L'ANALISI
NELLE AULE DI GIUSTIZIA
03 Dicembre 2025 - 20:53
Filippo Turetta durante un’udienza del processo per l’omicidio di Giulia Cecchettin
CREMONA - «Mi mandava i video del processo a Turetta e rideva». Rideva? «Sì, rideva. Mi diceva che mi faceva a pezzettini e che non mi avrebbero trovata». Maria (nome di fantasia, ndr) ha 26 anni. A luglio di un anno fa, ha conosciuto un ragazzo più grande di lei di 5 anni, calabrese di origine, casa e lavoro a Reggio Emilia. Una storia cominciata bene, finita malissimo dopo cinque mesi, a novembre. Una storia finita in Tribunale.
Maria ha denunciato per stalking l’ex compagno, un fidanzato «ossessionato dalla gelosia», un «prevaricatore», uno che, secondo l’accusa, l’ha tempestata di telefonate e di messaggi, l’ha minacciata, ha provato a isolarla dalla famiglia. E dalle amiche. Un fidanzato che una volta l’ha mandata al Pronto soccorso con una botta in testa. A sentire Maria e la madre di lei, un uomo che portava sul palmo della mano Filippo Turetta, a novembre del 2024 condannato all’ergastolo per il femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, avvenuto l’11 novembre 2023.
Oggi l’ex fidanzato è detenuto nel carcere di Reggio Emilia. Dentro c’è finito, perché ha violato la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico. Dal carcere oggi, in video collegamento, ha sentito la testimonianza dell’ex fidanzata, parte civile con l’avvocato Paolo Sperolini. «Io ero veramente sottomessa a tutto quello che voleva. Non sceglievo più niente nella mia vita, non avevo più scelta. Mi diceva che veniva da Cutro», facendo sottintendere che quella informazione avesse un che di minaccioso.
Maria ha fatto mettere a verbale: «Sapevo che non poteva venire in Lombardia, ma ho visto nelle storie Instagram che è venuto, l’ho fatto vedere ai carabinieri». E mentre lei riavvolgeva il nastro della sua relazione, lui dal carcere faceva di ‘no’ con il dito indice. E quell’indice non lo ha tenuto fermo anche quando ha testimoniato l’amica del cuore di Maria. Anche quando davanti al giudice si è accomodata la mamma della ragazza. «Io sono una mamma responsabile. A mia figlia ho detto più volte: ‘Ricordati che quella è una relazione malata, è una relazione tossica’».
Ha riavvolto il nastro anche la madre. Non le è mai piaciuto il fidanzato di sua figlia. «Da subito, quando l’ho conosciuto a casa mia. Io ho detto a mia figlia: ‘È una persona poco per bene, è un delinquente’. Non le è mai piaciuto anche «per il suo modo di fare scontroso, non educato, molto altezzoso. Sono la mamma della tua fidanzata. Lui si poneva al di sopra». La mamma ha continuato: «Mia figlia inizialmente mi ha accennato, poi andando avanti con la relazione mi ha raccontato».
Le ha raccontato delle «parolacce: 'Sei una p..., sei un t...'». Delle «minacce: 'Ti voglio vedere morta' eccetera eccetera». Le ho viste anche sui messaggi. Mia figlia mi ha sempre detto che all’inizio il rapporto andava bene, poi è via via scemato. Lui era geloso anche di me. Non voleva che mia figlia stesse a casa mia, voleva portarla a Reggio Emilia. In quel periodo, mia figlia era cambiata totalmente. Con me era sempre nervosa, agitata, mi rispondeva male. Io vedevo che c’era qualcosa in questa relazione. Più volte le ho detto: ‘Ricordati che questa relazione è malata’.
La madre è tornata al 20 settembre di un anno fa. Alla telefonata della figlia nel cuore della notte: «Tra le due e le due e mezza. 'Mamma aiutami, questo mi ammazza'». Maria era giù a Reggio Emilia dal fidanzato. «Le ho detto: 'Scappa da casa'. Poi lei ha messo giù. Io ho continuato a chiamarla ogni 15 minuti, mezz’ora. Lei la maggior parte delle volte non rispondeva. Poi mi ha mandato un messaggio. ‘Sto uscendo’. Le ho detto: ‘Devi venire via, devi venire qui’ Io non sapevo che la chiudeva in casa. In un’altra telefonata, mia figlia mi ha detto: ‘Sono fuori, al bar, sono scappata’. Subito ho chiamato il mio ex marito.
Poi, mia figlia mi ha detto che lui l’aveva picchiata. È tornata dal Pronto soccorso con un grosso ematoma sulla testa’, la madre fa mettere a verbale. «Lui mi disse che era calabrese, che i suoi genitori erano calabresi e che ora abitavano a Reggio Emilia». «Era preoccupata che fosse calabrese?», la domanda del giudice: «Sì». Non è finita: «Lui non voleva che mia figlia avesse rapporti con la sua famiglia di origine. Nel mio rapporto con lei, vedevo un cambiamento radicale: non mi parlava, non mi diceva le cose, dovevo strappargliele con la forza».
Dal carcere di Reggio Emilia, l’imputato ha mosso l’indice della mano quando ha parlato l’amica del cuore della 26enne. «Continua a mandarle messaggi. Tantissimi messaggi, di continuo anche quando noi due siamo state in vacanza a Santo Domingo. La mia amica è assolutamente cambiata, si era proprio isolata. Mi diceva che aveva paura, io ero molto preoccupata. Era dimagritissima, so che non andava più al lavoro. Era sempre in lacrime, ero preoccupata per lei. Non aveva ancora il contratto a tempo indeterminato, ha rischiato di perdere il lavoro per le sue assenze».
Maria non ha perso il lavoro. La responsabile del negozio: «Ho visto anch’io tantissimi messaggi che lui le mandava. Non li ho letti tutti, perché sono talmente tanti. Ho letto quelli più spiacevoli. All’inizio della loro relazione, ho visto che lei era sempre in ansia, con il telefono in mano. Era dimagrita moltissimo». Il processo è stato aggiornato al 14 gennaio.
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