L'ANALISI
03 Dicembre 2025 - 12:28
MILANO - Oggi presso il Centro Emofilia del Policlinico di Milano, uno dei centri di eccellenza a livello internazionale per la gestione dei disturbi della coagulazione, è stato trattato il primo paziente italiano con HEMGENIX (etranacogene dezaparvovec), la prima terapia genica approvata per l’emofilia B. La somministrazione avviene in un’unica infusione e si rivolge ad adulti con emofilia B grave o moderatamente grave senza storia di inibitori del fattore IX (FIX), con il potenziale di migliorare significativamente la qualità della vita dei pazienti.
«Questo risultato rappresenta un passo importante nell’evoluzione della gestione dell’emofilia B», spiega la professoressa Flora Peyvandi, direttrice della SC Medicina Interna - Emostasi e Trombosi del Policlinico, dove è attivo anche il Centro di riferimento per l'emofilia e la trombosi Angelo Bianchi Bonomi. «Per la prima volta abbiamo a disposizione una terapia genica somministrata in una sola infusione, che consente ai pazienti di produrre autonomamente il Fattore IX, riducendo la necessità di infusioni regolari e l’impatto della malattia sulla quotidianità».
Sebbene le terapie attuali siano efficaci per molti pazienti, richiedono somministrazioni regolari che incidono significativamente sulla vita quotidiana. Etranacogene dezaparvovec utilizza un vettore adeno-associato (AAV5) per introdurre nelle cellule del fegato il gene funzionale del fattore IX, consentendo la produzione autonoma e duratura della proteina e contribuendo a prevenire o ridurre gli episodi di sanguinamento.
«Il trattamento del primo paziente in Italia rappresenta un momento storico per la comunità dell’emofilia», dichiara Cristina Cassone, presidente della Federazione delle Associazioni Emofilici – FedEmo. «I trattamenti attuali comportano un notevole onere familiare e personale. Grazie a questa nuova opzione terapeutica, una singola infusione può ridurre il peso della terapia e migliorare la serenità dei pazienti e delle loro famiglie».
La terapia è stata recentemente autorizzata in Italia dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ed è erogabile attraverso il Servizio Sanitario Nazionale, con uno schema di rimborso basato sulle evidenze. Marianna Alacqua, Medical Affairs Director di CSL Behring Italia, sottolinea che «questo risultato è frutto della collaborazione tra comunità medica, autorità sanitarie, associazioni pazienti e CSL, con l’obiettivo di garantire ai pazienti italiani l’accesso a un trattamento rivoluzionario».
Informazioni sull’emofilia B
L’emofilia B è una malattia rara e potenzialmente letale, caratterizzata da sanguinamenti nelle articolazioni, nei muscoli e negli organi interni, con conseguenti dolore, gonfiore e danni articolari. La costante preoccupazione di un’emorragia limita le attività quotidiane. I trattamenti attuali prevedono infusioni profilattiche di Fattore IX per tutta la vita, con un impatto significativo sulla gestione emotiva e mentale della malattia.
Informazioni su etranacogene dezaparvovec
Etranacogene dezaparvovec (HEMGENIX) è una terapia genica che riduce il tasso di sanguinamenti nelle persone eleggibili, consentendo al corpo di produrre continuamente il fattore IX, carente nell’emofilia B. Il vettore AAV5 trasporta la variante del gene Padua del fattore IX nelle cellule del fegato, generando proteine 5-8 volte più attive del normale. Le istruzioni genetiche rimangono nelle cellule bersaglio senza integrarsi nel DNA della persona, consentendo la produzione stabile del fattore IX.
Studio clinico HOPE-B
Lo studio di Fase III HOPE-B ha valutato la sicurezza e l’efficacia di etranacogene dezaparvovec in 54 pazienti adulti con emofilia B grave o moderatamente grave, tutti precedentemente in terapia sostitutiva profilattica con FIX. Dopo un periodo iniziale di osservazione, i pazienti hanno ricevuto una singola infusione endovenosa alla dose di 2x10¹³ gc/kg.
I risultati hanno mostrato una riduzione significativa degli episodi di sanguinamento: il 94% dei pazienti ha interrotto la profilassi di routine nei 4 anni successivi al trattamento. I livelli medi di attività del fattore IX sono rimasti stabili al 37,4%, quasi normali, con un tasso medio annualizzato di sanguinamento (ABR) di 0,40 al quarto anno, rispetto a 4,16 nel periodo iniziale. L’efficacia si è confermata anche nei pazienti con anticorpi neutralizzanti preesistenti verso AAV5.
Il trattamento è stato generalmente ben tollerato. Dei 96 eventi avversi correlati al trattamento a 4 anni, 92 si sono verificati nei primi sei mesi. Non sono state segnalate reazioni gravi legate al farmaco. Un decesso per shock cardiogeno a 65 settimane dalla somministrazione è stato giudicato non correlato al trattamento, così come tre eventi avversi gravi (carcinoma epatocellulare, schwannoma, sindrome mielodisplastica), valutati indipendentemente come non correlati. Non sono stati rilevati inibitori del FIX.
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