proposta referendaria non elimina tout court l’eventuale appiattimento (ci ricordiamo della stagione di Mani pulite). Se è vero che il pm ha possibilità istruttorie notevolmente superiori a quelle della difesa (la modifica rafforzerebbe la prevalenza) è nel dibattimento che si forma la prova ed è sulle risultanze processuali che il giudice terzo deve decidere. Vorrei aggiungere un’altra considerazione».

Prego.
«È sempre stato sbandierato che le riforme devono essere fatte a costo zero. Ebbene, il Csm ha un bilancio di circa 50 milioni annui, con 219 dipendenti amministrativi, 32 assistenti dei consiglieri, 20 magistrati (segreteria, ufficio studi ed altro), 15 carabinieri e un colonnello».

Intende dire che con l’istituzione di due Csm i costi raddoppierebbero?
«Sarebbero più che raddoppiati».

Serve la riforma per il giusto processo?
«Per quanto attiene al giusto processo, credo che un miglioramento del servizio giustizia si possa ottenere senza dubbio con un potenziamento del personale amministrativo, ma anche con un rafforzamento delle funzioni del Gup, giudice dell’udienza preliminare, che deve veramente verificare la sostenibilità delle tesi accusatorie in sede dibattimentale; una effettiva attività di indagine del pm, a favore dell’imputato, come prescrive il codice (non mi è mai capitato); una corretta considerazione delle memorie difensive nei termini del 415 bis, l’avviso di conclusione delle indagini preliminari. Mi è successo in qualche tribunale di verificare che la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pm avesse la data di scadenza dei prescritti 20 giorni coincidente con il deposito delle memorie difensive».

Il pm non aveva letto nulla.
«Nulla. In ultimo, un maggior rispetto dell’avvocato che tutela i diritti dei cittadini. Ce n’è abbastanza per giustificare il mio no al referendum, ricordando solo quello che diceva Calamandrei ai padri costituenti con le parole di Dante: ‘Facesti come quei va di notte/ che porta il lume dietro e sé ne giova/ ma dopo sé fa le persone dotte’».

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