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GUERRA IN UCRAINA

Boati, bagliori e raffiche a Leopoli: «Noi testimoni del raid»

Il cremonese Seghezzi tra gli attivisti sul treno diretto nella città nel mirino dei russi: «Convoglio fermo ed esplosioni a 4 chilometri. Ore di paura, pronti all’evacuazione»

Giulio Solzi Gaboardi

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redazione@laprovinciacr.it

06 Ottobre 2025 - 05:05

 Boati, bagliori e raffiche a Leopoli: «Noi testimoni del raid»

Gian Pietro Seghezzi nel riquadro

CREMONA - All’altezza di Leopoli il treno si ferma intorno alle cinque del mattino. Un centinaio di chilometri dal confine con la Polonia. Tra i passeggeri, ci sono 110 italiani. Sono i volontari del Mean, Movimento europeo di azione non violenta. Anche due cremonesi. Uno di loro è Gian Pietro Seghezzi, che già nei giorni scorsi dalle colonne de La Provincia aveva raccontato le attività dei volontari, in Ucraina per il Giubileo della Speranza. Si parla di un massiccio bombardamento russo nella regione, con droni, bombe a grappolo, missili da crociera x101 e ipersonici Kinzahl.

«Abbiamo vissuto per poche ore ciò che gli ucraini vivono ogni giorno da tre anni», racconta Seghezzi. Inizialmente, gli attivisti non comprendono la lunga sosta del treno: la seconda durante tutta la notte. Partiti alle nove di sera per rientrare in Polonia e poi tornare in Italia, dopo una prima sosta intorno alle due di notte, la seconda sembra non finire più, finché i passeggeri non vengono allertati: tenersi pronti ad evacuare. Poi i boati e il rumore della contraerea. Qualcuno vede anche dei bagliori. «Abbiamo ricostruito la dinamica a posteriori — continua il cremonese — leggendo le notizie sui giornali. I bombardamenti sono avvenuti a circa quattro chilometri dalla stazione».

La delegazione di italiani che ha visitato nei giorni scorsi l’Ucraina in occasione del Giubileo della Speranza

Lucidità e sangue freddo, per gli italiani in pellegrinaggio: «La nostra preoccupazione era di essere pronti a evacuare, considerata anche l’età avanzata di alcuni dei volontari. Non ci sono stati momenti in cui abbiamo sentito bombe cadere vicino a noi. Ma nei nostri vagoni c’erano anche molti ucraini. Erano molto più spaventati di noi». Il treno non è stato colpito, ma l’esperienza è stata forte.

Se, infatti, la zona considerata più a rischio era Kharkiv (visitata poche ore prima, nda), dove «suonava continuamente l’allarme», il gruppo di italiani non si sarebbe aspettato di correre rischi a Leopoli: la città a Nord-Ovest dell’Ucraina, infatti, non è stata presa di mira a lungo, fino alle scorse ore. Tutti sani e salvi, gli italiani a bordo, mentre i bombardamenti hanno provocato quattro vittime civili (una famiglia residente nel sobborgo di Lapaivka). È la quattordicesima missione del Mean dall’inizio dell’invasione. Gli incontri con l’Università, con gli amministratori locali e con il nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas hanno rafforzato il ponte di solidarietà tra la società civile italiana e la popolazione ucraina.

«Solo recandosi sul posto — prosegue Seghezzi — si può avere una prospettiva più completa di ciò che sta accadendo. Abbiamo incontrato un popolo fiero e pronto a lottare per la libertà, che non si arrende di fronte alla quotidianità. Non ci zone devastate, ma zone ferite. Abbiamo visto molti palazzi in costruzione e ricostruzione, anche a Kharkiv. Abbiamo incontrato alcuni amministratori e sindaci ucraini: stanno cercando di capire come ricostruire da subito le proprie città».

Il viaggio è proseguito senza ulteriori intoppi, e i volontari sono rientrati ieri sera in Italia. «Torniamo — conclude Seghezzi — sapendo di aver portato il nostro supporto e l’idea di Corpi civili di pace: esponenti della società civile con ruolo di pacificazione. Il nostro scopo resta quello di gettare ponti».

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