L'ANALISI
29 Ottobre 2025 - 21:21
CREMONA - «La richiesta di applicargli il divieto di avvicinamento con braccialetto elettronico per tutelare sia la mia assistita sia i suoi genitori, è stata contestuale alla querela che abbiamo formalizzato il 16 ottobre e noi sappiamo che la misura gli è stata applicata nel fine settimana scorso. Abbiamo tirato un sospiro di sollievo».
Vito Alberto Spampinato è il legale della 20enne di Cremona massacrata di botte, insultata, minacciata dall’ex fidanzato, il rapper Faneto, nome d’arte di Valentin Antonio Segura, 21 anni, origini dominicane, indagato per maltrattamenti e percosse.
Il 13 ottobre la giovane aveva pubblicamente denunciato sui social le violenze, postando anche le foto con i lividi.
Su richiesta del pm Andrea Zanoncelli e della procuratrice aggiunta Letizia Mannella, il gip di Milano, Silvia Perrucci, ha stabilito che il rapper non dovrà più avvicinarsi a meno di cinquecento metri dalla ragazza e dai suoi familiari. In caso di violazione del provvedimento, Faneto rischia il carcere.
Agli atti dell’inchiesta ci sono almeno quattro episodi di maltrattamenti avvenuti nei mesi scorsi, in particolare nei B&B in cui hanno soggiornato i fidanzati: i due ragazzi si erano messi insieme ad agosto del 2024.
«Abbiamo tirato un sospiro di sollievo», ripete l’avvocato Spampinato, «anche se rimane sempre la preoccupazione che ci possa essere una ritorsione, una sorta di vendetta. Adesso ci si aspetta che questo signore venga emarginato dal punto di vista artistico. Ci sono podcast di soggetti, anche famosi, che hanno preso le distanze da lui, ritenendolo soggetto che non rispecchia i valori dell’arte, della musica».
Obiettivo del legale è «di arrivare a un processo e, poi, a una punizione esemplare, perché episodi di violenza come questo e come tanti altri, possano terminare». Parla di «stillicidio», Spampinato. «Storie d’amore che finiscono in storie di lutto sono, purtroppo, notizia di tutti i giorni».
Il 16 ottobre, l’avvocato ha accompagnato in Questura a Milano la ragazza. «Ha raccontato gli episodi cruenti che vedevano, come costante, soprusi e botte, quasi a cadenza giornaliera», spiega il legale. È la storia di una «relazione tossica, una relazione violenta, caratterizzata da una serie di vicissitudini non consone a nessuno, manchevoli del rispetto della persona umana sempre, a 20 anni così come a 80. La giovane ha riferito di essere stata costretta a seguire il suo compagno nei B&B e che già nella prima casa del rapper, era stata trattata quasi come una serva, di essere sempre soggetta alle intemperie di questo signore che alzava le mani con molta facilità. Insulti, minacce, denigrazioni. Negli spostamenti da un B&B all’altro, ha riferito di essere stata sorvegliata dagli agenti di questo signore. Lui era circondato da parecchi soggetti che si presentavano come suoi manager, almeno così si presentavano alla ragazza. Costoro si preoccupavano di non farla apparire in pubblico, affinché gli altri non vedessero che lei e Faneto avevano litigato. Sostanzialmente, nessuno si è preso la briga di aiutarla. Sì, qualcuno c’è stato. E ha cercato di invitare questo signore a smetterla, ma non si è andati al di là dell’invito che non è servito a nulla». Da quella «relazione tossica», la 20enne faticava a uscire. Non è mai corsa alla polizia a denunciare il fidanzato.
A maggio di quest’anno, i suoi genitori, disperati, si erano rivolti alla Polizia locale di Cremona. «Non è facile per una donna andare a raccontare tutto quello che hai subito», sottolinea l’avvocato. Lei ha scelto i social. «Ha fatto diventare la sua storia di dominio pubblico, nel tentativo di mettere un freno a questo signore che non aveva il freno. C’era stato un momento in cui lei aveva deciso di lasciarlo». Poi, però, se lo ripigliava. «Il fatto è che tutte le volte che litigavano, lui tornava, si scusava, si dispiaceva». Insieme alle foto delle botte, il 13 ottobre sui propri profili social la ragazza aveva condiviso anche un messaggio. «Le storie le ho messe perché nessuna donna può passare quello che ho passato io, l’ho coperto per mesi, ma dopo continue minacce, anche dopo averlo lasciato e denunciato, è il momento di far valere la mia voce come quella di tante altre donne che hanno ancora paura di ratti del genere e non riescono a chiedere aiuto».
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