L'ANALISI
04 Novembre 2025 - 16:50
I sopralluoghi alla Montagnola e gli archeologi milanesi e comaschi durante la classificazione dei reperti
SONCINO - Temperature siberiane e piogge londinesi non fermano la passione di chi vuole riscoprire il passato romano e celtico di un borgo che ha un profumo, che tanti pensano antico ma è estremamente recente, di medioevo: tra Isengo e Gallignano, il Gruppo Archeologico Ambrosiano (GAAM), coi colleghi di Como, è tornato all’opera per una nuova stagione di esplorazioni, ricognizioni e classificazioni che promettono di arricchire ancora il mosaico della storia soncinese.
Dopo la pausa estiva, i volontari e gli esperti di Gaam e Aquaria si sono rimessi in cammino tra il Bosco Vecchio e la Montagnola, aree che da decenni custodiscono tracce preziose di epoca classica. Non si tratta soltanto di scavi nel senso stretto del termine: questa fase del progetto è dedicata anche allo studio e alla catalogazione dei reperti già rinvenuti, oltre che a nuove esplorazioni mirate nei punti che le ultime analisi del terreno hanno segnalato come potenzialmente ricchi di testimonianze.
A guidare il gruppo è, come sempre, la passione di chi crede che nulla sia mai del tutto sepolto. La Montagnola continua a rivelarsi un giacimento di storie e di indizi: frammenti di ceramiche, monete, piccoli oggetti d’uso quotidiano che, pezzo dopo pezzo, restituiscono il volto di una Soncino romana vivace e produttiva, dove, come dimostrano le tracce di fornaci e officine, si lavorava la terra e il metallo con abilità antiche.
Nata da un’intuizione di don Angelo Aschedamini negli anni Sessanta, quando rinvenne armi celtiche nei pressi delle Fontane Sante, la ricerca si è trasformata in un percorso stabile di indagine e valorizzazione del territorio. Oggi, molti dei reperti recuperati grazie al Gaam e ad Aquaria trovano spazio nel Civico della Rocca, dove raccontano al pubblico un capitolo ancora poco conosciuto della storia locale.
Ma l’archeologia, a Soncino, non è solo scienza: è un modo di tenere vivo il legame con la propria identità, di riconoscersi in un paesaggio che continua a restituire tracce di chi ci ha preceduti. «Ogni ritrovamento – ricordano i volontari – è una voce che si aggiunge al coro della memoria collettiva. Non si tratta solo di studiare il passato, ma di dargli di nuovo parola».
E così, tra mappe, setacci e taccuini, la nuova campagna autunnale prende forma nella quiete della pianura. La Montagnola, silenziosa e vigile, osserva il lavoro dei suoi esploratori moderni: uomini e donne che non cercano tesori, ma connessioni, convinti che la vera ricchezza stia nel riscoprire le radici. Perché qui, sotto pochi centimetri di terra, la storia non dorme: attende solo di essere riscoperta.
Innamoramento o ‘hobby’ di nicchia? Tutto il contrario. Gli studi, serissimi e coordinati dalla Soprintendenza, non coinvolgono solo gli esperti e gli addetti ai lavori ma vengono seguiti passo passo anche da cittadini e migliaia di appassionati da tutta la Lombardia, che infatti, riempiono la filanda ogni qual volta si organizza l’evento per fare il punto sulle ricerche e i ritrovamenti.
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