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Giubileo degli agricoltori: «Coltivatori di speranza»

Dignità del lavoro, tutela, riposo della terra e sostenibilità nel messaggio di Don Anselmi. Poi la messa in Cattedrale con il vescovo Napolioni: «Forieri di cibo e bene per tutti»

Gianpiero Goffi

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redazione@cremonaonline.it

09 Novembre 2025 - 17:52

Giubileo degli agricoltori: «Coltivatori di speranza»

CREMONA - ‘Giubileo, rigenerazione della terra e speranza per l'umanità’, questo il tema della 75ª Giornata di ringraziamento coincidente, nell’Anno Santo, con il Giubileo dei lavoratori della terra, celebrato ieri mattina con il concorso di dirigenti e soci della Libera Associazione Agricoltori Cremonesi, a partire dal presidente, Cesare Soldi, di Coldiretti, con il direttore Giovanni Roncalli, e di una delegazione della Cisl. L’appuntamento è stato all’ingresso dell’episcopio, dove l’assistente spirituale don Claudio Anselmi ha letto il messaggio diffuso per l’occasione dalla Conferenza episcopale italiana (Cei) incentrato su dignità del lavoro, tutela e riposo della terra e agricoltura sostenibile. Poi i partecipanti, preceduti dalle bandiere sindacali, si sono avviati in processione al portale maggiore della cattedrale (un richiamo alle porte sante giubilari) dove li attendeva il vescovo, Antonio Napolioni, e da qui all’altare e alla navata centrale, introdotti dalla recita del ‘Cantico delle creature’ di San Francesco d'Assisi.

All’inizio della messa, concelebrata dal vescovo con don Anselmi e con il vicario episcopale, don Antonio Bandirali, il direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale sociale e del lavoro, Eugenio Bignardi ha brevemente illustrato il significato della giornata: gratitudine per i doni della terra che «è di tutti» e destinata ad un’equa distribuzione, e richiamo alla comune responsabilità, in particolare nel comparto agricolo, anche rispetto ai cambiamenti climatici. «Dio ci vuole coltivatori e allevatori di speranza», attraverso quelle attività di cui la nostra terra è maestra, ha detto fra l’altro monsignor Napolioni nell’omelia, non senza un riferimento alla Festa del Torrone, anch’esso frutto della terra e del lavoro, in corso in città. Partendo dalla lettura del profeta Ezechiele e dal Vangelo della cacciata dei mercanti dal tempio, il presule ha ricordato che esiste anche «la sagra», il cui nome rimanda al sacro, dunque a una festa di gratitudine. Gesù – ha spiegato – «non vuole punire ma purificare» e donarci una festa «che nessuno ci può togliere e che non dipende dal portafoglio». 

Si è pure collegato all’immagine biblica della città di Dio, rallegrata da un fiume e dai suoi canali che distribuiscono acqua e rendono fertile la terra – «sembra la fotografia della Pianura Padana» – nella quale l’uomo fa sorgere case, templi, monumenti, seppure spesso segnati da «trionfalismi, campanilismi e guerre» proprio in nome della terra.

«È importante – ha aggiunto – che il lavoro della terra sia umanizzante, non solo foriero di profitto, ma di bene e di cibo per tutti. Occorre tenere aperta una ferita che venga risanata dall’acqua che sgorga dal tempio: la coscienza del nostro limite, del nostro peccato, della nostra fallibilità, dunque il bisogno di Dio, del Padre che ci corregga, che ci prenda per mano e del fratello, il figlio Gesù, che sulla croce ci riconcilia e ci rende fratelli».

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