L'ANALISI
10 Novembre 2025 - 21:42
CREMONA - Non ci sarà a Cremona uno spazio cittadino intitolato a Sergio Ramelli, il 18enne con i capelli lunghi che fu aggredito a Milano la mattina del 13 marzo 1975 a colpi di chiave inglese e morì il 29 aprile. Lo ha deciso il Consiglio comunale dopo una lunga discussione in cui non sono mancati i momenti di discussione alta, ma nemmeno i toni molto accesi. Alla fine la mozione di Matteo Carotti (FdI) è andata ai voti nonostante l’appello del presidente del Consiglio, Luciano Pizzetti affinché il proponente la ritirasse. Ed è stata respinta con 7 voti a favore, 20 contro e un astenuto (Giovanni Gagliardi).
Ramelli era un militante del Fronte della Gioventù (organizzazione giovanile del Msi) e aveva idee di destra. A raccontare la sua storia è stato Riccardo Merli (Fare Nuova Cremona Attiva) che ne ha ricordato il ritratto tracciato da Walter Veltroni: «A scuola scrive un tema sul primo assassinio delle Brigate Rosse, quello compiuto a Padova nel 1974, in cui dei terroristi erano entrati in una sede del Msi e avevano ucciso a freddo Graziano Giralucci e Giuseppe Mazzola. Quel tema fu l’inizio della sua fine. I membri del collettivo politico di Avanguardia Operaia affissero i fogli di carta protocollo al muro sottolineandone le frasi e commentandolo con la scritta: 'Ecco il tema di un fascista'. Comincia così il calvario di Sergio nella sua scuola», l’istituto per periti industriali Molinari, di Milano. Veltroni — citato da Merli — ricordava anche Claudio Petruccioli che su L’Unità denunciava: «Nelle sprangate che lo hanno lasciato morente sul marciapiede di via Amedeo non vi era né volontà di riscatto né amore per la libertà. In quei colpi vi era solo una violenza cieca e compiaciuta, tutta individuale».
Merli però ha ricordato anche tutte le altre vittime della violenza politica di quegli anni, «che ha rovinato la vita di un Paese intero». «Sergio e gli altri devono essere uniti nella memoria collettiva, con questa mozione, invece, il suo nome rischia di diventare, 50 anni dopo, ancora motivo di scontro e divisione». La controproposta: «Un percorso educativo per ricordare tutte le vittime».
Marialuisa D’Ambrosio ha invece sottolineato come la ricorrenza della morte venga commemorata a Milano «dai saluti romani di camicie brune inquadrate in formazioni squadristiche». Un concetto ribadito anche da Carlo Giussani (Pd) che ha anche evocato il timore che Cremona possa diventare sede di raduni simili, visto quel che già accade al cimitero ogni anno per la commemorazione di Farinacci.
Con Carotti Jane Alquati (Lega): «L’ordine del giorno rivendica il diritto ad esprimere la propria opinione in libertà». E Luca Fedeli (FdI) ha ricordato quando «uno dei miei fratelli da studente trovò sulla porta della sua aula la scritta 'Fuori i fascisti dalla scuola', solo perché figlio di un dirigente del Msi».
Lapo Pasquetti (Sinistra per Cremona) ha inquadrato l’omicidio nel quadro di quegli anni e ha fatto un sommario elenco delle vittime della violenza e delle bombe di matrice fascista: «La violenza ha colpito trasversalmente tutti gli schieramenti facendo oltre 300 vittime. Ramelli è ricordato nella sua città con un giardino, ma non ha alcun legame con Cremona. Del resto quella di Carotti è una mozione-fotocopia presentata in molte altre città ed è una proposta tutta di parte».
Ma a far deragliare il dibattito e a far infiammare gli animi è stato l’intervento della giovane Eleonora Sessa (Pd) che nel parlare di «uso politico della sua morte», ha attaccato: «Hanno scelto di ricordare un fascista che quegli ambienti e quelle persone frequentava e non una vittima delle violenze fasciste di quegli anni, come Piazza Fontana o la Stazione di Bologna». La 'liquidazione' di Ramelli come un 'fascista' ha fatto insorgere il capogruppo di FdI, Marco Olzi, che ha interrotto Sessa apostrofandola ad alta voce. È quindi intervenuto Pizzetti, ricordando che la mozione in discussione era appunto sulla libertà di opinione: «In quest’aula viene garantita».
Una rivendicazione della storia della destra è arrivata da Chiara Capelletti (FdI): «Ramelli non era un fascista e ha pagato con la vita l’aver espresso la sua opinione. E la comunità della destra non è quell’accozzaglia di zoticoni ignoranti sempre dalla parte sbagliata che voi dipingete. La Destra ha fatto la storia di questo Paese con i suoi peccati e i suoi errori». Anche Olzi ha rivendicato la sua storia: «Vengo da Berlusconi e Forza Italia, nulla a che fare con l’ideologia fascista. Indegno e imbarazzante associare Ramelli al fascismo». Carotti ha respinto l’accusa di aver presentato una mozione divisiva sulla storia di quegli anni: «Se fosse stata presentata una mozione simile per una vittima di sinistra, l’avrei votata».
Marco Galli (Pd) ha precisato che «nessuno qui ha detto che che i morti non hanno tutti la stessa dignità. Dedichiamo una via a tutte le vittime dell’odio politico e non solo a una».
Pizzetti ha ricordato che «proprio in quest’aula, il 9 giugno, è stato presentato il libro di Guido Giraudo 'Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura'. In quella occasione ho detto che quella di Ramelli fu una tragedia italiana e non della destra. In cuor mio — ha aggiunto — ho sperato che l’ordine venisse ritirato».
Pizzetti ha quindi rivolto ai firmatari l’appello a ritirare l’ordine del giorno «perché comporta divisioni che vanno nella direzione opposta che quel convegno aveva aperto, quella di avere una storia comune, una memoria condivisa». Infine, a nome della Giunta, è intervenuto l’assessore Rodolfo Bona: «È una scelta provocatoria, che rischia di alimentare nuove tensioni e di ferire la coscienza democratica e antifascista su cui si fonda la nostra Repubblica».
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