L'ANALISI
26 Ottobre 2025 - 05:20
SORESINA - Undici anni fa gli hanno diagnosticato la Sclerosi multipla, due mesi fa il Parkinson.
«I medici mi hanno detto che è un caso molto raro avere queste due malattie neurodegenerative contemporaneamente, due malattie che hanno natura completamente diversa: è un caso di studio scientifico e, difatti, mi stanno studiando».
Lo chiamiamo Mario (nome di fantasia, ndr). Ha 55 anni, da 35 è bancario, abita a Soresina in una villetta con la moglie e i due figli, il maschio di 23 anni, la femmina di 19.
Lei vuole lanciare un messaggio.
«Sì. Non bisogna scoraggiarsi: ci sono le cure che ti permettono una vita dignitosa».
Undici anni fa le è stata diagnosticata la Sclerosi multipla. Come lo ha scoperto?
«Mi cedeva la gamba e ho fatto gli esami».
Si è affidato al San Raffaele. All’inizio ha fatto una cura sperimentale: lei era tra le 6 persone scelte in Italia per essere trattate con un farmaco innovativo che era appena arrivato in Europa.
«La cura con il farmaco Ocrelizumab: è un’ infusione. Questa cura va a togliere potenza alle difese immunitarie che, quindi, non aggrediscono più la mielina e non aggredendola più, evitano di danneggiarla. Il farmaco adesso è strausato. Al centro del San Raffaele è pieno, arrivano da tutta Italia, perché, purtroppo, al Sud non ci sono centri di questo tipo. Vengono soprattutto dalla Sardegna, perché c’è una concentrazione di Sm, dicono sia genetica».
Ogni quanto va a fare l’infusione?
«Ogni sei mesi».
Quanto dura?
«Dalle 9 alle 15».
Quando le hanno diagnosticata la malattia aveva 44 anni. È umano ‘fasciarsi la testa’.
«Certo. Mi sono detto: ‘Adesso è tutto compromesso’. Invece, ci sono delle cure. Tutto sommato, in questi anni mi sono gestito abbastanza bene, pur con dolori, rigidità muscolare e debolezza fisica. Posso camminare fino a un certo punto».
Quanta autonomia ha?
«Trecento metri è quella dichiarata al San Raffaele. Per andare al cimitero, a circa 200 metri da casa, vado in carrozzina, anche dentro il cimitero. Mi porta mia moglie».
Due mesi fa, il Parkinson.
«Un problema in più, mi sono detto».
Come l’ha scoperto?
«Mi sono accorto di tremori lievi, soprattutto una stanchezza, la mattina, una debolezza esagerata muscolare. Mi hanno fatto un esame e quindi hanno rilevato la carenza di dopamina».
La cura?
«Prendendo immediatamente il farmaco Madopar, dopo due giorni ho avuto subito una risposta positiva. Quello stato di profonda stanchezza fisica ha cominciato a ribaltarsi ed era la conferma per la dottoressa che eravamo sulla strada giusta. Sono passato dall’essere completamente sdraiato a letto a rimettermi in piede. Il problema è che questi farmaci danno anche una rapida assuefazione e, pertanto, dovresti continuare ad aumentare la dose, però c’è una dose massima, finita la quale non si può più andare avanti».
Quindi?
«Quindi bisogna accettare le proprie condizioni fino a quando è possibile, cercare di resistere e quando sarà il momento, aumenteremo la dose. Io mi affido alle indicazioni dei medici. Anche per il Parkinson ci sono delle cure: curano i sintomi, non la malattia, e ti permettono una vita dignitosa. Bisogna sempre sperare, non smettere di ricercare, trovare soluzioni».
Momenti di scoramento?
«Ci sono, perché avendo una famiglia, chi paga le conseguenze sono loro. Ti dispiace vedere che non puoi far fare loro una vita come fanno gli altri, perché non puoi andare qui, non puoi fare quell’altro. Dispiace più per loro che per me. Io non vado più in vacanza, perché non ce la faccio fisicamente».
La sua ultima vacanza?
«Nel 2008».
Il suo messaggio è potente.
«La gente deve capire che ci si può curare. Le cure ci sono, non bisogna assolutamente lasciarsi andare, perché altrimenti...»
Altrimenti, chi si siede e si dispera è perduto…
«Non va bene. Anzi, questa è una opportunità per stare sempre più vicino agli ammalati. Io sono ministro dell’Eucarestia per gli ammalati da più di 20 anni. Nel tempo libero, vado nelle case degli ammalati che non possono uscire per recarsi a messa. Mi sono accorto che ci sono tante situazioni molto peggiori della mia, persone che soffrono, eppure non si lamentano, non fanno clamore. Oltre che ai medici, bisogna affidarsi a Dio. Tutto è anche grazia del Signore. Mi ha dato la vita, mi ha dato una famiglia e mi ha dato anche queste prove che mi consentono di portare con Lui la Croce».
Lei ha un gruppo di preghiera per gli ammalati su WhatsApp.
«Sì, è aperto a tutti. Il numero di telefono è 342-7531078».
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris