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CREMONA

Pelle di coccodrillo esposta nel negozio, 10mila euro di multa

L'albanese 37enne è incensurato: pena sospesa e non menzione, non pagherà la sanzione

Francesca Morandi

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fmorandi@laprovinciacr.it

30 Ottobre 2025 - 18:35

 I buoni pasto solamente ai magistrati

La pelle di coccodrillo e il tribunale di Cremona

CREMONA - Oggi realizza gioielli. «Non voglio più sentire parlare di coccodrilli». Già, perché Marvis, albanese di 37 anni, in Italia da più di 20, nei guai giudiziari è finito per la pelle di un coccodrillo di Johnson, rettile d’acqua originario dell’Australia, protetto a livello quasi planetario dalla Convenzione di Washington. Nel 2023, la pelle — 2,30 metri di lunghezza — era esposta in un negozio in via Montello, zona Castello.

Anni prima, l’albanese l’aveva acquistata per 100 euro da un senegalese al Balòn, lo storico mercato delle pulci a Torino. A Cremona, gli è costata la condanna a 10mila euro di multa (pena pecuniaria). Marvis è incensurato: pena sospesa e non menzione, non pagherà la multa. La pelle è stata confiscata. «È una situazione assurda, ci sono rimasto dentro», ha raccontato il 37enne, che in prima battuta si era opposto al decreto penale di condanna a 4.500 euro di multa, preferendo farsi processare dal gup con il rito abbreviato. Lo difendeva l’avvocato Raffaella Parisi.

Nelle sue dichiarazioni spontanee, Marvis si è definito «esperto d’arte». Un boomerang. Perché, a maggior ragione, avrebbe dovuto sapere che quella pelle non era un falso. Lo ha detto il pm, Chiara Treballi, ricordando, anche, la polemica esplosa a maggio 2023 per Ego, il coccodrillo imbalsamato di Maurizio Cattelan fino all’1 novembre appeso al lucernario del Battistero, una delle 70 tra opere e installazioni della prima edizione di Cremona Contemporanea Art Week.

Il sequestro della pelle di coccodrillo con denuncia è storia di mercoledì 19 novembre, quando i carabinieri della Forestale si sono presentati nel negozio con i colleghi specializzati del Nucleo Cites di Pavia. Già allora, Marvis aveva spiegato di ignorare che si trattasse di una pelle vera di coccodrillo e nemmeno che servisse una documento che ne attestasse la provenienza per poterla detenere.

Aveva precisato che la pelle faceva parte dell’allestimento di una mostra fatta da un suo amico e dall’affittuario del negozio. Incassata la condanna con i benefici di legge («Poteva andare molto peggio»), l’albanese ha precisato: «Non sono un artista. Mi piace sporcarmi le mani, mi piacciono le cose manuali, l’artigianato italiano è molto apprezzato nel mondo. Io sono venuto in Italia per fare liuteria». Adesso si cimenta con i gioielli. «Sto imparando».


Il caso coccodrillo. «A quei tempi, dopo il Covid, io lavoravo a Torino, vicino a piazza San Carlo. L’ho comperata da un senegalese che avevo conosciuto passando di lì. Lo salutavo, ogni tanto gli offrivo il caffè. L’ho acquistata per fare un regalo a mio figlio, ma sua madre non l’ha voluta. Mi è rimasta lì un sacco di tempo, poi è successa la cosa di Cattelan. E allora l’ho donata a un mio amico e all’affittuario del negozio: avevano allestito la mostra, un collettivo. In negozio non c’era nessuno. Per me la cosa era finita lì, ma vai a sapere».

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