L'ANALISI
17 Novembre 2025 - 05:25
CREMONA - Parlando della sua passione si accalora come quando racconta degli iscritti, di un’assemblea con i lavoratori che rappresenta o di una vertenza più spinosa delle altre.
«La mia Harley-Davidson è il mio psicologo perché anche nella peggiore delle giornate, dal punto di vista personale o professionale, cavalcandola all’alba oppure al tramonto e con la colonna sonora che sprigiona la radio ti cambia completamente la prospettiva».
Originario di Pieve San Giacomo, 61 anni, perito industriale, dal 1987 tecnico-elettricista della Fondazione Germani di Cingia de’ Botti, in distacco sindacale dal 2006, per 13 anni segretario generale della Funzione pubblica Cisl cremonese e ora nuovamente in distacco, Roberto Dusi, volto noto tra i confederali, ha una doppia vita: sindacalista e biker, ‘cislino’ e centauro. Quanti come lui?
«Le due cose non vanno di pari passo ma posso dire che mi riconosco nei valori di fratellanza e solidarietà espressi dal mondo dell’Harley-Davidson».
Da sempre Dusi è stato affascinato dalla leggendaria due ruote fabbricata a Milwaukee.
«Sfogliavo libri, guardavo fotografie».
Nel 2008 la svolta. «Ho acquistato una 883 usata».
Si tratta di uno dei modelli più famosi, il più longevo.
«All’inizio andavo in giro da solo, poi ho conosciuto un gruppo di altri harleysti e mi sono aggregato».
Il suo primo viaggio insieme con loro è stato in Baviera. «Gli altri con moto molto grandi, io con una molto piccola». Un tour suggestivo tra foreste e castelli ma impegnativo per la meccanica. «Ho rotto, bruciato la frizione scendendo da un passo di montagna e sono rimasto a piedi. È allora che ho deciso di acquistare un’altra Harley, anch’essa di seconda mano ma imponente — 1.700 di cilindrata, di colore grigio mentre la prima era nera — che mi permettesse di spostarmi in modo confortevole ascoltando la musica, il blues o il rock, e senza limiti di chilometraggio. Ho scoperto che l’importante non è la meta ma il viaggio».
Con quegli amici ha partecipato ai raduni internazionali, compreso l’affollatissimo festival annuale sul lago di Faak, in Austria, e visitato svariati Paesi attraversando mezza Europa e il Canada.
«Ma l’esperienza negli Stati Uniti ha avuto un sapore particolare perché là, sulle strade per cui è nata, si tocca con mano che questo mezzo è davvero un mito: le auto si fermano e ti lasciano passare, i bambini si sporgono dal passeggino e salutano».
Un’altra tappa speciale è stata in Romania.
«Eravamo un terzetto, due delle nostre moto sono rimaste in panne in campagna, in una zona sperduta. Impossibile chiamare il carro attrezzi, concessionaria di Bucarest chiusa: cosa fare? Tramite un nostro conoscente che li ha avvisati, il meccanico degli Hells Angels ha riparato i nostri mezzi e addirittura loro ci hanno regalato i pezzi di ricambio per proseguire consentendoci così di superare un passo famoso, la Transfaragasan, e vedere l’orso. In sella a una Harley siamo tutti fratelli».
Sia lontano da casa che vicino. «Ci troviamo ogni sabato pomeriggio e partiamo. Abbiamo percorso tratti impegnativi dell’Appennino piacentino e sterrati, dove non si spingono nemmeno le moto da enduro, cercando di superare i nostri limiti. È bello anche sbagliare strada perché ci si imbatte in paesaggi sorprendenti. Sempre però con uno spirito goliardico, si ride, si scherza, si sta insieme, attenti a non farsi del male».
Con i suoi compagni di avventura è stato in Marocco, il suo luogo del cuore, per quattro volte, l’ultima per una settimana a metà dello scorso ottobre. «Con le moto noleggiate a Marrakech lo abbiamo attraversato da Agadir al confine con l’Algeria e la Mauritania per poi risalire lungo la costa di nuovo verso Agadir. Un anello di 2.382 chilometri, distanti dalle grandi città, desiderosi di conoscere come vivono gli abitanti».
Erano in quattordici, più escursionisti che turisti; davanti il loro leader, Giancarlo, dietro la jeep carica di bagagli. Forse un po’ folli, ma organizzati.
«Siamo saliti sulle montagne sino a 2.500 metri e scesi sotto il livello del mare, la temperatura passava dai 35 e ai 18 gradi. È l’itinerario che ci ha messo maggiormente alla prova dal punto di vista tecnico soprattutto a causa della sabbia, che ha bloccato anche il fuoristrada. Il tratto più faticoso? I 70 chilometri delle gole di Todra, alte 160 metri, percorsi sotto una pioggia battente e in notturna».
Ma ne è valsa la pena. «Il Marocco è un posto meraviglioso, povero ma con gente molto dignitosa e ospitale, un Paese che rapisce, ci si sente coccolati. Arrivati alle dune di Merzouga, mi sono commosso; il deserto ha una pulizia esteriore e interiore; si ha tanto tempo per pensare senza essere disturbati da nulla: ci sei solo tu, la tua moto e la natura. Abbiamo ammirato anche tesori culturali unici, come i codici miniati fatti in pelle di gazzella conservati nella biblioteca di Zagora, da dove dopo 56 giorni di cammello si giunge a Timbuctù».
Una spedizione che gli ha regalato un fiume straripante di emozioni, incontri, immagini.
«Gli occhi dei bambini berberi con la loro incredibile dolcezza... non potrò mai dimenticarli. Appena rientrati, abbiamo cominciato a programmare la trasferta numero cinque in Marocco, stavolta a nord».
Alla sua inseparabile amica di metallo ha riservato un’intera stanza del garage. «È tutta per lei, me ne prendo cura anche se non sono un maniaco di queste cose».
Come non lo è del look. «Ho un giubbino di pelle nera con la scritta in inglese ‘Cavalcare è uno stato della mente, fallo più che puoi’. Ma uno può vestirsi come vuole».
Perché con o senza divisa d’ordinanza, la Harley «è una filosofia di vita, soul e freedom, anima e libertà. Come qualcuno ha scritto, ‘con lei fuggo dalla vita quando c’è bisogno di un minuto, di un’ora, un giorno di assenza. Di respiro’. La velocità passa in secondo piano, la cosa che conta è godersi il viaggio sapendo che in caso di bisogno, in qualsiasi parte del mondo ci si trovi, un fratello sarà pronto a dare una mano».
Nell’ufficio di viale Trento e Trieste squilla il telefono, è un iscritto che ha già chiamato: il centauro si toglie il casco e torna sindacalista.
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