Cerca

Eventi

Tutti gli appuntamenti

Eventi

L'INTERVISTA. LA GUERRA VISTA DA DENTRO

«I miei mesi a Gaza sull’orlo del disastro»

Alessandro Migliorati (Emergency) racconta la sua esperienza e il suo impegno: «Ogni giorno si respira morte»

Felice Staboli

Email:

fstaboli@laprovinciacr.it

11 Agosto 2025 - 05:30

«I miei mesi a Gaza sull’orlo del disastro»

A sinistra Alessandro Migliorati

CREMONA - Era il suo grande sogno: lavorare per Emergency, vivere a diretto contatto con chi lotta ogni giorno per vivere e sopravvivere. Per realizzarlo, Alessandro Migliorati, classe 1991, è passato attraverso strade strette: si è laureato in Scienze Linguistiche e Relazioni Internazionali; poi ha lavorato all’Eurospin di Pontevico, come caporeparto. Infine, è arrivato a Emergency. Prima in Afghanistan per due anni. Poi, da alcuni mesi, a Gaza. La sua famiglia è originaria di Alfianello, i suoi amici di Grontardo lo hanno invitato a parlare della sua esperienza in piazza Roma il 22 agosto. E qui si racconta, attraverso la sua attività, la sua storia. E anche la sua emozione che a stento riesce a trattenere, specie quando parla dei suoi genitori. Dentro di sé ha una carica impressionante, che trasmette durante il suo lungo racconto, dettagliato, che non fa sconti a nessuno.

Alessandro Migliorati, come è arrivato a Gaza?
«Lavoro per Emergency da due anni e mezzo. Due li ho passati in Afghanistan. Adesso mi trovo qui, a Gaza».

gaza

La sua storia passa anche attraverso lavori diversi.
«Ho lavorato anche in un supermercato, ero caporeparto. Devo dire che è stata una esperienza molto utile, formativa. Mi è servita molto: pulire un luogo pubblico o un ospedale non fa molta differenza, le regole sono simili. E poi, se si guarda il comportamento della folla in un supermercato il sabato pomeriggio, non c’è molta diversità con la gente che pressa per entrare in un ospedale. Cambia solo un po’ la prospettiva, il resto è analogo».

Poi è arrivata Emergency.
«Ho recuperato gli studi serali e l’Università, volevo fare questo lavoro. E' un sogno che coltivavo fin da quando ero adolescente. Sapevo che sarebbe stato difficile. Ho avuto un primo contatto, avevano bisogno di una figura simile alla mia, con le mie caratteristiche».

A casa come l’hanno presa?
«Ho sempre lavorato, la mia è una famiglia di operai. I miei mi hanno sempre supportato e incoraggiato. Non mi hanno mai ostacolato. Mentre ne parlo mi emoziono e mi viene un nodo alla gola, ma è così. Non li ringrazierò mai abbastanza. Il giorno che ho detto che sarei partito per Emergency, la loro emozione era uguale alla mia».

Due anni in Afghanistan.
«Esperienza enorme. Non si smette mai di lavorare non ci sono riposi fissi. Si viaggia sul filo del disastro. Sei sempre stanco, ma condividi insieme ad altri la fatica. Amo il mio lavoro, non potrebbe essere diversamente».

Infine, Gaza, come logista. Cosa significa?
«Mi occupo di tutta la parte non sanitaria. Merce, camion, voli, autisti, pulizie, gestione delle varie situazioni più o meno emergenziali, manutenzione. In Afghanistan coordinavo circa 150 persone, qui a Gaza più o meno 50. Ma il senso non cambia».

Come è stato l’arrivo a Gaza?
«Sono entrato una settimana dopo la caduta del cessate il fuoco. Mi trovo in una sorta di sacca centrale, vedo le conseguenze di ciò che accade e sta accadendo. Gente che fugge, che entra, che esce. Ho visto anche una città di mezzo milione di abitanti ridotta in polvere, entrando a Rafa. Tutto distrutto, assurdo. Solo macerie. Si passava su una strada sprofondata di 8-7 metri».

Vi sentite al sicuro?
«Diciamo che puoi mitigare un po’ il rischio. Oggi sono al sicuro, quando ci si sposta, c’è sempre la possibilità che possa accadere qualcosa. Diciamo che qui non sei mai completamente rilassato. Ero più preoccupato all’inizio. Adesso ho un piano di sicurezza».

