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LA STORIA

Voce e chitarra: la lirica vola in Africa

Galbiati dal Monteverdi a Nairobi, passando dal Maggio Fiorentino. «Pubblico entusiasta»

Nicola Arrigoni

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narrigoni@laprovinciacr.it

07 Dicembre 2025 - 05:10

Voce e chitarra: la lirica vola in Africa

Una scena di ‘Opera Amore’, l’allestimento dedicato al melodramma portato in tour in Africa

CREMONA - Portare la lirica in Africa e farlo con le nuove leve del bel canto, fra cui Michele Galbiati, chitarrista e tenore, formatosi al Conservatorio Monteverdi. Artista duttile, fisico prestante, voce importante e un’abilità di chitarrista classico da non sottovalutare, a Galbiati piacciono le sfide e ha accolto con entusiasmo la possibilità di prendere parte al progetto, ideato da Marco Maria Cerbo e Francesco Micheli, realizzato dall’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino su commissione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale in collaborazione con il Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. «Si tratta di un progetto più ampio che si propone di diffondere il melodramma italiano nel mondo; la collaborazione tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e l’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino nasce in occasione del riconoscimento dell’opera lirica italiana come Patrimonio immateriale dell’Umanità da parte dell’Unesco proprio con questo scopo», spiega Galbiati.

galbiati

Michele Galbiati, chitarrista e tenore, formatosi al Conservatorio Monteverdi

Tutto ciò ha avuto come esito ‘Opera Amore’, «un’opera da camera, adatta quindi a piccoli spazi e facilmente trasportabile. Dopo il debutto a Firenze, lo spettacolo ha preso il volo per l’Africa — spiega —. Il soggetto è la storia stessa del melodramma. La musica è di Federico Gon, il libretto di Alberto Mattioli, la regia di Micheli. Lo spettacolo racconta la nascita e l’evoluzione dell’opera lirica attraverso otto numeri musicali, ognuno dei quali fa riferimento ai differenti stili compositivi che si susseguono nella storia del melodramma, da Monteverdi a Puccini

«È stato un viaggio intenso, che ci ha portato da Lagos ad Addis Abeba, per poi scendere in Kenya, a Nairobi, e infine a Johannesburg — prosegue Galbiati —. Tutti posti eterogenei fra loro, ma che descrivevano bene le realità locali; sebbene il tempo a disposizione fosse poco la mia curiosità mi ha portato a conoscere situazioni completamente estranee alla realtà occidentale, uno stimolo continuo e tanta necessità di adattamento. La sfida più grande per la riuscita dello spettacolo è stata reggere ai cambiamenti climatici da zona a zona e ai lunghi voli aerei, ma devo dire che il fisico ha reagito bene».

«Se ripenso al primo incontro con la compagnia, a dicembre 2024, non potevo immaginare l’approfondimento che sarebbe seguito nei mesi successivi, soprattutto dal punto di vista scenico — prosegue Galbiati —. La ricerca di intenzioni chiare, negli sguardi, nelle azioni, nella recitazione in generale, si è rivelata essenziale ancor di più in uno spettacolo concepito per un pubblico estraneo al mondo dell’opera. Micheli ha lavorato con ognuno di noi alacremente, sia singolarmente sia nelle relazioni tra i personaggi. Ogni sera, nella mia stanza a Firenze, ripetevo i movimenti al fine di renderli credibili. In aggiunta a questo, ‘Opera Amore’ non ha quinte, si tratta di una metaopera, cioè un’opera che ha come soggetto l’opera stessa, per questo lo spettacolo è organizzato in quattro grandi valigie contenenti tutti gli oggetti di scena, ed è responsabilità di noi cantanti allestire lo spettacolo nel corso dell’opera. È stata un’opportunità di crescita immensa, un percorso così strutturato che sono sicuro rimarrà impresso per tutta la vita».

L’ex studente non esita a definire la reazione del pubblico: «Esplosiva. In crescendo a ogni spettacolo. Il pubblico rideva, soffriva e gioiva assieme a noi — racconta —. Immagino che per loro sia stato qualcosa di veramente nuovo, a giudicare dall’entusiasmo e dalla quantità di domande che ci rivolgevano al termine di ogni spettacolo. Ho conosciuto molti artisti e giovani studenti affascinati dal mondo dell’opera e questo era l’obiettivo a cui aspiravamo».

A bilancio di questa esperienza, Galbiati afferma: «La musica è un linguaggio universale, e se il concetto è inflazionato, nella pratica è invece sempre vincente. Senz’altro l’aiuto del libretto e una breve spiegazione a inizio opera hanno facilitato la comprensione della storia, ma l’arte è capace di creare ponti tra realtà completamente differenti proprio perché fa appello a elementi universali che ogni umano può riconoscere e interpretare. Io ho interpretato Amore. Nella storia incarno il dramma, l’azione scenica che unita alla musica (melos) ha dato origine al melodramma.
Nella logica compositiva rappresento uno dei tre protagonisti nel tradizionale triangolo dell’opera lirica: lei (la Musica) che ama lui (l’Amore) e un terzo che cerca di separarli (il Teatro)».

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