L'ANALISI
15 Dicembre 2025 - 05:30
CREMONA - «Le persone che chiedono da mangiare sono raddoppiate: non possiamo reggere a lungo questi ritmi». Una richiesta di aiuto, quella lanciata dalle Cucine Benefiche, che accende i riflettori su una situazione sempre più critica, rimasta finora nell’ombra: la mensa gratuita che nutre decine di cremonesi fragili e in condizioni di indigenza, gestita dall’Associazione San Vincenzo De Paoli, è sottoposta ad una pressione senza precedenti.


Colpa dell’impennata di povertà scatenata da fattori noti, dall’inflazione al caro vita. «Da un anno — entra nei dettagli il presidente, Massimo Fertonani (nella foto) — le persone che vengono da noi per un pasto caldo completo sono diventate 70-80 al giorno. Prima del 2024 erano la metà, 35-40: cifre che abbiamo tutto sommato sempre avuto».
L’associazione sta cercando di far fronte all’ondata di richieste mettendo in campo sforzi enormi. Tuttavia, se le cose non cambiano, la macchina rischia il collasso. «Nelle scorse settimane — prosegue Fertonani — ho incontrato gli associati e ho mostrato loro che questa situazione per noi è economicamente insostenibile. Però ci sono tutte le premesse per dire che i numeri in futuro non andranno calando».
Come è noto, le risorse economiche che permettono alle Cucine benefiche di prendersi cura dei poveri provengono esclusivamente dalle offerte degli associati, dei cittadini e della Chiesa cremonese. «Non ricevendo fondi pubblici — chiarisce Fertonani — ci affidiamo (come abbiamo sempre fatto) alla bontà di chi ci conosce e ci vuole bene. In questo momento, però, ci dobbiamo scontrare con il fatto che le spese sono molto superiori alle entrate. Riusciamo a garantire l’attività, in questi mesi, grazie ai fondi che nel tempo abbiamo messo da parte per gestire emergenze».
Eppure, se la pressione resta la stessa, non ci saranno alternative: le regole saranno modificate. «Se le cose non cambiano — ammette Fertonani — dovremo necessariamente operare scelte inedite, e purtroppo drastiche».
Tante le ipotesi al vaglio. «Stiamo ragionando sull’idea di offrire una minor quantità di cibo, oppure di stabilire una sorta di ‘turnazione’ per chi ha bisogno di un pasto caldo da noi». Oppure, quel che più spaventa la San Vincenzo, «entrare nel merito delle situazioni dei singoli, con criteri preferenziali per stabilire chi ha più bisogno di altri». Sarebbe la prima volta nella storia.
«Siamo aperti dal 1916, da più di un secolo. Non abbiamo mai fatto differenze fra le persone che si rivolgono a noi. Chi viene alla nostra mensa, l’unica gratuita in città, è sempre stato accolto, perché qualunque forma di povertà deve essere soccorsa».
L’appello finale: «L’associazione si affida alla generosità dei cremonesi. Cittadini, imprese, enti del territorio. Iniziative come quella del Pasto Sospeso, avviata da circa due anni, ci hanno dato una grossa mano, raccogliendo quasi 60mila euro. Sono tanti i cittadini che ci dimostrano la loro vicinanza, anche in modo concreto. Ma nel bilancio di un anno per sfamare 80 persone al giorno serve qualche decina di migliaia di euro in più».
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