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LE STORIE DI GIGIO

Vite che resistono alla sclerosi multipla: tre storie di forza e speranza

In occasione della campagna con le mele, Andrea, Jessica ed Elena raccontano come convivono con una malattia imprevedibile: tra passioni coltivate, percorsi di riabilitazione e sostegno reciproco. Il messaggio resta uno solo: non arrendersi mai

Gilberto Bazoli

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redazione@laprovinciacr.it

29 Settembre 2025 - 05:30

Le voci della resistenza alla sclerosi multipla: tre storie di forza e speranza

Andrea Bertini, Elena Bernio, Jessica Buzio e Fabio Lampugnani

CREMONA - Si respira il fermento delle vigilie importanti nella storica sede dell’Aism. «Anche quest’anno, il 3, 4 e 5 ottobre, torna il tradizionale appuntamento con le mele. I proventi della vendita saranno destinati a sostenere i servizi sul territorio e la ricerca scientifica. Saremo presenti con i nostri banchetti in diverse piazze», spiega Fabio Lampugnani, da pochi mesi presidente della sezione cremonese dell’Associazione italiana sclerosi multipla, la malattia neurologica cronica tra le più comuni e gravi del sistema nervoso centrale che spesso provoca disabilità. Un ‘nemico’ imprevedibile, variabile. L’Aism ha un centinaio di iscritti, come i tre seduti intorno al tavolo di via dell’Annona. Le loro diagnosi risalgono a periodi diversi, come diverso è il modo di vivere «questa cosa», chiamano così l’intruso. Ma il loro messaggio è lo stesso: «Non mollare mai».

All’appuntamento Andrea Bertini, 48 anni, che lavora in un’azienda casearia, ci arriva a cavallo della sua Harley Davidson nera. «Ho continuato a coltivare la mia passione per le moto». In fondo, anche questa è una forma di resistenza alla sclerosi multipla. Ha scoperto di essere stato colpito nel 2003. «Mi ha preso dal nulla, ho cominciato a non vederci più da un occhio». Gli esami, il ricovero d’urgenza al Maggiore, le prime cure. «Non sapevo nemmeno dell’esistenza di questa patologia. Mi hanno detto: dovrai rinunciare a questo e quest’altro. Per fortuna o per incoscienza, ho continuato a fare i cavoli miei ma, piano piano, nel tempo, mi sono accorto che qualcosa non funzionava: la stanchezza, il sentire strana la gamba e tutto il resto». Andrea non si è abbattuto, ma non è bastato. «Ho cominciato con una puntura alla settimana, ma purtroppo la mia storia clinica non si è fermata e, peggiorando, ho dovuto cambiare per tre volte la terapia, il che non è mai un bel segnale. Ho appena iniziato quella nuova, si tratta di un’infusione, praticamente una flebo, ogni 6 mesi in day hospital. Ho fatto la prima completa e sembra che sia andato tutto quanto bene. I medici non sanno chiarire da cosa è scaturita la malattia e nemmeno come si evolverà. Vivo alla giornata, ci sono sere che sono distrutto e mi addormento sul piatto». Ma non ha lasciato in garage quel pesante gioiello di metallo ora sul piazzale. «Pensare che l’ho acquistato un anno prima di ammalarmi». Poi sorride. «Sono di più i momenti che mi ritrovo per terra. Forse dovrei decidermi a prendere una moto più piccola».

