L'ANALISI
24 Agosto 2025 - 11:17
Nel riquadro Felice Staboli e Alessandro Migliorati
GRONTARDO - «Immaginate oltre due milioni di abitanti in un lembo di terra lungo più o meno come la striscia tra Grontardo ed il ponte che da Cremona porta a Castelvetro Piacentino. Senza più nulla, completamente distrutto». È iniziata così la testimonianza di Alessandro Migliorati, originario di Alfianello, capo progetto di Emergency a Gaza, da dove è rientrato qualche giorno fa. In dialogo con il giornalista del quotidiano La Provincia di Cremona e di Crema, Felice Staboli, nella serata ‘Voci da Gaza’ organizzata dall’associazione Idea Resistente, Migliorati ha raccontato la propria esperienza nella terra al centro del conflitto israelo-palestinese. Davanti ad un folto pubblico colpito e toccato dal suo racconto.
Distruzione, condizioni disumane di assedio, fame, privazione dei diritti fondamentali. Ma anche e soprattutto speranza e momenti di una normalità difficile da immaginare.
«Ma che c’è, è ben radicata ed è poi quella che in qualche modo ci fa andare avanti ogni singolo giorno. E fa andare avanti i gazawi».
Fabbriche chiuse, trasporti assenti, supermercati vuoti, chilometri da percorrere per una tanica di acqua. Case rase al suolo, comunicazioni difficili, emergenza igienico-sanitaria, morte e distruzione. «Non è facile raccontare quanto sta succedendo a Gaza, ma provate ad immaginare che quello che sta avvenendo là, capiti qui. Le acciaierie distrutte, dunque chiunque lavori in questo settore è senza lavoro; iniziate a vendere quello che avete in casa allestendo banchetti sulla via che va a Cremona ad esempio. L’agricoltura collassa per mancanza d’acqua, vi reinventate con nuove colture, ma ogni nuova strada dopo un po’ si interrompe: mancano energia e materie prime, gli animali muoiono perché mancano mangimi. Raccogliete legna per poi rivenderla. Per spostarvi salite fino a venti persone su una macchina, stando sul cofano e sul tettuccio; il traffico è lentissimo, siete tutti schiacciati, e per arrivare a Cremona ora ci vogliono 3 ore, non più 20 minuti. Ma perché poi spostarvi? Per cercare cibo, ad esempio. I supermercati sono vuoti. Gli alimenti e l’acqua vengono distribuiti in punti fissi, quindi da Grontardo magari dovete andare fino a Dosimo, oppure a Cremona. Quando arrivate nei punti distribuzione la calca è ovviamente enorme, ci trovate parenti amici, che fate? Li aiutate nella raccolta cibo oppure tentate di superarli?»
Domande rivolte al pubblico con la voce rotta dall’emozione. «Il 90% delle case non ci sono più, si vive in tenda, oppure ammassati in uno dei pochi edifici rimasti. Mille persone in una scuola ad esempio. Molto spesso il pavimento è la sabbia, il letto un materasso marcio recuperato mentre lasciavate casa, oppure le pile dei vestiti accatastati. Non c’è il bagno, vi accordate con i vicini per un’area dedicata ai bisogni di tutti, vi lavate con l’acqua salata se siete a Gaza, qui potremmo usare quella dei fiumi. Poco più in là del ponte sul fiume Po ci sono tantissimi camion pieni di beni, ma non entrano o ne entrano troppo pochi: ne servirebbero 600 al giorno ma stiamo sui 70. Mentre cercate cibo a Castelvetro, Scandolara Ripa Oglio, Vescovato e Pescarolo bombardano pesantemente, oppure lanciano bancali dal cielo, con cibo e aiuti. Ma il bancale spacca la vostra tenda o schiaccia uno dei vostri figli».
Eppure, la dignità dell’essere umano, la capacità di adattamento e la normalità con cui si vive a Gaza è sorprendente.
«I colleghi si sforzano di avere la barba fatta, i bambini si divertono a nascondersi sotto i rimorchi delle taniche d’acqua, giocano con un pallone fatto di carta. La gente scherza, si racconta barzellette. Resiste, come può. Vive alla giornata, si adatta e va avanti. Questo è un aspetto che non viene quasi mai raccontato, sembra che non ci sia più niente da fare, invece tutto questo c’è ancora. Così come la speranza che un giorno tutto possa davvero finire. Che è poi il motore che muove noi operatori delle Ong. Sappiamo che la situazione è difficile, non possiamo fare alcun tipo di previsione sulla risoluzione. Ma abbiamo la certezza che ogni singola azione, anche se piccola, servirà certamente. Nel frattempo cerchiamo di ridurre il dolore di queste persone».
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