L'ANALISI
04 Dicembre 2025 - 08:56
CREMONA - Gli occhi delle donne si ammalano più spesso di quelli degli uomini e il rischio di cecità risulta più alto del 54%. A mettere in luce in modo chiaro questo divario è una recente pubblicazione su Ophthalmology Science, che ha analizzato gli esami oculari di 14,5 milioni di persone, il più ampio campione mai incluso nel database mondiale dedicato all’oftalmologia. Per la prima volta, questi dati includono anche il sesso dei pazienti, elemento che ha permesso di identificare un quadro preciso della disparità.
Le ragioni della maggiore vulnerabilità femminile sembrano legate a un intreccio di fattori: ormoni, genetica, ma anche caratteristiche anatomiche della retina. Due studi pubblicati su Clinical and Experimental Ophthalmology e su Biology of Sex Differences hanno confermato differenze strutturali tra retina maschile e femminile e variazioni nella composizione proteica del tessuto oculare. Queste diversità potrebbero influenzare la risposta ai trattamenti e richiedono ulteriori approfondimenti.
A confermare l’entità del fenomeno è uno studio osservazionale condotto negli Stati Uniti, basato sulle visite eseguite nel 2018 su persone di età compresa tra i 50 e i 99 anni, i cui dati sono stati confrontati con quelli del censimento nazionale. «Lo studio ha evidenziato che, per ogni livello di deficit – da lieve a moderato o grave, fino alla cecità – le donne mostrano una probabilità maggiore rispetto agli uomini, eccetto nel caso del distacco di retina», spiega Stanislao Rizzo, presidente di FLORetina ICOOR e direttore del Dipartimento di Oculistica del Policlinico A. Gemelli IRCCS.
«Tenendo conto dell’età – prosegue – il rischio di forme lievi e moderate risulta superiore del 30%, quello delle forme gravi del 35%. La differenza più evidente riguarda però la cecità, che è del 54% più frequente nel sesso femminile».
Il divario non riguarda solo l’evoluzione delle malattie, ma anche la loro incidenza. «Le analisi mostrano che, dopo la menopausa, le donne hanno un rischio più alto del 32% di sviluppare degenerazione maculare e fori maculari, dell’8% di retinopatia diabetica e del 10% di occlusioni vascolari retiniche», aggiunge Daniela Bacherini, Professore Associato della Clinica Oculistica dell’Università di Firenze.
Una delle poche eccezioni è rappresentata dal distacco di retina, meno frequente tra le donne, soprattutto quando è correlato a traumi. «Le differenze non si spiegano soltanto con la maggiore longevità femminile o con il fatto che le donne si sottopongono più spesso a controlli», osserva Francesco Faraldi, Direttore della Divisione di Oculistica dell’Azienda Ospedaliera Ordine Mauriziano – Umberto I di Torino. «Anche correggendo questi fattori, il divario resta evidente. È probabile che entrino in gioco variazioni ormonali, differenze anatomiche e una diversa risposta immunitaria».
Gli estrogeni svolgono un ruolo importante: proteggono dal danno ossidativo, e il loro calo in menopausa può aumentare il rischio di degenerazione maculare e retinopatia diabetica. Inoltre, ormoni, gravidanza e contraccettivi incidono sulle occlusioni venose retiniche, più comuni nelle donne sotto i 55 anni, mentre dopo tale età prevalgono negli uomini.
A ciò si aggiungono differenze anatomiche documentate: uno studio basato su tecniche di machine learning ha rivelato che la retina interna è più spessa negli uomini e più sottile nelle donne, mentre gli strati esterni presentano differenze minime. «Gli algoritmi sono riusciti a riconoscere il sesso dei partecipanti soltanto dagli spessori retinici, segno che questa diversità è presente anche in assenza di malattia», sottolinea Bacherini.
Un’altra variabile riguarda la composizione proteica: una ricerca pubblicata su Biology of Sex Differences, condotta dalla Cleveland Clinic, ha individuato 21 proteine espresse diversamente nella retina e 58 nell’epitelio pigmentato retinico tra uomini e donne, con possibili ricadute sui processi di riparazione e sopravvivenza cellulare. Faraldi ricorda inoltre che le donne più giovani con retinopatia diabetica possono sviluppare complicanze microvascolari con maggiore facilità.
Anche la maggiore predisposizione alle malattie autoimmuni gioca un ruolo. «Uveiti legate a condizioni come sarcoidosi, sclerosi multipla o lupus sono molto più frequenti nelle donne, che presentano una risposta immunitaria più attiva», precisa Faraldi. «Al contrario, le forme infettive e associate colpiscono più spesso gli uomini».
Nonostante questi dati, gli studi di genere in oftalmologia restano limitati. «A differenza di quanto avviene in cardiologia, manca una sensibilità dedicata alla medicina di genere nella routine clinica», osserva Rizzo. «Ignorare le specificità femminili può portare a terapie meno efficaci, minore aderenza ai trattamenti e più effetti collaterali. È fondamentale sviluppare protocolli che tengano conto delle differenze tra uomini e donne, per garantire cure davvero personalizzate».
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