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LA STORIA

Da 100 e lode al MIT: il talento di Vittorio Fiammenghi

Scelto dall’università numero uno al mondo. A soli 20 anni, studia Ingegneria elettronica e informatica e viene selezionato per un’esperienza di ricerca internazionale su intelligenza artificiale e percezione umana. Il suo messaggio ai più giovani è chiaro: credere in sé stessi e costruire il proprio percorso passo dopo passo

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

21 Dicembre 2025 - 05:25

Da 100 e lode al MIT: il talento di Vittorio Fiammenghi scelto dall’università numero uno al mondo

CREMONA - Lo scorso ottobre è tornato nella sua scuola, il liceo scientifico Gaspare Aselli, indirizzo tradizionale, dalla quale due anni fa è uscito con 100 e lode. E vi è tornato per lanciare un messaggio ai giovanissimi studenti: "You can do it", "ce la puoi fare". Vittorio Fiammenghi ha 20 anni, a Stoccolma sta frequentando il secondo anno di Ingegneria elettronica e informatica. Studia la scienza dei computer. Ora è stato selezionato, unico studente universitario cremonese, al Mit – Massachusset Institute of Technology – per il 14esimo anno consecutivo la migliore università al mondo nella classifica QS World University Rankings. Da qui sono usciti nomi eccellenti che hanno fatto la storia dell’istituto. Da Buzz Aldrin, il secondo astronauta a camminare sulla Luna dopo Neil Amostrong, comandante della missione Apollo 11 del 1969, all’ex premier Mario Draghi. Da Kofi Atta Anna, dal 1997 al 2006 settimo segretario generale delle Nazioni Unite e nel 2001 Premio Nobel per la pace con l’Onu, a Sundar Pichai, amministratore delegato di Google

mit

A giugno prossimo, da Stoccolma Vittorio volerà a Seoul, in Sud Corea: per tre mesi affiancherà un ricercatore nel Mit senseable city lab di Carlo Ratti, laboratorio che tratta di intelligenza artificiale e percezione umana. Quello di Seoul è uno dei 4 laboratori che il Mit ha nel mondo.

"You can do it". Perché "noi abbiamo una responsabilità: portare altri ragazzi a credere che questa cosa sia possibile. Quello che io ho fatto non è impossibile. Non è questione di intelligenza, di prendere 10 in tutte le materie, ma di essere in grado di superare le proprie difficoltà, di costruirsi un carattere sull'esperienza", il primo messaggio di Vittorio. Insieme all’altro: "Noi abbiamo anche la responsabilità di andare, conoscere e tornare per restituire quello che abbiamo avuto la fortuna di vivere e di ricevere".

Già alle scuole elementari, Vittorio ha in testa di fare l’ingegnere. C’è un po’ di Dna del padre Giorgio, laurea in ingegneria meccanica. Vittorio bambino gioca con il Lego. "A ogni Santa Lucia lo chiedevo". Costruisce "un grande ragno, un razzo della Nasa". Monta, smonta e rimonta, "perché non può finire qui il divertimento".

Al liceo, matematica è la sua materia preferita. E qui c’è un po’ di Dna della madre Rossana, laurea in Economia e commercio. L’idea di provarci al Mit gli balena un anno fa. Vittorio ne parla con un architetto cremonese, Giancarlo Bocchi Magnoli, uscito dalla prestigiosa università. Ad agosto scorso, da Stoccolma invia la domanda a Boston. E Boston risponde con un mail che arriva alla mezzanotte di un venerdì: "Siamo interessati ad ascoltarla per un lavoro che ha svolto in questo periodo". Di esperienze Vittorio ne ha fatte. Nel suo bagaglio c’è il quarto anno di liceo a Vancouver ("Ho il doppio diploma, canadese e italiano"), c’è lo stage alla Ducati nell’estate della quinta liceo. E c’è il basket. 'Guardia' nella Vanoli, poi nella Sansebasket. Ora a Stoccolma allena i ragazzini di 12 anni. E sempre a Stoccolma "in università ho fondato un club di persone all’interno del mondo accademico o lavorativo. Vengono a parlare di un argomento, ascoltiamo e apprendiamo".

Boston chiama Vittorio. Gli chiedono una presentazione di 6 minuti e 40 secondi con 20 slide; 20 secondi per slide. "Avrei esposto durante una di quelle che vengono chiamate lezioni del pranzo con tutta la squadra che gioca all’interno del laboratorio che è lì che ti ascolta". Che cosa presentare? "Dovevo trovare qualcosa. Ho esplorato gli argomenti sviscerati nei loro laboratori, i loro progetti". Vittorio parla di "sensoristica urbanistica". "Le faremo sapere". Due settimane dopo, la mail: "La presentazione è piaciuta". Una decina di giorni dopo, un’altra mail, quarto step di selezione: 'Vogliamo fare un altro colloquio'. A inizio novembre, Vittorio fa il colloquio con il capo del laboratorio e con il responsabile di tutti i laboratori. "Ci sei piaciuto - gli dicono -, è che sei ancora molto giovane. Noi abbiamo ricercatori e dottorandi. Bravissimo, perché sei arrivato sin qua, ma forse è meglio aspettare qualche anno prima di accoglierti in questo ambiente". C’è un però. "Però, se questo ragazzo è riuscito a raggiungere questo obiettivo, vuol dire che se lo prendo all’interno del mio laboratorio, promuovo che altri ci provino". A giugno, dopo aver dato l’ultimo esame del secondo anno, da Stoccolma Vittorio andrà in Sud Corea. "Inseguite i vostri sogni, la vostra determinazione".

Il suo futuro lo vede in Italia. Il suo sogno, lavorare in Apple. Steve Jobs per mito. E poi c’è l’altro idolo sportivo: Kobe Bryant. In camera da letto, Vittorio ha appesa la maglia della leggenda del basket. Con il Lego gioca ancora. "Con mio nipote di 7 anni e mi diverto moltissimo".

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