In cosa consiste?
«Cerchi di non trovarti mai dove ci sono bombardamenti in atto. Non devi essere li, per nessuna ragione. Devi aver fatto in modo che tutti si sono già spostati. Detto così può sembrare semplice, ma spostare le persone quando a uno o due chilometri di distanza cadono le bombe non è una cosa tanto semplice. Si sente tutto, ti sembra di essere sul luogo di un omicidio permanente, Avverti la sensazione densa di mortalità e la respiri continuamente».

Poi, ci sono le persone, appunto.
«Ammassati come formiche, in tende spesso semidistrutte. Però c’è anche un altro aspetto che voglio sottolineare».

Quale?
«La gente in realtà rappresenta la parte più sorprendente, lo stupore più grande. Un bambino rimane un bambino, se corre dietro a un camion che trasporta viveri, sorride, come tutti i bambini. Poi c’è il tema della dignità. Lo vedo anche in tanti colleghi: sono qui da 20 mesi, mangiano come possono, eppure si tengono tutti perfettamente in ordine, anche a costo di lavarsi in mare».

Anche sui social, lei ha commentato l’orrore che colpisce i bambini.
«Bambini colpiti mentre aspettavano di ricevere cibo terapeutico. È un orrore nell’orrore, l’attacco che ha coinvolto in maggioranza bambini, in fila con le loro madri davanti a un centro di distribuzione di trattamenti per malnutriti a Deir al-Balah. Negli ultimi giorni nella Striscia i bombardamenti si sono intensificati, e così le vittime civili. Chiediamo con forza un cessate il fuoco permanente e l’ingresso degli aiuti umanitari. Lo facciamo da sempre, ogni volta che possiamo».

Quando si parla della gente, il tono diventa ancora più forte.
«La solidarietà della gente è fortissima. Qui arrivano anche volontari, gratuitamente, non pensavo fosse possibile, ma è così. Ci portano e ci offrono tutto quel che possono. In un certo senso, è come trasmettersi la speranza per resistere. Chi ha famiglia, chi ha dei figli, non può permettersi di rinunciare»

Cosa farà dopo Gaza?
«Resto fino a gennaio, Poi vedremo. In marzo pensavo che non ce l’avremmo mai fatta, invece siamo ancora qui. Il prezzo è molto alto: ho visto anche gente che lavora insieme a me dimagrire, perdere peso. La situazione non è facile né semplice. La forza d’animo per fortuna resiste e ci si aiuta a vicenda».

Che cosa si augura?
«La mia speranza è il cessate il fuoco. Non c’è tempo da perdere. Più si ritarda, più si va verso la catastrofe umanitaria. Se non succede entro poche settimane, non oso immaginare cosa può accadere in termini di vittime».


IL 22 AGOSTO SARÀ A GRONTARDO

Venerdì 22 agosto Alessandro Migliorati sarà in piazza Roma a Grontardo per raccontare la sua esperienza a Gaza. Il rientro in Italia è previsto nei prossimi giorni. L’iniziativa è a cura dell’associazione Idea Resistente. Il presidente Michele Gerevini spiega le finalità dell’incontro: «La serata ‘Voci da Gaza’ è nata all’interno dell’associazione Idea Resistente, l’obiettivo è cercare di capire cosa si possa fare per prendere coscienza delle realtà che i territori in guerra ci rimandano ogni giorno e per capire quali strade si possano percorrere per aiutare nelle emergenze umanitarie i popoli coinvolti».

Alessandro Migliorati è un giovane molto conosciuto tra i suoi coetanei di Grontardo e dei paesi limitrofi. Per la sua scelta all’interno di Emergency, sta vivendo in prima persona la situazione della striscia di Gaza come capo progetto. «Ci è parsa una grande opportunità mettere in contatto Alessandro, attraverso la sua testimonianza, con il nostro territorio e con le giovani generazioni per capire cosa sia possibile fare, nel nostro piccolo, perché nessuno muoia di guerra, di stenti e di fame».
Lo stesso Migliorati commenta così l’appuntamento: «Vengo volentieri a Grontardo perché ho molti amici e sotto molti aspetti mi sento uno di casa. Spero che tutto vada bene, nel senso che qui la programmazione è sempre piuttosto complicata e i progetti possono cambiare da un momento all’altro. Anche in questi giorni le notizie che si susseguono sono poco rassicuranti, comunque speriamo di poter mantenere l’impegno».

Commenta scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su La Provincia

Caratteri rimanenti: 400