L'ANALISI
01 Dicembre 2025 - 05:15
CREMONA - Le sue ultime creazioni sono appese ai manichini: un giaccone blu e uno verde. «Io la sua maestra? È piuttosto lui che insegna a me. Ha una bellissima mano», dice la responsabile dell’atelier dove viene trattato solo materiale di recupero o frutto di donazioni. Intorno forbici, aghi, fili, spilli, puntaspilli, metri e alcune macchine da cucire. A una è seduto Abdoul Rachad Dassam, diciottenne timido e riservato, fuggito dall’Africa per inseguire il suo sogno. Un sogno che si sta avverando. «Voglio essere un sarto, la professione che ho imparato da mio papà da quando ero bambino».

Dassam, come tutti lo chiamano, è originario del Benin, piccola nazione della regione subsahariana, dove il 36,2 per cento della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà: di recente ha fatto sensazione il caso dei bimbi spacca-pietre costretti a frantumare con un martello il granito, una delle poche risorse di cui dispone il Paese.
«Abitavo nella città di Djoujou, ho due fratelli e due sorelle, io sono il maggiore. Mio padre, morto nel 2019, era un sarto molto bravo. È nel suo negozio che ho cominciato a cucire all’età di 7-8 anni. Ricamare è diventata la mia passione».
Nel 2023 ha lasciato con un amico il Benin in cerca di fortuna. «Attraverso il Niger ho raggiunto la Tunisia. Da lì, su un barcone, il Mediterraneo e l’Italia. Sono sbarcato a Lampedusa, quindi mi hanno portato a Cremona». Dove, allora sedicenne, è arrivato come minore straniero non accompagnato ed è stato accolto dalla cooperativa sociale Sentiero e da Ilaria Troso nell'ambito del progetto SAI del Comune. «Sono rimasto per una ventina di giorni nella struttura di Binanuova e in seguito, per quattro mesi, in quella di Picenengo. All’inizio pensavo di fare l’elettricista, poi ho capito che il mio desiderio era un altro: il sarto».
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Mestieri Lombardia, la rete regionale di agenzie che si occupa di formazione e lavoro, ha trasformato la sua speranza in realtà e la sua esperienza di volontariato presso la sartoria, ‘Un filo pazzesco’, della coop Gruppo Gamma in un tirocinio propedeutico alla sua assunzione. Sì, perché Dassam, che ora condivide un appartamento in città con altri tre giovani africani (provenienti da Burkina Faso, Camerun e Gambia), è da giugno un dipendente a tutti gli effetti di Gamma. «Sono impegnato dal lunedì al venerdì per cinque ore». Quando smonta, la sera, dalle 18 alle 21, frequenta un corso per conseguire il diploma di terza media. «Mi piacerebbe giocare a calcio, l’altra mia passione, ma non ho tempo», sorride.
Sorride anche la referente, Vanessa Corazza, del laboratorio di via Redegatti. «Il suo primo giorno da noi ha spezzato un ago della macchina da cucire. Mi sono chiesta: chi mi è capitato? Il secondo giorno alla pausa pranzo aveva finito una giacca e stava finendo i pantaloni: un abito completo in poche ore. L’ho adottato subito». Dassam le ha spiegato il perché di quella falsa partenza: «In Africa utilizzavo una macchina da cucire con il pedale, qui una elettrica».
Oltre che veloce come un fulmine, è versatile. «Amo fare sia i vestiti da uomo che da donna ma se proprio devo scegliere meglio i primi, li preferivo anche quando affiancavo mio padre. Se qui ho imparato cose nuove? Sapevo già quasi tutto». Quasi. «Non conoscevo il 'patchwork', la tecnica di mettere insieme pezzi diversi di stoffa». Rapido, eclettico e con una caratteristica: non usa i cartamodelli, le sagome di carta per tagliare il tessuto e ideare capi d’abbigliamento. «È tutto qui, dentro la mia testa».
Comprese le borse, una delle sui ultime produzioni, e l’elegante camicia marrone che indossava durante un importante incontro in Comune. Parecchi dei suoi articoli sono già stati venduti, ai mercatini o negli eventi dove, in attesa di avere una vetrina come merita, ‘Un filo pazzesco’ espone la propria originale mercanzia. La responsabile definisce così il suo abile aiutante: «Ha uno stile tradizionalista ed è un perfezionista mentre noi siamo più portate alla sperimentazione, ad assemblare insieme colori diversi. Appunto, pazzeschi».
Ma, a quanto pare, il volenteroso immigrato si sta adattando. Tra un’asola e una lezione di italiano, è rimasto in contatto con la madre. «Ci siamo sentiti anche poco fa, le ho parlato di quello che sto facendo, è fiera di me. Sarebbe bello se potesse raggiungermi». Il figlio è legato alle sue radici ma sa che il futuro è lontano da esse. «Là da dove arrivo non ci sono opportunità». Sogna ma stando con i piedi per terra. «Aprire un mio negozio? Si vedrà.» Sono felice del risultato ottenuto sinora, mi sono sentito valorizzato, sto molto bene con i miei colleghi.
Sono altre due le persone fisse, oltre la coordinatrice: Alessandra, che sta prestando servizio civile, ed Eleonora, che ha portato il contributo delle sue competenze professionali.
La cooperativa Gamma ha a cuore il benessere dei suoi dipendenti e per questo ha attivato, dal 2025, il welfare aziendale che significa, ad esempio, buoni per la spesa e le cure mediche o dentistiche. Una scelta di cui sta beneficiando anche il nuovo venuto, anello di una catena virtuosa, formata dai vari soggetti coinvolti, che ha trasformato l’accoglienza in un’occasione di lavoro. Sara Signorini e Alice Gaboardi, di Mestieri, dicono di lui: «Siamo contente che abbia trovato la sua strada e il suo posto. Purtroppo non capita spesso. La sua storia a lieto fine è un po’ una perla».
Da oltre le vetrate nel cortile del vicolo silenzioso è passato tempo fa un altro talentuoso sarto, Ibrahim, trentenne rifugiato politico iraniano, che poi ha spiccato il volo per Milano ed è entrato nel mondo della moda. Chissà che Dassam non segua le sue orme. Intanto, è tornato alla sua macchina da cucire. Elettrica, non con il pedale.
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