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IL FRONTE DELLA SICUREZZA

«La faccio finita», Paese ‘blindato’ con il negoziatore

Mattinata ad alta tensione a Soresina: la mobilitazione e poi il lieto fine

Riccardo Maruti

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rmaruti@laprovinciacr.it

17 Ottobre 2025 - 05:20

 «La faccio finita», Paese ‘blindato’ con il negoziatore

Nel riquadro Massimiliano Girardi

SORESINA - «La faccio finita!», urla l’uomo, la voce rotta dal panico, agli operatori sanitari che bussano alla sua porta. Sono le 10.45 di una mattinata tesissima a Soresina, un mercoledì che si trasforma, nel giro di pochi minuti, in un intervento ad altissimo rischio. Sullo sfondo, la paura che la disperazione si trasformi in tragedia. E una macchina della sicurezza che si muove rapida e senza sbavature.

Tutto comincia in una zona residenziale non lontano dalla scuola, dove un equipaggio del 118 è inviato per un provvedimento medico. L’uomo — di mezza età, in evidente stato di fragilità psichica — si è chiuso in casa. Il personale sanitario prova ad avvicinarlo, a parlargli con calma. Ma al secondo squillo di campanello la risposta è una lama: «Andate via o mi taglio la gola». L’allarme è immediato.

L’equipaggio dell’ambulanza, ben consapevole della delicatezza del caso, allerta subito i carabinieri. E in pochi minuti Soresina si trova al centro di un’operazione complessa, costruita con la precisione di un orologio. Tre pattuglie in tutto — militari da Casalbuttano e Soresinagiubbotti antiproiettile, area cinturata. Sottopelle striscia la tensione ancora viva per quanto accaduto appena 24 ore prima a Castel d’Azzano, dove tre carabinieri avevano perso la vita in un’esplosione durante un intervento. Nessuno vuole correre rischi.

Le regole operative, in questi casi, non lasciano spazio all’improvvisazione: niente contatto diretto, niente forzature. Se l’uomo si barrica, serve un negoziatore. E così viene chiamato il maresciallo Mirko Gatti, specialista nella gestione delle crisi. Servono tatto, calma, e la capacità di entrare in empatia con chi non riesce più a tenere insieme i pezzi del proprio mondo.

Dietro la regia del comandante provinciale, colonnello Paolo Sambataro, a coordinare l’intera operazione in loco è il comandante del Reparto operativo di Cremona, il tenente colonnello Massimiliano Girardi. Ordina subito di isolare la zona: le abitazioni confinanti vengono sgomberate, la scuola vicina presidiata. Nessuno entra, nessuno esce. La casa dell’uomo comunica con altre corti, e il rischio di un’esplosione o di un gesto estremo non è solo ipotesi. Sul posto arrivano anche i vigili del fuoco del distaccamento di Crema: bisogna verificare la presenza di gas o di bombole. Una rapida ispezione conferma che il contatore è già scollegato per morosità, ma in casa bombole ce ne sono, e tanto basta a far salire la tensione.

Intanto il negoziatore lavora nell’ombra. Studia il profilo dell’uomo, raccoglie informazioni dai familiari — presenti sul posto e visibilmente scossi —, costruisce una linea di dialogo. La parola, in questi momenti, è l’unico strumento di salvezza. Passano minuti lunghi come ore, tra pause e silenzi carichi d’ansia. Poi, finalmente, un segno: la porta che si apre. Piano.

L’uomo è lì, stremato, gli occhi lucidi. A bloccarlo, con delicatezza, sono proprio i suoi familiari, che lo abbracciano prima ancora che i militari possano avvicinarsi. Sospiro collettivo di sollievo. L’intervento si chiude senza un graffio, senza un urlo. In casa, due bombole del gas, nient’altro. Nessuna minaccia reale, solo un dramma umano disinnescato con la pazienza e la professionalità di chi, ogni giorno, cammina sul confine sottile tra il pericolo e la salvezza.

Il negoziatore lo accompagna con parole tranquille fino all’ambulanza. Poi il portellone che si chiude, il silenzio che torna. Tutti si guardano, stanchi ma sollevati: la tensione può finalmente sciogliersi.

A Soresina hanno vinto la prudenza e la professionalità dei carabinieri e degli operatori del 118. Perché non si può mai sottovalutare nulla: né il pericolo né la possibilità di salvezza.

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