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CREMONA. NELLE AULE DI GIUSTIZIA

Morto in moto: omicidio stradale

La tragedia di Sarcone, il gip ordina l’imputazione per l’automobilista

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

06 Novembre 2025 - 20:11

Morto in moto: omicidio stradale

CREMONA - Il gip ha ordinato al pm l’imputazione per omicidio stradale nei confronti dell’automobilista che la notte del 31 agosto 2024, lungo la Castelleonese, passò sul corpo, uccidendolo, di Paolo 'Paolino' Sarcone, 42 anni, caduto dalla moto mentre rincasava a Cremona.

La tragedia era successa a mezzanotte e 45 minuti. In sella al suo grande scooter, Sarcone stava percorrendo la Castelleonese diretto verso la città. Dal 2008 capoturno all’acciaieria Arvedi, aveva appena salutato gli amici al Paradise Wine Bar, a Costa Sant’Abramo. Superato il rondò, aveva proseguito la corsa, poi aveva invaso la corsia opposta, cadendo a terra. Lo scooter era schizzato avanti ed era volato nella scarpata. Il 42enne era rimasto sull’asfalto.

L’automobilista si stava recando a Linate. Non ha visto il corpo: gli passerà sopra e si fermerà dopo 90-100 metri, sotto choc.

L’autopsia ha stabilito che quando è caduto, Sarcone «era ancora vivo: la morte è stata causata dallo schiacciamento toracico», dice l’avvocato Alessandro Vezzoni, legale di una delle sorelle della vittima. L’imputazione ordinata dal gip arriva dopo la richiesta del pm di archiviare l’indagine, a cui si è associato l’avvocato Andrea Carassai, difensore dell’indagato.

L’automobilista aveva il tempo di accorgersi del corpo a terra? Il caso è stato discusso dal gip: oltre a Vezzoni e Carassai, c’era l’avvocato Vito Alberto Spampinato, legale dei genitori e dell’altra sorella di Sarcone.

Il fulcro è la perizia cinematica affidata dal pm all’ingegnere Cinzia Cardigno. «Nel punto della tragedia — spiega Vezzoni —, la velocità è di 50 chilometri all’ora. L’ingegnere ha indicato tra i 50 e i 60 chilometri orari la velocità dell’auto. Il corpo di Sarcone era trasversale alla strada con la testa vicina alla linea di mezzeria. L’auto era larga 1,75 metri, il tratto di Castelleonese lì è di circa 7-7,5 metri. In più, lì c’è il piccolo svincolo per arrivare al Golf Club. Io ho sostenuto che lì c’era anche lo spazio per poterlo evitare ad una velocità adeguata».

Il perito del pm ha effettuato «un complesso ragionamento sul fatto che fosse notte fonda, sull’impianto di illuminazione dell’auto. Con la massima attenzione, alla velocità di 50 chilometri orari e considerato l’impianto di illuminazione della vettura, era possibile arrestarsi appena in tempo — prosegue Vezzoni —. Considerata la larghezza della strada, l’auto avrebbe potuto evitare il motociclista o, quantomeno, avrebbe potuto passargli sulle gambe, senza ucciderlo».

Il perito ha però fatto un esempio che l’avvocato Carassai, nel sottolineare che «è sicuramente una disgrazia per tutti», ha letto a proprio favore. «Se l’automobilista avesse guardato il tachimetro, lo specchietto retrovisore, l’autoradio, anche 2 secondi avrebbero compromesso il fatto di poter evitare il motociclista».

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