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Alzheimer, la ricerca corre contro il tempo

Fa centro la giornata di studi a Cremona Solidale. Esperti e professionisti si sono confrontati sugli ultimi progressi scientifici, evidenziando come abitudini quotidiane e reti sociali possano contribuire a rallentare i processi degenerativi

La Provincia Redazione

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21 Settembre 2025 - 16:58

Alzheimer, la ricerca corre contro il tempo

CREMONA - Fare il punto sui passi in avanti fatti nella ricerca, per battere sul tempo quelle ombre dell’invecchiamento che fanno più paura. Nella settimana dedicata all’Alzheimer, il convegno ‘Malattia di Alzheimer e fattori di rischio, azioni e reazioni’ di venerdì scorso a Cremona Solidale (in sala Benaco) ha posto al centro un tema sempre più attuale. Una piattaforma multidisciplinare per aggiornare i professionisti sulle ultime evidenze scientifiche, offrendo impulso alla creazione di una rete efficace contro la demenza.

In apertura — dopo i saluti dell’assessora alle Politiche Sociali, Marina Della Giovanna — a fare gli onori di casa sono stati il nuovo direttore generale, Stefano Gariano, la presidente del Consiglio di Amministrazione, Marialuisa Rocca, e la direttrice sanitaria della struttura, Simona Gentile.

Lectio magistrali e stili di vita

Al centro del convegno, le letture magistrali del professor Alessandro Padovani, ordinario di Neurologia e direttore della Clinica Neurologica e della Scuola di specialità dell’Università degli Studi di Brescia (nonché presidente della Società Italiana di Neurologia), e della professoressa Alessandra Marengoni (nella foto), ordinaria presso il Dipartimento di Scienze Cliniche e Sperimentali, primario di Geriatria a Montichiari (presidio Spedali Civili di Brescia) e direttrice della scuola della medesima Specialità. 

geriatra

In particolare, la lectio della professoressa Marengoni ha evidenziato l’importante influenza, sul benessere in terza età, dello stile di vita. «Possiamo definire l’invecchiamento come una perdita di complessità, intesa come la capacità dei nostri sistemi di rispondere in modo preciso ai cambiamenti ambientali — ha spiegato Marengoni —. Si tratta di un processo che ha anche cause epigenetiche: come testimoniano gli studi sui gemelli, anche il Dna ha la sua influenza, pari a circa il 25-30%. Per il restante 70%, la longevità è tuttavia fortemente legata alle abitudini di vita».

Aspetti che però sarebbero talvolta difficili da modificare. «Agire sulla motivazione, ‘rewarding’, può essere assai complesso: assumiamo una determinata condotta perché ci gratifica, secondo schemi consolidati già dall’infanzia — ha aggiunto —. Fondamentale sarebbe, dunque, un cambio di paradigma, promuovendo l’adozione dei buoni stili di vita. Innanzitutto, attraverso l’educazione».

La moderazione come parola chiave

Per aspirare a un benessere duraturo, la parola chiave rimane indiscussa: ‘moderazione’, come testimoniato dagli studi sulle Blue Zones, le aree geografiche del mondo in cui l’aspettativa di vita è significativamente più alta della media globale. «Comunità come i pastori sardi, gli avventisti di Loma Linda e gli isolani di Okinawa hanno abitudini comuni — ha sottolineato Marengoni —: niente fumo, modesta (ma costante) attività fisica, dieta ricca di frutta, verdura e legumi e consumo più che occasionale di carni rosse, con un bicchiere di vino ogni tanto».

Un dato che rafforza, nell’ultimo decennio, l’importanza di promuovere stili di vita multidominio, attenti a nutrizione, esercizio, fattori di rischio vascolari e metabolici, training cognitivi e reti sociali di qualità. «Oggi abbiamo gli strumenti per garantire che invecchiare ‘bene’ sia possibile, anche con malattie croniche, ottimizzando la qualità della vita — ha concluso Marengoni —. La geriatria, specialità richiesta e multidimensionale, continua ad attrarre nuovi medici in formazione: la sfida sarà operare in sinergia con la medicina di famiglia, per garantire assistenza a un numero sempre più elevato di individui che invecchieranno».

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