L'ANALISI
27 Ottobre 2025 - 13:15
CREMONA - Abituato ai codici, Andrea Milesi, giudice del civile, ha ripreso in mano il vocabolario. Parola «giustizia». «Ha due significati. Il primo: è una virtù eminentemente sociale che consiste nella volontà di riconoscere e rispettare i diritti altrui, attribuendo a ciascuno ciò che gli è dovuto secondo la ragione e la legge. Questo è un aspetto astratto ed è il lavoro che noi facciamo». Secondo significato: «La giustizia è il retto funzionamento dei rapporti sociali, nel quale le leggi, se puntualmente osservate, regolano ogni aspetto della vita collettiva».
Tribunale, 9 del mattino di oggi. Nell’aula polifunzionale piena di studenti e studentesse — quattro classi (2A, 2B, 2C e 2D) liceo delle Scienze umane Torriani — accompagnati dai prof Paolo Villa (avvocato), Paola Gaudenzi, Cristina Galimberti, Antonino Cerniglia e don Pierluigi Capelli, si parla di giustizia civile e penale, di come si intrecciano, del lavoro del magistrato, di cosa fa il giudice e di cosa fa il pubblico ministero. Di giustizia e legalità.

L’occasione: la celebrazione della Giornata europea della giustizia civile. «È il settimo anno e sono felice di farlo», premette il giudice Milesi, collaboratore del Presidente del Tribunale per la sezione Civile. Gli sono accanto la neo collega Giulia Zoncheddu, il pm Andrea Figoni, Alessio Romanelli, presidente dell’Ordine degli avvocati e Giulia Zambelloni, presidente della Camera civile.
Milesi cita Piero Calamandrei: ‘Per trovare giustizia bisogna essere fedele: essa, come tutte le divinità, si manifesta soltanto a chi è fedele’.
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Il giudice spiega che cosa significa rispettare le leggi con l’esempio, efficace, che Gherardo Colombo, l’ex pm del pool di Mani pulite, fa nelle scuole ai ragazzi. «Una persona che per tutta la sua vita non ha pagato le tasse, poi un giorno si redime. Nel rincasare si guarda intorno per capire le conseguenze del non aver pagato le tasse. ‘Sto camminando su un marciapiede illuminato dall’illuminazione pubblica. Però questo marciapiede è stato asfaltato con i soldi che derivano dalle tasse che io non ho pagato, allora non camminerò più sui marciapiedi’».
L’evasore fiscale pentito «passa attraverso un campo, arriva a casa e vede che è stata svaligiata dai ladri. Vorrebbe chiamare i carabinieri, però poi pensa: ‘Ma i carabinieri li paga lo Stato con i soldi delle nostre tasse, non li chiamo, provo a farmi giustizia da solo’. Viene malmenato dai furfanti e vorrebbe chiamare l’ambulanza per farsi curare. Ma chi paga l’ambulanza? Sempre le nostre tasse». «Pensate bene alle conseguenze delle vostre azioni», il monito di Milesi, che per rimanere nell’attualità, ai ragazzi fa un nome: Davide Lacerenza, il patron della Gintoneria di Milano (nei giorni scorsi ha patteggiato 4 anni e 8 mesi per un giro di droga e di escort nel suo locale e per autoriciclaggio).

«Come ha fatto Davide Lacerenza a girare con quei macchinoni, a sciabolare bottiglie di champagne da 1.200 euro a sera? Non pagando le tasse. E poi, cosa è successo? Lo hanno messo dentro e vi assicuro che anche pochi giorni di carcere non sono una bella esperienza». Cita Aristotele, il giudice. ‘La giustizia è la virtù più efficace. La giustizia si differenzia dalla legge, perché alla legge manca la passione, la legge è scritta. La giustizia è attuata e se ci fosse sulla terra la prevalenza dell’amore, la legge sarebbe superflua’. Milesi spiega come «la giustizia civile interferisca, ogni giorno, nella vita di tutti». Si va dal giudice per ottenere il riconoscimento di un proprio diritto, per il risarcimento dei danni (lesioni in seguito a incidente stradale o a infortunio sul lavoro, licenziamento impugnato). Fa il caso del «bar sotto casa che la notte fa un rumore infernale che ti impedisce di dormire: il sonno fa parte della grande categoria del diritto alla salute».
Sul monitor si proiettano 4 frasi. Bisogna indovinare l’autore. Si apre con ‘Non chiedete cosa può fare il vostro paese per voi, chiedete cosa potete fare voi per il vostro paese’. È la famosa frase di John F. Kennedy. «È inutile chiedere che lo Stato ci mantenga, che ci dia il Reddito di cittadinanza: diamoci da fare», l’esortazione di Milesi. Ultima frase: ‘Da un grande potere derivano grandi responsabilità’. È di Spiderman «e si collega al 2° comma dell’articolo 1 della Costituzione: ‘La sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione’. Noi tutti — chiosa il giudice — abbiamo un grandissimo potere, che è un dovere, qualsiasi cosa facciamo: il dovere di fare le cose bene».
Durante l’incontro, c’è anche il momento dei quiz. Rilancia il giudice Andrea Milesi: «Sapete quanti magistrati ci sono in Italia? Ci sono 10.656 magistrati come posti disponibili, ma in funzione sono 9.000. La metà sono giudici civili».
«I processi civili pendenti sono 2,5 milioni (dati del 2024); se i giudici civili sono circa 5.000, significa 500 procedimenti a testa da seguire. Lo dico per farvi capire la mole».
«Quando si dice che i processi durano tanto», Milesi fa il paragone con la Corte Suprema inglese, la nostra Corte di Cassazione: «La Corte Suprema inglese tratta, in un anno, 15, 20, 50 processi. Li istruiscono in 3 mesi, la Corte di Cassazione ne tratta 30.000 all’anno».
Altro dato. «In Italia ci sono 16 giudici ogni 100.000 abitanti, in Germania 24 ogni 100.000 abitanti».
Quiz sulla «distribuzione di genere», molto di attualità. «Ci sono più donne o più uomini magistrati? Più donne. Nel 2020 le giudici donne erano il 54% contro il 46% degli uomini. Ultimo concorso, tirocinio 2023: 71% donne, 29% uomini».
I posti di vertice sono ancora appannaggio degli uomini, «ma questo deriva dal fatto che si diventa capi con l’anzianità». Con alcune eccezioni: per due mandati di fila, il Tribunale di Cremona ha avuto e ha presidenti donne: Ines Marini prima, Anna di Martino attualmente. Giovanna Di Rosa è il primo presidente donna della Corte d’appello di Brescia, Margherita Cassano è il primo presidente donna della Corte di Cassazione, Marta Cartabia è stata la prima presidente donna della Corte Costituzionale. Ma, lo sottolinea il giudice, il metro «non è il genere: è il merito che conta da una parte e dall’altra».
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