L'ANALISI
05 Ottobre 2025 - 05:30
«Aboliamo la parola giovani dal nostro vocabolario e dal lessico: che non sia più un alibi. Per i giovani a non crescere mai, per i meno giovani a non dare mai fiducia alle nuove generazioni».
Evidentemente, è una provocazione quella lanciata con questa frase durante uno dei mille dibattiti sulla cosiddetta questione giovanile. In realtà, è una sfida lanciata chiaramente verso istituzioni e partiti che lisciano il pelo alla “categoria” ragazzi quando c’è da intercettarne il voto o per tenerseli buoni una volta terminate le sfide elettorali, quando per i vincitori arriva il tempo dell’agire ma, sempre più spesso, le iniziative loro dedicate vengono messe ai piani bassi dell’elenco delle priorità.
Invece loro, i ragazzi, quando si impegnano hanno visioni chiare, non si accontentano di pacche sulle spalle, propongono idee e chiedono fatti senza i quali sentono profumo di presa in giro. Sia che agiscano come Consulta degli studenti universitari, di recente rinnovata a Cremona, che come Consulte giovanili, sempre più numerose anche nei Comuni della provincia.
Già in sé il termine “consulta” è bifronte. Come da dizionario, si riferisce a una riunione di persone per discutere e deliberare, oppure a un organismo consultivo creato per dare pareri o collaborare con un’amministrazione su temi specifici.
Magari, per non vanificarne la voglia di partecipare concretamente, si potrebbe garantire loro autonomia reale con qualche margine di manovra. Discutere molto certo, ma anche deliberare, appunto.
Hanno le idee molto chiare, in questo senso, i ragazzi delle consulte giovanili di Crema Castelleone e Pandino che si sono collegati in rete, hanno organizzato iniziative comuni e aperto un dibattito pubblico, grazie anche all’associazione Generazione up, con i loro assessori di riferimento.
Per prima cosa hanno abbattuto il confine immaginario tra Cremasco e Cremonese, dimostrandone l’anacronismo. E già questo, se vogliamo, è un gran primo punto in loro favore.
E lanciano una sfida per la creazione di una sorta di Area omogenea riconosciuta dalle istituzioni amministrative. In estrema sintesi, chiedono spazi in autogestione, un ascolto reale da parte delle istituzioni, di essere coinvolti prima che un progetto prenda vita e non a cose fatte.
Invocano un trasporto pubblico locale più efficace, occasioni culturali alternative alle proposte pop-commerciali, meno burocrazia, risposte concrete contro discriminazioni e vandalismi. Soprattutto, desiderano poter contribuire attivamente alla definizione delle politiche che li riguardano.
Agiscono senza barriere di schieramento politico e lavorano per aumentare il grado di interesse e amore per il proprio territorio, nonché di partecipazione degli under 30. «La possibilità di mettere idee ed energie in campo, poter far dire ai ragazzi ‘questa è la mia città, questo è il mio luogo, questa cosa mi appartiene e ne faccio parte’: quando c’è senso di appartenenza, si superano anche le difficoltà», è stato l’arguto commento di Riccardo Milanesi, assessore alle Politiche giovanili di Castelleone sulla direzione che la comunità giovanile vuole intraprendere.
Un buon segnale di attenzione è arrivato dai tre assessori di riferimento durante un incontro al castello di Pandino. Oltre allo stesso Milanesi, Giorgio Cardile di Crema e Federica Galasi di Pandino. Tutti e tre, gli assessori, under 35, con passate esperienze proprio nelle consulte.
Non è stato un dialogo tra sordi. Di fronte a loro i presidenti delle tre consulte, Alessandro Peroni, Ilaria Ferri e Martina Carioni, hanno portato sul tavolo voci e visioni di comunità giovanili diverse seppur accomunate alla stesso obiettivo: rendere i ragazzi protagonisti della propria città.
Perché alle consulte giovanili, non solo le tre di cui si parla, aderisce e partecipa una minoranza dei ragazzi effettivamente presenti sul territorio. Il loro primo ostacolo - lo hanno ammesso gli stessi protagonisti - è arrivare a superare una visione riduttiva tra i coetanei, che li percepiscono non tanto come gruppi in azione in favore della comunità quanto come attori in una palestra di formazione per futuri amministratori. Quello che una volta erano le scuole quadri dei partiti, insomma. In un’epoca di disimpegno generale come la nostra, questo può essere un fattore di dissociazione. Colmare il gap è difficile, ma si deve tentare di farlo.
Con iniziative non solo politiche ma anche di gioco e svago capaci di creare gruppo, di fare comunità. Il fine settimana di iniziative tra il culturale e il ludico organizzato collettivamente proprio a Pandino va in questo senso.
Diverso le scenario che hanno di fronte i nuovi membri della Consulta interuniversitaria di Cremona, città che vuole diventare sempre più a misura di studenti grazie alle nuove, splendide, sedi degli atenei.
Il contributo dei ragazzi può essere decisivo non solo dal punto di vista pratico (come le giornate di accoglienza per le matricole o gli incontri di orientamento per i ragazzi delle scuole superiori, che già esistono) ma anche per migliorare la qualità della vita quotidiana con iniziative culturali, sportive e per il tempo libero.
Cremona, intesa come capoluogo ma anche come intero territorio, non si percepisce ancora come ‘terra degli studenti’, che a volte sono vissuti come elementi di disturbo della tranquilla vita di provincia.
I ragazzi, come dimostrano anche i più recenti sondaggi, non cercano necessariamente la vita frenetica della metropoli con le sue occasioni professionali e anche di tempo libero, certamente chiedono di essere parte integrante di un territorio in cui stare bene, con studi di qualità, ma anche che consenta loro di avere le condizioni per poter essere felici.
Cremona, per storia, dimensione e ambiente umano, può essere quella terra. A patto che lo voglia davvero.
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