L'ANALISI
12 Ottobre 2025 - 08:33
Da sinistra Pagotto, Lombardi, Dalla Noce, Giavaldi, Confortini, Gremizzi.j
CREMONA - “Fragili con l’ombrello”, il musical realizzato dall’Associazione MagicaMusica, ha varcato la soglia della Casa circondariale di Cremona, andando in scena nei giorni scorsi davanti a una cinquantina di persone detenute. L’iniziativa, finalizzata a stimolare una riflessione collettiva sulla forza della fragilità, è stata ospitata nel teatro del carcere.
Sul palco, a passi di danza e a suon di note, si sono alternati i detenuti che hanno preso parte al progetto proposto dall’associazione diretta da Piero Lombardi. L’obiettivo: far sperimentare loro la molteplicità e la bellezza delle arti praticate dalla realtà soresinese — dalla musica alla danza, dal disegno alla pittura fino alla scrittura creativa.
Le attività sono state coordinate da Elena Gremizzi, affiancata da Fabrizia Pagotto per la realizzazione delle scenografie, e da Piero Lombardi, Gianfranco Dalla Noce e Alessandro Confortini per la parte musicale.
«Da circa un mese – spiega Piero Lombardi – abbiamo intrapreso un percorso di scrittura creativa con alcuni detenuti. Durante gli incontri, attraverso le parole, hanno raccontato storie e lasciato spazio alle emozioni, al punto tale che alcune narrazioni dense di valore sono state condivise, attraverso alcuni video, con il pubblico durante lo spettacolo in programma il prossimo 4 ottobre alle ore 16 al **Teatro San Domenico di Crema».
E poi spazio alla danza, alla pittura e alla musica. «Siamo convinti – prosegue Lombardi – che la possibilità di sperimentare diversi linguaggi abbia consentito a ciascuna delle persone coinvolte di esprimersi al meglio, nella modalità espressiva più vicina al loro sentire».
Quella condotta non è stata una semplice progettualità a fini educativi: «Abbiamo voluto intrattenere con i detenuti un legame autentico – continua Lombardi –. Superando ritrosia, stigma e pregiudizio, la condivisione di esperienze ci ha permesso di offrire loro una connessione con la realtà esterna. Dal canto nostro, abbiamo avuto modo di percepire in modo diverso la realtà carceraria del nostro territorio: non solo un luogo di reclusione, ma anche un luogo di rieducazione, dove ciascuno, a partire dalla propria storia, dalla propria individualità, dai propri errori, può costruire opportunità di ripartenza».
Gli incontri sono stati anche l’occasione di un vero e proprio scambio epistolare con i musicisti con disabilità dell’associazione. «Il confronto di esperienze diverse – aggiunge – ha valicato rigidi confini per farci riscoprire l’umanità che ci rende simili».
«Il percorso – spiega Elena Gremizzi – ha consentito di sperimentare varie forme di arte come veicolo di prossimità. Dopo un breve momento di conoscenza, abbiamo dato modo a ciascuno di cantare, ballare, scrivere e dipingere e poi, assecondando le inclinazioni dei protagonisti, abbiamo individuato scrittori, musicisti e ballerini. In pochi istanti condivisi abbiamo allestito le scenografie e preparato lo spettacolo».
Lo show ha alternato sketch di cabaret a canzoni di Vanoni, Jannacci, Gaber e Cochi e Renato, insieme a testimonianze video di persone detenute e ospiti della comunità Il Cuore di Crema.
La direttrice reggente della Casa circondariale di Cremona, Giulia Antonicelli, ha espresso «profonda gratitudine a tutte le autorità e gli operatori che hanno reso e rendono possibile la realizzazione del progetto di MagicaMusica, autorizzato dal Superiore Ufficio Dipartimentale».
«Ogni attività trattamentale – ha spiegato – rappresenta una preziosa opportunità per la popolazione detenuta, perché veicolo per favorire il rispetto delle regole, l’assunzione di impegni e responsabilità, nonché momenti di condivisione e cooperazione. In questo senso è fondamentale la collaborazione con l’esterno, per sostenere ed arricchire la quotidiana opera di rieducazione, favorendo la diffusione della cultura della legalità e dell’inclusione».
Il progetto, ha aggiunto Antonicelli, «racchiude in sé tutti i paradigmi di una lodevole attività trattamentale: l’impegno costante dei detenuti, l’intraprendenza nel lavoro di gruppo, la riflessione sulle proprie condotte e la possibilità di guardare oltre, confrontandosi con temi universali di fragilità ed invisibilità sociale».
Attraverso l’arte, i detenuti hanno avuto l’occasione di creare un dialogo con la società esterna, maturando una riflessione condivisa sui temi della fragilità, della disabilità e dell’emarginazione sociale, con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo di una comunità più consapevole e solidale.
«Ci auguriamo – ha concluso – che il progetto possa uscire dalle mura dell’istituto portando all’esterno il frutto di un percorso complesso che testimonia il valore della rieducazione attraverso l’arte».
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