L'ANALISI
03 Settembre 2025 - 21:37
CREMONA - Nel 2021 si è laureato campione del mondo nelle Mixed martial arts (Mma), arti marziali miste. L’atleta che sa come tirar pugni, ora 22enne, oggi non era sul ring, ma in un’aula penale, quella del giudice di pace.
Qui è in corso un match giudiziario con lo sportivo che accusa un cremonese di 24 anni di lesioni, di averlo messo ko. Cinque anni fa, all’atleta all’epoca 17enne, l’imputato avrebbe assestato un pugno in volto, lo avrebbe preso per il collo, lo avrebbe fatto cadere a terra, sferrandogli ancora pugni in faccia e sul torace. Il capo di imputazione racconta anche di un morso sul braccio.
Nel referto è scritto: «Plurime contusioni opera di terzi»: 10 giorni di prognosi. L’atleta, parte civile con l’avvocato Luca Tonoli, oggi ha raccontato la sua verità. L’imputato, difeso dall’avvocato Marco Azzali, si difenderà il 3 dicembre. I fatti risalgono al 29 giugno del 2020. E hanno dato origine a due querele reciproche per lesioni (e a due processi).
Il primo a presentarla è stato il cremonese: ha accusato l'atleta di averlo ‘gonfiato’ a suon di pugni e calci e di averlo minacciato di «non mettere più piede nel quartiere Cambonino, perché non era il suo territorio e di sapere dove abitasse sua sorella e i di lei figli», è scritto nel capo di accusa.
Miccia dell’aggressione, una frase scritta dal cremonese su un gruppo WhatsApp. Lo sportivo la prese malissimo, convinto che il 24enne avesse voluto offendere sua madre. «Una frase generica, non contro la madre dell’atleta. Il mio assistito era comunque disposto a chiedergli scusa», ha detto l’avvocato Azzali.
Per l’avvocato Tonoli, «una semplice zuffa tra un minorenne e un maggiorenne, che ha insultato la madre del mio cliente su un gruppo WhtsApp. I due si sono incontrati per caso e si sono azzuffati». Il 29 giugno, l’incontro.
Il primo a finire a processo è stato l’atleta. E poiché all’epoca dei fatti aveva 17 anni, di lui si era occupato il giudice del Tribunale per i minori di Brescia. Il carteggio racconta che il ragazzo «reo confesso», avendo concluso positivamente la messa alla prova, ne era uscito con il ‘non doversi procedere’.
Le relazioni allegate agli atti avevano restituito un profilo positivo del 17enne: «Appare particolarmente concentrato sull’attività sportiva (Mma, Kick boxing e Brasilian Jiu jitsu) svolta a livello agonistico (allenamenti quotidiani e vittorie nelle gare nazionali)». Rispetto al reato, il giovane atleta prima aveva contestualizzato i fatti. Aveva spiegato di aver reagito in relazione ad alcune provocazioni da parte di ragazzi che conosceva solo attraverso i social, ma non li considerava parte della sua cerchia di amici. L’atleta aveva riferito di «aver ricevuto insulti a livello personale e verso la propria madre e chiedendo spiegazioni a questi ragazzi, ne era conseguito uno scontro fisico con uno di loro».
Riflettendo sul comportamento tenuto, si era reso consapevole di dover dosare e indirizzare la propria forza fisica e la propria tecnica solo nello sport. Di non aver pensato alle conseguenze e di aver poi compreso la gravità del gesto e della sua reazione, sottolineando di aver sbagliato. «Dalla relazione agli atti — è scritto nella motivazione della sentenza — emerge che l’imputato, durante il periodo di messa alla prova, ha rispettato gli impegni assunti, dando dimostrazione di avere preso consapevolezza del disvalore delle azioni commesse... Valutato il buon percorso di riflessione e di maturazione svolto, la prova ha avuto un esito positivo».
Primo round chiuso a Brescia, nel 2022. Ora, a Cremona è in corso il secondo round dal giudice di pace. Nel processo a carico del cremonese, l’atleta oggi ha detto la sua. «A parte i molti ‘non ricordo’ rispetto a quanto aveva raccontato in denuncia — ha commentato l’avvocato Azzali —, la parte civile ha detto che il mio cliente lo ha trascinato a terra e gli ha dato calci e pugni. A terra lo ha trascinato l’atleta con una delle tecniche sportive. Il mio cliente ha alzato le braccia per parare i colpi di un campione mondiale di Mma».
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