A Jessica Buzio, 35 anni, impiegata addetta alle buste paga, pendolare Cremona-Milano, la sclerosi multipla è stata diagnosticata nell’ottobre 2021, in pieno Covid. «Ero completamente sola, sono stata ricoverata subito a Melegnano perché, durante il rientro a casa in auto, non sentivo più le gambe. È stata scambiata per un attacco di panico e mi hanno rimandato indietro». Era un sabato, il mercoledì è ritornata in reparto. «Ho fatto la risonanza, ma mi hanno fermata a metà perché avevo il cervello completamente pieno di placche attive». Dieci giorni con il cortisone, poi il via libera per Cremona. «Mi hanno fissato l’appuntamento un mese e mezzo dopo le dimissioni». In quel lasso di tempo le sue condizioni si sono aggravate. «Sono uscita dal primo ospedale con il deambulatore perché ero stata attaccata solo alle gambe e sono entrata nel secondo con l’afasia, la difficoltà di deglutizione, la disfunzione del controllo della vescica, il braccio sinistro che si stava paralizzando, non camminavo più, avevo perso la vista dall’occhio. Dopo quattro settimane mi hanno somministrato il farmaco più pesante che esista per questa forma di sclerosi. Una forma che progredisce velocemente. La mia dottoressa mi ha detto: sei il caso più difficile che c’è stato a Cremona negli ultimi anni». In ospedale, tra il ricovero al Maggiore e l’ultima parte alla Ancelle per la riabilitazione, ci è rimasta cinque mesi di seguito. «Ma sì, dai, è andata bene, ho recuperato per il 95 per cento. Mi hanno insegnato tutto di nuovo, dal cucinare un piatto di pasta al farmi la doccia, dall’asciugarmi i capelli al riacquistare il controllo del linguaggio. In questo sistema altalenante, nelle giornate sì cammino anche 20 chilometri in montagna e sono serena, in quelle no incespico nel parlare». Si sottopone alla risonanza ogni 6 mesi, agli esami del sangue ogni due e alla visita ogni tre. «La malattia adesso — tocco ferro — è stabile. Ci sono le terapie, ma non la fermano, solo aiutano a convivere con quei sintomi fastidiosi che può provocare».

E poi c’è Elena Bernio, 50 anni, anche lei impiegata (presso l’autofficina del marito), con la sclerosi multipla dal 2018. È coraggiosa, riesce a darle del tu. «Quando me l’hanno diagnosticata, mi è crollato, come tutti, il mondo addosso. Ma allo stesso tempo volevo sapere come stavano veramente le cose per darle una mano. In questo senso: adesso tu sei dentro di me, cerco di capire cosa mi farai e io cosa posso fare per vivere al meglio con te». Per riuscirci anche lei si è affidata allo psicoterapeuta. «Ho dovuto ridimensionare tutto. La malattia ti cambia, l’importante è non farsi cambiare troppo. Ho dovuto scavare, ma alla fine ho trovato la forza della vita e, quando la trovi, devi solo alimentarla». Non è sola, ha il marito e i due figli. «Mi affido molto a loro, capiscono subito, è sufficiente uno sguardo: mamma ha bisogno. È quello che mi basta per affrontare la malattia, che non va via, però è parte di me. C’è, è lì pronta. Ho avuto due ricadute e qualche placca in più, una al cervelletto che mi limita nella deambulazione. Per fortuna la fisioterapia sopperisce a questa menomazione». La sua vita non è più la stessa. «Prima ero super attiva, avevo i bambini piccoli, dovevo seguirli. Pensi: mi chiudo in una stanza e non faccio più niente. Invece no, bisogna reagire. E la voglia di reagire, scavando scavando, si trova». Anche grazie al supporto e agli amici dell’Associazione. «Per me è una famiglia, c’è un’empatia tangibile, concreta che ti arricchisce. Appena sono entrata da quella porta, ho incontrato un abbraccio, un sorriso, le risposte che cercavo. È questo che voglio, anzi, vogliamo trasmettere. Il messaggio che mi sento di lanciare ad altri malati come me? Non mollate mai, andate sempre avanti».

È ciò che direbbe Andrea; è ciò che, qualche giorno fa alla Festa della salute alle Colonie Padane, ha detto Jessica a un giovane disperato in lacrime perché aveva scoperto di avere la sclerosi multipla. «Non l’accettava. Gli ho proposto di venire da noi. Ripeteva: non ce la faccio, non ce la faccio. Lo aspettiamo qui in sezione, sappiamo che si convincerà a diventare parte della nostra realtà».

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